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Caso Asia Valente, l’avvocato: “Gli influencer devono dire ai follower se sono invitati in un posto”

L’Antitrust ha deciso di aprire un’instruttoria su Asia Valente, creator italiana da 2,1 milioni di follower. Al momento non c’è nulla di confermato nelle accuse dell’Autorità ma questa azione potrebbe influire sul futuro dell’influencer marketing.
Intervista a Nicola Berardi
Avvocato e membro del comitato scientifico di Assoinfluencer
A cura di Valerio Berra
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La mattina del 17 novembre è stato diffuso un comunicato stampa che potrebbe rappresentare una nuova fase per il settore degli influencer. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (da qui Antitrust) ha annunciato l’apertura di un’istruttoria per Asia Valente e Meta. Le motivazioni sono due. Secondo l’Antitrust Asia Valente, creator da 2,1 milioni di follower, non avrebbe avvisato in modo corretto il suo pubblico delle attività commerciali (soprattutto quelle in collaborazione con alberghi) e avrebbe gonfiato i suoi follower con profili fake. Sempre secondo l’Antitrust, anche Meta sarebbe colpevole perché non avrebbe sorvegliato abbastanza le sue attività.

L’istruttoria è appena aperta, gli accertamenti sono iniziati da poco e tutto alla fine potrebbe anche risolversi in un nulla di fatto. Asia Valente intanto, come spiegato a Fanpage.it, respinge tutte le accuse. Per capire quali possono essere le conseguenze di questa procedimento, sia per gli influencer che per Meta, Fanpage.it ha intervistato Nicola Berardi, avvocato e membro del comitato scientifico di Assoinfluencer, la prima associazione di categoria per chi lavora sui social.

Ci sono già stati dei casi simili a quello citato dall’Antitrust?

Voglio specificare che al momento si sa davvero poco. L’autorità dice di aver raccolto delle informazioni ma non si conosce molto di più. Nel 2019 erano stati aperti dei procedimenti simili ma ad oggi non ho ancora visto nessuna sanzione. Questa però è la prima volta che si parla di follower falsi.

Gonfiare i follower è come gonfiare i gli ascolti di un programma tv o le vendite di un giornale?

Se l’Antitrust ha inserito questo dato nel suo comunicato vuol è perché pensa che l’acquisto di follower falsi sia un problema. Come fosse una pratica commerciale scorretta. In effetti può essere un danno sia per le aziende con cui collabora un creator che per il pubblico che decide di fidarsi di un suo consiglio di acquisto. In questo caso, ripeto, tutto deve essere ancora confermato.

Oltre ai follower falsi, l’istruttoria si concentra sulla pubblicità.

Questo è un tema più lineare. Il centro di tutto è capire se un contenuto pubblicato sui social da un soggetto che ha un seguito sia lineare oppure se invece alla spalle ci sia un rapporto di natura commerciale. Questo rapporto può essere più o meno marcato. Ci può essere solo un invito oppure la richiesta di una prestazione pagata in denaro.

C’è una legge che regola questo rapporto?

Al momento non c’è molto. Da qualche anno però si cerca di seguire il Regolamento Digital Chart adottato dalla Iap, l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria. Qui vengono indicati dei metodi che si possono usare in diverse occasioni, dai contenuti che sono proprio delle pubblicità a quelli in cui l’azienda ha solo inviato un prodotto.

Quali sono le responsabilità di Meta?

Anche qui la situazione è complessa. Nel febbraio del 2024 entrerà in vigore il Digital Service Act (DSA) un regolamento europeo che si occupa anche di questa materie. Meta, solo in Europa, come attività di moderazione rimuove circa 80.000 contenuti al giorni considerati fake news. Se l’Antitrust si mette a regolare anche questo aspetto, il rischio è andare incontro a una iper-regolamentazione. Anche perché la struttura che si dovrà occupare di applicare il DSA in Italia sarà l’Agcom, non l’Antitrust.

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