Vita da psicologo online: “Mi pagano 30 euro lordi a seduta. Sono pochi ma senza app non avrei clienti”
La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.
In Italia il percorso per diventare psicoterapeuta non è affatto semplice: laurea quinquennale in Psicologia, tirocinio, esame di stato e poi altri quattro anni di scuola di specializzazione. Anche chi riesce a fare tutto nei tempi giusti impiega almeno dieci anni per diventare psicoterapeuta. E anche dopo il titolo le cose non migliorano, tra la concorrenza crescente e le spese per l'apertura di uno studio privato.
In questo contesto però nel 2020 si è inserita una variabile che nessuno aveva messo in conto: il Covid-19 fa la sua comparsa nelle nostre vite. La pandemia spazza via tutte le nostre certezze e cresce una consapevolezza nuova: la salute mentale non è più vista come un capriccio ma come una priorità. In Italia però c'è ancora il lockdown e uscire per andare dallo psicologo non è così facile. Qualcuno intercetta questo mix di nuove esigenze e nascono le prime piattaforme di psicoterapia online. In pochi mesi, attratti dalla modalità a distanza e dai prezzi convenienti, sempre più italiani le scelgono per iniziare un percorso di psicoterapia.
Oggi, a distanza di mesi dalla fine della pandemia, diverse di queste piattaforme confermano di essere un modello di business di successo. Se è vero che da una parte hanno il merito di aver facilitato l'accesso alla psicoterapia a migliaia di italiani, dall'altra però non si parla quasi mai di cosa accade dall'altra parte dello schermo, quella degli psicoterapeuti assunti. Per questo motivo Fanpage.it ha raccolto le testimonianze di due psicologi che collaborano con queste piattaforme. Per questione di privacy abbiamo deciso di tenere l'anonimato (li chiameremo Marco e Paola) e di non indicare il nome delle piattaforme coinvolte. I due intervistati ci hanno raccontato pro e contro della loro esperienza in quanto psicoterapeuti e lavoratori.
Gli psicoterapeuti in Italia: i dati
Bisogna partire da una premessa. Il successo che hanno avuto queste piattaforme è il risultato di diversi fattori. Certo, il trauma causato dalla pandemia ha messo in crisi la salute mentale di molti, o più semplicemente ci ha fatto rendere conto della sua importanza. Ma se le piattaforme sono riuscite a raccogliere anche così tanti psicologi con cui collaborare è perché c'era un'offerta di professionisti che non avevano ancora trovato un'occupazione adeguata.
Come accennato all'inizio, la situazione degli psicologi e psicoterapeuti in Italia non è affatto facile. Spiegare perché è complesso, ma ci sono due o tre fattori abbastanza evidenti. Innanzitutto la concorrenza. Negli ultimi anni il numero di psicologi in Italia è aumentato in modo esponenziale: nel 2020 gli iscritti all'Ordine degli psicologi erano 117.762, nel 1994 erano circa 23.000. Praticamente in 27 anni gli psicologi italiani sono più che quintuplicati e di questi solo 5.000 sono assunti nella sanità pubblica (dati del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi – CNOP).
Se alla concorrenza sempre crescente si aggiungono tutte le spese legate all'apertura di uno studio privato è chiaro quanto possa essere difficile per un giovane psicoterapeuta iniziare a lavorare. Oltre alla difficoltà nell'avviare la carriera e costruire la rete di pazienti c'è la questione degli stipendi: secondo l'indagine AlmaLaurea riferita al 2019 la retribuzione mensile netta media a cinque anni dal conseguimento in laurea della magistrale in psicologia è paria a 1.017 euro netti al mese.
"Lo stipendio non lo ritengo adeguato, ma almeno lavoro"
Quando abbiamo sentito Marco, la voce era quella di un giovane professionista finalmente felice di fare il lavoro per cui ha studiato per anni, ma almeno in parte insoddisfatto delle condizioni contrattuali. "Sono estremamente sincero, non vedo grossi problemi per i pazienti. Piuttosto quelli che potrebbero essere penalizzati sono gli psicoterapeuti assunti, che spesso vengono sottopagati", ci chiarisce fin da subito.
In realtà, la questione dei compensi che in genere queste piattaforme riconoscono agli psicoterapeuti con cui collaborano non è così semplice e potrebbe essere diversa da piattaforma a piattaforma. Quella per cui lavora A., ci spiega, sul costo complessivo di una seduta di circa 50 euro, trattiene circa 20 euro, mentre il compenso dello psicologo si aggira sui 30 euro lordi, da cui però vanno sottratte le tasse che i professionisti pagano in quanto assunti come collaboratori con partita IVA. In media il costo di una seduta psicologica in studio privato è almeno il doppio.
Tuttavia, bisogna guardare le cose nel complesso: "È vero, in senso assoluto guadagno molto meno di quanto potrei fare lavorando privatamente. Ma devo riconoscere che per me che sono agli inizi trovare così tanti pazienti in poco tempo sarebbe stato impossibile. In un mese di lavoro ho già circa cinque pazienti, non ci sarei mai riuscito da solo nello stesso tempo".
Un trampolino di lancio per molti giovani professionisti
La platea di professionisti probabilmente più interessata a lavorare con le piattaforme è infatti quella formata dai giovani professionisti, agli inizi della loro carriera. Almeno secondo l'opinione di A.: "Non ho i dati per dirlo, ma sapendo quanto guadagniamo credo che in linea di massima un professionista che ha già una rete solida di pazienti difficilmente opta per le piattaforme".
