Abbiamo provato Rise of the Ronin e c’è un problema: la qualità visiva è di un’altra generazione
Giappone della seconda metà dell'800, periodo Bakumatsu. Il Paese del Sol Levante abbandona la politica isolazionista che lo aveva caratterizzato sinora per apririrsi all'Occidente, in particolare modo agli Stati Uniti. Non tutti però sono d'accordo con questa visione. È in questo contesto che trova origine Rise of the Ronin, nuova esclusiva per PlayStation 5 sviluppata da Koei Tecmo (lo stesso studio di di Ninja Gaiden e Niho). Finalmente una nuova proprietà intellettuale, che va ad arricchire il parco titoli dell'ammiraglia Sony per ora composto principalmente da rimasterizzazioni e remake (si veda The Last of Us Parte II o Final Fantasy 7 Rebirth).
Viviamo tutto questo attraverso due gemelli, un uomo e una donna, scampati alla morte da bambini grazie a un'abile combattente con la katana. Il video di introduzione è davvero travolgente, e ci getta immediatamente nelle vicende dell'epoca. Il tutto è da vivere attraverso la prospettiva dei due protagonisti, denominati Lame Gemelle, personalizzabili sin dall'inizio grazie a un editor dei personaggi molto stratificato, che permette di creare la coppia di guerrieri perfetta secondo le proprie velleità creative. Uno è controllato da noi giocatori, l'altro dall'intelligenza artificiale del gioco. Ma è possibile provare anche la modalità cooperativa con altri due giocatori.
Il Giappone di Rise of the Ronin
Il titolo si presenta come un gioco di ruolo action dalla struttura open world. A differenza però dei recenti Assassin's Creed o di Ghost of Tsushima (con cui condivide l'ambientazione seppur in epoche diverse), Rise of the Ronin punta l'accento sul sistema di combattimento, davvero articolato. Tre stili di approccio, ciascuno utile per affrontare i diversi nemici che gettano scompiglio nelle campagne giapponesi. Tante le armi da trovare e sperimentare, così come sono numerose le abilità. Tuttavia, la chiave per vincere in maniera egregia risiede nel contrattacco: tramite la pressione del tasto triangolo, è possibile deviare i colpi ricevuti e demoralizzare il nemico, quindi renderlo succube dei nostri potenti attacchi.
Il risultato è uno scontro attento, in cui occorre studiare un minimo l'opponente, altrimenti il rischio è la morte. In effetti, si muore abbastanza in Rise of the Ronin. Ci sono infatti alcune meccaniche che ricordano i souslike, i giochi molto difficili come Elden Ring. Anche qui però il titolo di Koei Tecmo prova ad avere la sua identità, rendendo meno frustrante il respawn (resurrezione) dei nemici ad ogni recupero di energia presso gli stendardi, che sono numerosi, oltre a favorire il viaggio rapido. Non mancano poi sessioni in stealth, in cui è necessario operare di soppiatto per portare a termine la missione richiesta.
Il rispetto del tempo
Di base il gioco resta un caratteristico open world nella sua essenza, con varie attività da fare nelle aree, per lo più combattimenti, raccolta risorse e liberazione di villaggi dai criminali. Eppure ci sono diversi escamotage che rendono meno tedioso arrivare dal punto A al punto B per completare una missione. Tra questi, è il caso di menzionare la salita e la cavalcata a cavallo automatiche, i viaggi rapidi citati sopra e altre piccole chicce che rendono più piacevole il girovagare in una mappa così estesa. A tutto questo si aggiunge una componente narrativa importante, che accompagna di pari passo gli scontri agguerriti con katana, shuriken, persino armi da fuoco e altre tipologie di armi.
In Rise of the Ronin è necessario prendere scelte molto importanti, che cambieranno il corso degli eventi, entro cui operano anche personaggi storici realmente esistiti come il commodoro Matthew Perry e il samurai Ryoma Sakamoto. Eliminare un bersaglio o allearsi? Difendere un personaggio o attaccarlo? Le situazioni in cui dover ponderare le conseguenze sono tante e sfaccettate, il che evita di prendere decisioni a cuor leggero.
Il problema della qualità visiva
In altre parole, Rise of the Ronin non accetta la superficialità, ma richiede concentrazione e coinvolgimento per avanzare, senza però calcare troppo la mano da risultare alla fine frustrante. Il vero peccato risiede nella qualità grafica. Il titolo ha richiesto sette anni di sviluppo, quindi tutto è iniziato in piena epoca PlayStation 4, e in effetti la sensazione è quello di trovarsi davanti a un gioco della vecchia generazione. Bisogna precisare che Koei Tecmo, per quanto sia uno studio storico e rinomato, non ha le stesse risorse di altri studio più blasonati per la cura estetica, però qui ci troviamo davanti a standard tecnici davvero obsoleti, che non riescono a donare il giusto fascino al Giappone dell'800, così sfaccettato e ricco nella sua versione videoludica. Tale aspetto si ricollega allo sviluppo delle grosse produzioni videoludiche, oggi sempre meno sostenibile, perché richiede enormi risorse a livello di tempo e budget, con il rischio di aver investito su un gioco già vecchio all'uscita.
Non è propriamente il caso di Rise of the Ronin. Nonostante la sensazione di "vecchio" alla vista, il gioco funziona, è molto profondo nei vari elementi che lo compongono, e ricorre a un periodo storico legato al Giappone raramente trattato nei media. Parliamo dunque di un titolo affascinante, con una sue identità, che riesce a dare nuova linfa all'offerta PlayStation 5, nonostante i limiti.