Apple è a rischio forniture, cosa succede con il lockdown delle fabbriche cinesi
A nemmeno 24 ore dal lancio di iPhone 14, Apple rischia di dover rivedere tutto il suo piano per le forniture. Chengdu è una delle megalopoli più importanti della Cina. Oltre 20 milioni di abitanti, capitale della provincia di Sichuan, è qui nascono i prodotti che vengono presentati ogni anno nel tempio di Cupertino. A Chengdu ci sono due fabbriche che sono cruciali per la catena Apple: Foxconn e Jabil, specializzate nella produzione di componenti per iPad e MacBook. Ora le autorità cinesi hanno messo Chengdu in lockdown.
La linea di Pechino è sempre la stessa: quando cominciano a comparire i primi casi viene imposto un lockdown strettissimo, che chiude la città e limita gli abitanti ai proprio quartieri. Non si sa quanto potrebbero durare le misure di sicurezza. Tutto dipende dall’andamento dei casi: il blocco potrebbe finire in un paio di giorni o potrebbe durare settimane. Nel caso di Shanghai è rimasto per circa due mesi. Per ora, secondo un rapporto di Nikkei Asia, si parte con almeno una settimana di chiusura.
Foxconn e le critiche per le condizioni di lavoro
Nelle biografie su Steve Jobs pubblicate dopo la sua morte c’è sempre stato un capitolo dipinto con tinte più scure: Foxconn, definita dai critici come “la fabbrica dei suicidi”. Tutto era nato nel giugno del 2010, quando in sei mesi nella fabbrica cinese si erano contati 13 suicidi di operai, tanto che gli amministratori delegati avevano installato delle reti antisuicidio lungo i bordi dei diversi piani.
Dalle poche informazioni raccolte sulla fabbrica, gli operai accusavano i dirigenti di imporre ritmi troppo stressanti, come si legge in una testimonianza di quel periodo: “Siamo costretti a lavorare per 12 ore al giorno, sei giorni a settimana, assemblando prodotti che non potremo mai comprare”. Allora Jobs, ancora a capo di Apple, aveva liquidato in fretta la questione: “Foxconn non è un posto dove si lavora come dannati. Per essere una fabbrica è molto carina”.