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“Avremo tutti un chip nel cervello nei prossimi anni: ci servirà per potenziare la nostra memoria”

Per quanto entusiasmante sia la ricerca non è chiaro come verrà utilizzata questa tecnologia. Il confine tra BCI utilizzati per il trattamento o per il potenziamento è sottilissimo.
A cura di Elisabetta Rosso
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A volte dimentichiamo quello che abbiamo mangiato la sera prima, ci scordiamo di un appuntamento, un compleanno o di prendere le medicine a un'ora stabilita, magari è persino la stessa ogni giorno. Secondo la teoria dell'oblio di Hermann Ebbinghaus ogni volta che un nuovo concetto entra nella nostra testa subisce un deterioramento nel tempo. Dopo venti minuti abbiamo già perso il 40% di quello che abbiamo appreso. Ma se potessimo invertire questo processo?

Diversi studi stanno cercando di capire come un chip impiantato nel cervello possa potenziare la nostra memoria. Secondo Michael Kahana, psicologo dell'Università della Pennsylvania, che studia la memoria da oltre 30 anni, è solo questione di tempo. "Tutti noi abbiamo ricordi che funzionano male a volte", ha detto Kahana al New York Post. "Oscillano durante il giorno e possono oscillare da un momento all'altro. È così che funzionano i nostri circuiti cerebrali. Una volta che me ne sono reso conto, la domanda è stata: come faccio a far sì che il mio cervello sia sempre in modalità funzionante?".

Kahana ha condotto uno studio su 47 pazienti epilettici e ha erogato un impulso elettrico tramite elettrodi impiantati nel cervello ogni volta che stava per presentarsi un vuoto di memoria. Gli elettrodi sono stati in grado di riconoscere i segnali e hanno inviato una scarica alla corteccia temporale laterale, la parte del cervello che immagazzina ed elabora i ricordi, registrando un miglioramento nel 28% dei casi. "Penso che siamo alle soglie di una nuova era nella neuroscienza umana e nella neuroterapia umana".

Gli studi sui chip impiantati

Kahana non è l'unico. Diversi studi stanno analizzando le interfacce cervello-computer (BCI). Ad agosto, i ricercatori dell'École Polytechnique Federale de Lausanne in Svizzera hanno presentato un chip che converte i pensieri in testo con una precisione del 91%.

David Brandman, neurochirurgo dell'Università della California a Davis ha creato insieme al suo team un chip cerebrale, che interpreta i segnali cerebrali riprodotti da un software di assistenza vocale. "Il sistema ha una precisione del 97% e permette al paziente di pronunciare parole elencate in un dizionario di 125.000 termini", ha spiegato Brandman. "Utilizzando l'intelligenza artificiale, abbiamo anche ricreato il suono della sua voce in modo che il testo possa essere pronunciato ad alta voce dal computer per suonare come lui prima che gli venisse diagnosticata la SLA".

Brent Roeder, ricercatore presso il dipartimento di neuroscienze della Wake Forest University School of Medicine, sta invece studiando come replicare i singoli codici all'interno dell'attività dell'ippocampo per informazioni mnestiche specifiche, le tracce mnestiche sono le informazioni di cui abbiamo fatto esperienza. Grazie a un elettrodo inserito nel cervello che interagisce con l'ippocampo, realizzano registrazioni neurali quando un paziente esegue un compito di memoria specifico.

Il caso Neuralink

Neuralink, di Elon Msuk ha già impiantato due chip nei pazienti. Il chip Neuralink è pensato per aiutare le persone con disabilità", ha spiegato Musk, ma l'obiettivo a lungo termine è sviluppare un dispositivo in grado di “sbloccare il potenziale umano” migliorandone capacità fisiche e mentali fino a raggiungere la “simbiosi con l’intelligenza artificiale”. Musk ha previsto che entro pochi anni ci saranno centinaia di persone con un chip nel cervello e “milioni entro 10 anni”.

Possiamo davvero usare i chip per potenziare la nostra memoria?

Per quanto entusiasmante sia la ricerca, resta la questione di come verrà utilizzata questa tecnologia. O, come ha detto Anna Wexler, professoressa alla Perelman School of Medicine, come verrà gestita "il confine sottile tra BCI per il trattamento e il potenziamento".

"Se un BCI impiantato consentisse alle persone di digitare alla stessa velocità con cui possiamo digitare con le dita o dettare con la voce, dubito che la maggior parte delle persone sarebbe interessata", ha spiegato Wexler. "Ma se può apportare un miglioramento davvero significativo, allora le cose diventeranno interessanti". Secondo Kahana, "sono cambiate così tante cose negli ultimi anni. L'imaging è migliorato, gli elettrodi sono piccoli. Quando arriverà il momento, non esiterei a sottopormi a questa procedura".

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