“Alla fine era tutta colpa dei telefoni”: cosa c’è dietro i video del blackout in Spagna

"Al final el problema sí que era el móvil". "Alla fine il problema era davvero il cellulare". Su Instagram e TikTok si stanno moltiplicando i video che mostrano come le persone hanno reagito al mega blackout che lunedì 28 aprile ha lasciato senza elettricità l'intera Spagna, con effetti anche in Portogallo e in parte della Francia.
Certo, all'inizio c'è stata la paura, il panico. Improvvisamente, dal nulla tutto si è spento: la luce, i computer, i frigoriferi, le metro, i treni, perfino i semafori per strada. All'inizio i cellulari erano accesi, almeno quelli ancora carichi, ma senza copertura. Poi la batteria ha ceduto e migliaia di persone si sono trovate improvvisamente isolate dal resto del mondo.
Quello che è successo dopo però non è esattamente ciò che ci si aspetterebbe da una situazione di emergenza nazionale: le persone semplicemente si sono fermate dove erano. In piazza, sui binari dei treni o sui balconi, non si sono rinchiuse nelle loro case, da sole, ma hanno scelto di vivere insieme quelle ore di attesa. E hanno iniziato a parlare tra loro, c'è chi ha tirato fuori una chitarra, chi colori per dipingere o semplicemente un mazzo di carta o un libro da leggere sdraiati su un prato. "Quando la luce si spegne, la vita trova altre forme per brillare", si legge in uno dei tantissimi video che stanno circolando sui social in queste ore sui social.
"Va via la luce e le persone tornano a fare quello che importa davvero", scrive un altro utente che ha condiviso un video che mostra una Madrid piena di gente per strada, di persone che cantano e ballano insieme o semplicemente si guardano e sorridono. Non ci sono filtri, non ci sono né like né hater. Dopo tanto tempo, forse troppo, le persone si guardano non attraverso uno schermo e sembrano felici, mentre tutto attorno a loro suggerirebbe il contrario.
Certo, si è trattato di poche ore. Un'emergenza che tutto sommato è rientrata senza creare troppi problemi o conseguenze gravi. Nessuno direbbe mai – ne tanto meno chi sul web ci lavora come noi – che la tecnologia sia il male e che si vivrebbe meglio, ma forse la voglia di socialità reale, fisica, che è esplosa in Spagna quando le persone non hanno avuto altra scelta che guardarsi in faccia dovrebbe far riflettere sul concetto di connessione. Su cosa significa davvero, o meglio, su cosa vogliamo che significhi per noi e la nostra società.
Certo, ora le persone sono tornate in ufficio o in università, affollano di nuovo le metro, molto probabilmente con la testa piegata sui loro smartphone, ma magari hanno ancora il ricordo vivido di quelle ore. Magari, quelle ore in cui sono state catapultate in un passato così vicino eppure così lontano ha lasciato dentro di loro una lezione. Forse, non abbiamo bisogno di un prossimo blackout, di un nuovo lockdown o della prossima pandemia, per tornare a guardarci e ricordarci che da soli non possiamo essere felici, a prescindere dal numero dei follower sui nostri social.