Anche Spotify licenzia i dipendenti, il suo fondatore: “Sono stato troppo ambizioso”
L’ondata di licenziamenti che sta assottigliando le Big Tech non si ferma alla Silicon Valley. La svedese Spotify, l’app che ha cambiato il modo in cui ascoltiamo musica, ha annunciato un taglio del 6% del personale. Una cifra che corrisponde a circa 600 dipendenti, visto che il totale dell’organico della società è di 9.800 persone.
Come sta succedendo praticamente in tutti gli altri casi, l’obiettivo è quello di migliorare l’efficenza dell’azienda, tagliando sui team meno produttivi. A confermarlo è il Ceo e fondatore Daniel Ek: “Nel tentativo di generare più efficienza, controllo dei costi e accelerare i processi decisionali, ho deciso di ristrutturare la nostra organizzazione. Sono stato troppo ambizioso ad investire oltre la nostra crescita dei ricavi”.
La notizia del taglio dei dipendenti di Spotify era stata anticipata nelle scorse ore dall'agenzia di informazione Bloomberg News. Nata nell'aprile del 2006 a Stoccolma, Spotify è una delle poche multinazionali tech di origine europea. La storia dell'azienda è stata raccontata anche da The Playlist, un mediocre documentario pubblicato su Netflix nell'ottobre del 2022. Al momento la sua capitalizzazione di mercato è di circa 18 miliardi di dollari, un valore lontano dai fasti del febbraio 2021 quando aveva sfiorato i 70 miliardi di dollari.
Tutti i licenziamenti delle Big Tech
La scelta di Spotify arriva dopo un lungo elenco di licenziamenti che hanno attraversato quasi tutte le Big Tech. Tutto è iniziato con Twitter, in cui l’era di Elon Musk è stata inaugurata dal taglio di circa metà del personale. Poi è stato il turno delle altre. Ha licenziato Meta, ha licenziato Amazon, ha licenziato Microsoft e ha licenziato anche Google. L’unica che per il momento non ha ancora annunciato licenziamenti di massa è Apple.