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Bob Dylan attacca Spotify: “Lo streaming ha distrutto la musica: ora è sdentata e indolore”

Per mezzo secolo Bob Dylan è rimasto immerso nel mercato discografico. Secondo l’artista, le piattaforme come Spotify o Apple Music stanno uccidendo la musica e l’originalità.
A cura di Elisabetta Rosso
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La musica è “sdentata” oggi, manca di mordente, e il peccato originale è lo streaming. Bob Dylan la pensa così, lo ha detto in modo molto più poetico tirando in ballo diavoli blu e teste di cubo, d’altronde a parlare è un premio Nobel che ha tradotto l'angoscia esistenziale in una manciata di parole: “Io accetto il caos ma non sono sicuro che lui accetti me”.

Il problema più grande lo dichiara subito, nella prima frase scelta per rispondere a un'intervista del Wall Street Journal: “Tutto è troppo facile”. E Bob Dylan che per mezzo secolo è stato immerso dalla testa a piedi nel mercato musicale lo sa benissimo. Lui ha usato un Tascam 80-8 a bobina e vissuto il sogno impossibile di 4 tracce in contemporanea, ora “basta un tocco dell’anulare, del medio, un piccolo clic, è tutto ciò che serve”. Dentro un discorso sibillino fatto di immagini bellissime, Dylan spiega che la musica ormai è fluida e indolore. Proviamo a decifrare l’oracolo di Duluth e capire se ha ragione o meno.

Il commento di Bob Dylan

In un'intervista con il Wall Street journal per il suo nuovo libro "The Philosophy of Modern Song", dice: "Tutto è troppo facile. Basta un tocco dell'anulare, del medio, un piccolo clic, è tutto ciò che serve. Abbiamo fatto cadere la moneta nella fessura. Siamo spaccapillole, teste di cubo e giganti, appesi, uscire, inghiottire diavoli blu, molly neri, qualsiasi cosa su cui riusciamo a mettere le mani. Per non parlare delle caramelle al naso e dell'erba ganga. È tutto troppo facile, troppo democratico. Hai bisogno di un rilevatore di Raggi X solari solo per trovare il cuore di qualcuno, vedi se ne hanno ancora uno."

Dylan ha anche paragonato la tecnologia alla stregoneria immaginando un’apocalisse imminente. "È uno spettacolo di magia, evoca gli spiriti, è un'estensione del nostro corpo, come la ruota è un'estensione del nostro piede. Ma potrebbe essere l'ultimo chiodo conficcato nella bara della civiltà; semplicemente non lo sappiamo".

Il mercato musicale e lo streaming oggi

Secondo Statista, lo streaming è stato il modo più redditizio per consumare musica nel 2021. La Recording Industry Association of America ha spiegato che lo streaming ha rappresentato l' 83% delle entrate dell'industria musicale nel 2020. È anche il modo più economico per consumare musica, con Spotify e Apple Music, due dei servizi di streaming più famosi al mondo, bastano rispettivamente 9,99 dollari al mese e 10,99, un Cd costa di più.

Dylan stesso ha oltre 9 milioni di ascoltatori mensili su Spotify. Il suo ultimo album, "Rough and Rowdy Ways", infatti, è stato pubblicato nel 2020, e nel 2022 ha venduto il suo catalogo di musica a Sony Music con un accordo che secondo Variety ballava tra 150 milioni di dollari e 200 milioni. Quindi Dylan diciamo che ha imparato a sopravvivere bene anche nell’etere dello streaming.

Dylan ha ragione oppure no?

Ora lo streaming però non è solo un metodo di distribuzione, ma un sistema strutturato che intacca il mercato musicale alla base. Per esempio, spinge le etichette e gli artisti a giocare sul sicuro inseguendo influenze esterne, tipo la viralità su TikTok e l’editing post-rilancio. Oppure una canzone pop dove il ritornello non parte entro un minuto dall’inizio è ormai qualcosa di raro, provare a cronometrare per credere. Le regole del mercato quindi modellano l’arte stessa. E poi c’è l’iperproduzione, le melasse patinate che fanno suonare tutto allo stesso modo. Insomma Bob Dylan non ha tutti i torti, però giusto per essere chiari se si vuole trovare un colpevole è (come quasi sempre) il mercato musicale, che sceglie per le sue strategie di profitto di assecondare lo streaming e le sue dinamiche intestine.

Dylan poi ha anche detto che la musica di oggi è indolore. Secondo uno studio del 2018, pubblicato su Pitchfork, la musica è diventata più triste nell'arco di trent'anni dal 1985 al 2015. La BBC ha riportato risultati simili nel 2019 e Aeon mettendo a confronto le classifiche Billboard Hot 100 di diversi anni è giunta alla stessa conclusione. Secondo i dati la tendenza viaggia in direzione opposta. Ma, “conoscendo” Dylan, l’artista non si riferiva ad accordi in chiave minore e testi struggenti, perché la tristezza è una cosa, il dolore è altro, e per raccontarlo bene bisogna essere liberi da tutti gli schemi precostituiti che finiscono per sfornare prodotti in serie. Come lui stesso racconta dentro i suoi testi, il dolore è unico e non puoi incastrarlo in nessuna forma se non la tua.

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