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Carmelo Miano, la storia dell’hacker “più bravo d’Italia” incastrato a 23 anni da un errore banale

23 anni, una laurea in ingegneria informatica e un lavoro nel mondo della cybersecurity. Carmelo Miano è l’hacker che per mesi ha messo in difficoltà diversi tribunali italiani. Durante la conferenza stampa il giorno dopo l’arresto Nicola Gratteri ha detto: “Nella realtà è riduttivo pensare a lui come un informatico: era un mago dell’informatica”.
A cura di Valerio Berra
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Il profilo di un ragazzo normale. 23 anni, laureato in ingegneria informatica, un lavoro da esperto di cyber security in un’azienda di consulenza. Forse un po’ solitario, dicono ora le carte delle indagini. Viveva in un appartamento della Garbatella, a Roma. Un luogo che con qualche suggestione i giornali ora chiamano “covo”. La vita segreta di Carmelo Miano era tutta dentro il suo pc. Da qui riusciva ad accedere al suo portafoglio con l’equivalente di sette milioni di euro in criptovalute e al suo archivio, fatto di fascicoli riservati accumulati elle sue incursioni contro tribunali italiani.

Un vita segreta che ora viene raccontata nelle carte delle indagini che hanno portato al suo arresto, confermato anche dal Gip di Roma dopo l’interrogatorio di garanzia di ieri, 4 ottobre. Lo scrive il Corriere della Sera. Ora Miano si trova in isolamento a Regina Coeli. L’iter giudiziario è ancora lungo ma se tutte le accuse verranno confermate Miano rischia di rimanere in carcere per i prossimi 30 anni.

Come è stato preso Miano: le microcamere e l'accesso ai siti

Come scrive il Corriere della Sera la definizione di “hacker più bravo mai visto in Italia” è da collegare direttamente agli investigatori che hanno lavorato sul caso. Miano è riuscito a introdursi nei sistemi informatici della Guardia di Finanza, in quelli di Tim, di Telespazio e sembra anche in quelli dei tribunali che avevano iniziato a indagare su di lui. Voleva sapere a che punto erano le indagini, come quella per traffico di criptovalute.

Secondo le indagini tutte queste azioni sarebbero state portate avanti insieme ad altre persone, tra cui anche un agente amico di famiglia. Per bloccarlo sono stati necessari mesi di indagine e alcuni passi falsi. Le sue azioni sono state riprese da una serie di microspie posizionate vicino alla sua postazione e sembra che dalle indagini una conferma della sua identità sia arrivata dall’accesso a un sito pornografico.

Le parole di Nicola Gratteri: “Un mago dell’informatica”

Il giorno dopo l’arresto l’intera operazione è stata raccontata durante una conferenza stampa da Nicola Gratteri. Per capire la portata del lavoro citiamo solo che erano presenti anche Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia, e Vincenzo Piscitelli, coordinatore del pool reati informatici. È Gratteri che ha definito il ragazzo un “mago dell’informatica”.

Il livello di infiltrazione a cui Miano aveva avuto accesso era stato talmente profondo che i magistrati avevano deciso di non usare più sistemi informatici per trasmettere gli atti sulle sue indagini. Spiega sempre Gratteri: “Quando abbiamo visto che ha cercato di entrare nelle mail di alcuni magistrati a quel punto non usavamo mail e telefoni. Ci muovevamo fisicamente e ci davamo i documenti”.

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