Attentato a Trump, la follia delle teorie del complotto: “Era tutto preparato”
Secondo il giornalista specializzato in cospirazione negli Stati Uniti, Anthony Mansuy, sono tre i fattori che alimentano le teorie complottiste: attivismo estremizzato, trauma socio-politico e sfiducia nel sistema. E tutti e tre erano presenti nell'opinione pubblica americana (e non solo) quando sabato scorso, 13 luglio 2024, in Pennsylvania, un proiettile sfiorava la tempia dell'ex presidente degli Stati Uniti e candidato alla presidenza Donald Trump mentre stava tenendo un comizio in vista delle presidenziali del 5 novembre 2024.
Tutto è successo in una manciata di secondi: tanto è bastato a Trump per rendersi conto di quello che aveva appena rischiato e, nonostante ciò, avere la prontezza di rimanere fermo sul posto, con il viso sporco di sangue e il pugno alzato in segno di vittoria e forza. Sullo sfondo, la bandiera degli Stati Uniti si stagliava, imponente, davanti a un cielo blu brillante.
Tutto è racchiuso in una foto. Perfetta, per tanti – almeno prima che l'attentato venisse ricostruito – anche troppo. E così in poche ore X (fu Twitter) la prima parola in tendenza è diventata "Staged", ovvero "messa in scena", in poche ore il marchio distintivo delle tante teorie complottiste secondo cui l'attentato sarebbe stato una messa in scena, per molti organizzata dallo stesso Trump.
Le teorie complottiste dell'auto-attentato
Non è la prima volta che succede. Nella storia degli Stati Uniti sono stati diversi i presidenti che hanno subito attentati: il più famoso, quello di John Fitzgerald Kennedy nel novembre 1963. Anche allora le teorie complottiste non sono mancate. Oggi, però ci sono i social a fare da cassa di risonanza, diventando il luogo in cui le teorie complottiste si autoalimentano e si diffondono a velocità della luce. Il fatto che l'hashtag "Staged" sia diventato il primo in tendenza negli Stati Uniti il pochi minuti dopo l'attentato ne è la prova.
Per i complottisti quello successo sabato 13 luglio non può essere un caso. Secondo centinaia, se non migliaia, di utenti su X gli elementi per poterlo affermare non mancano. La reazione fulminea di Trump, il fatto che Crooks abbia potuto appostarsi con un fucile così pericolosamente vicino all'ex presidente e nessuno lo abbia visto, l'atteggiamento apparentemente troppo cauto della sicurezza, la folla che rimane lì intorno e non scappa. "Se non pensate che quella m*rda sia stata messa in scena? Guardate nel 2016 quanto velocemente hanno fatto uscire Trump da lì solo perché era trapelato il sospetto che qualcuno nella folla avesse una pistola", scrive in un post un utente, confrontando il video dell'attentato con quello di un comizio passato di Trump.
Le prove secondo i complottisti
Poco conta se – come hanno fatto notare in molti, giornalisti, esperti e utenti – c'è una foto, scattata dal fotografo del New York Times Doug Mills, in cui si vede incredibilmente il proiettile a pochi centimetri dalla testa di Trump. Poco conta se l'attentatore ha un nome e un cognome, Thomas Matthews Crooks, ed è stato ucciso dalla sicurezza del presidente. Non conta nemmeno che una persona tra i partecipanti della convention sia rimasta uccisa da uno dei colpi sparati dall'attentatore.
Perché le teorie complottiste non sono razionali
D'altronde, una delle caratteristiche delle teorie complottiste, la stessa che le rende dure a morire, è la loro insita irrazionalità. Lo abbiamo visto con molti altri fenomeni, dalla teoria delle scie chimiche alle tante credenze portate avanti dalle fasce più radicalizzate dei no-Vax: chi vuole credere in un complotto lo fa, a prescindere dalle prove contrarie che gli verrano mostrate.
Lo dimostra il modo in cui ogni teoria possa plasmare le informazioni a proprio piacimento, ignorando ogni nesso logico e negando tutto ciò che faccia difetto con la propria posizione. Lo vediamo anche nel caso dell'attentato a Trump: gli stessi dettagli che abbiamo detto sopra sono stati utilizzati da teorie di segno diametralmente opposto: per i complottisti di estrema sinistra sarebbero la prova che Trump abbia inscenato tutto per diventare l'apoteosi dell'uomo forte, simbolo di un'America altrettanto invincibile.
Per i complottisti pro Trump invece l'attentato sarebbe stato commissionato da Biden in persona oppure dal cosiddetto "Deep state", rispolverando una teoria cara agli ambienti di QAnon secondo cui ci sarebbe una sorta di lobby segreta a decidere il futuro del mondo.