In sostanza, quello che succede è verosimilmente questo: una volta conseguito il titolo di psicoterapeuta, un giovane professionista si trova davanti un vuoto: affittare uno studio privato costa troppo, soprattutto senza avere la garanzia di trovare un numero adeguato di pazienti, abbastanza per sostenere almeno le spese. "Molti giovani professionisti – ci racconta Marco – usano queste piattaforme come trampolino di lancio, per avviare la propria carriera, con l'obiettivo di mettersi prima o poi in proprio".
Un percorso diverso: la storia di Sara
Raccogliendo le storie di chi è dall'altra parte dello schermo, appare chiaro come il giudizio sulla collaborazione sia in realtà molto personale e potenzialmente diverso per ogni professionista. C'è chi come Marco la vive come una fase di passaggio, con il sogno di aprire in domani un suo studio, e chi invece fa la scelta opposta, ovvero si dedica quasi completamente alla terapia online. Sara rientra in questa categoria: il suo è un percorso in controtendenza, dato che dopo qualche anno di collaborazione con le piattaforme, ha deciso di chiudere il suo studio per lavorare completamente online, sia con le piattaforme sia come psicologo privato. Questa è la sua testimonianza:
"È vero, all'inizio anche io ho avuto qualche dubbio dal punto di vista remunerativo. Pensavo che non fosse abbastanza valorizzante della professione. Con il tempo però poi mi sono accorta che a fronte di ciò, c'erano anche dei vantaggi: prima di tutto la possibilità di lavorare con pazienti che difficilmente avrei incontrato continuando nel percorso più tradizionale della terapia in presenza. Poi anche dal punto di vista più strettamente economico, è vero che dopo tanti anni di studio è giusto aspettarsi un compenso adeguato, ma io personalmente mi sono resa conto che alla fine, togliendo l’affitto e le altre spese per lo studio, riesco ad avere uno stipendio nell'insieme gratificante. Poi, è chiaro, ognuno ha le proprie esigenze e magari quello che per me è abbastanza, non lo è per un collega".
Cosa pensano gli psicologi delle piattaforme online
La terapia online è un altro "regalo" che ci ha lasciato la pandemia. Giusta o sbagliata che sia, ha il merito di aver facilitato l'acceso alla psicoterapia in un momento storico in cui ne avevamo profondamente bisogno. Non solo, potrebbe aver facilitato il primo contatto con la psicoterapia da parte di chi ne è un po' intimorito.
Tuttavia, anche tra gli stessi psicoterapeuti ci sono diverse opinioni rispetto alla terapia online. Nello specifico, abbiamo cercato di capire se queste piattaforme potessero avere dei limiti per gli stessi pazienti e se gli psicoterapeuti fossero completamente autonomi nel loro lavoro: "Ci forniscono delle indicazioni generali, ma poi il lavoro concreto con il paziente è affidato all’etica professionale del singolo psicologo. Se così non fosse stato, non avrei mai accettato", ci ha raccontato Marco.
Cosa chiedono le piattaforme ai loro psicoterapeuti
"All'inizio alcune di queste indicazioni possono sembrare delle forzature. Mi viene in mente l’utilizzo del tu con il paziente, a cui io ad esempio non era abituato. Però poi mi sono reso conto che potesse avere una sua utilità per accorciare la distanza con il paziente, connaturata al fatto di non essere in presenza".
Un'altra di queste indicazioni – prosegue Marco – riguarda il modo di relazionarsi al paziente nel momento in cui questo sembra si sta allontanando. "In questi casi, quando lavori da solo, sta a te, in base al tuo approccio personale, decidere se farti sentire o meno, invece da quando ho iniziato a collaborare, i miei responsabili mi hanno consigliato di cercare di mantenere il rapporto. Sia chiaro, nessuno ti impone niente, ma la raccomandazione c’è".
Consiglieresti la piattaforma per cui lavori a un amico?
Alla fine, con le dovute differenze, Marco e Sara ci hanno confermato di avere un giudizio positivo sul servizio offerto dalle piattaforme. Tuttavia, su alcuni aspetti particolari hanno un'opinione diversa. Marco non è convinto che il metodo predisposto per associare il paziente allo psicoterapeuta sia il più efficace. Questo si basa su un test che il paziente compila al momento dell'iscrizione alla piattaforma.
"Nel questionario il paziente risponde a una serie di domande che permettono di individuare l’area più conforme alle sue esigenze e altre di tipo di informazioni più prettamente organizzativo. L’algoritmo del sistema fa incontrare le richieste del paziente e le caratteristiche degli psicoterapeuti disponibili. In ogni caso, dopo il primo incontro conoscitivo gratuito, spetta al paziente decidere se proseguire o chiedere un nuovo incontro", spiega Sara, che ribadisce: "La mia esperienza, sia come psicologa che come lavoratrice, è assolutamente positiva".
Non la pensa esattamente allo stesso modo Marco: "Personalmente se io dovessi suggerire uno psicoterapeuta a un amico non gli consiglierei di affidarsi alle piattaforme, ma in generale gli non consiglierei di affidarsi al web per iniziare un percorso. Per me il problema non sono infatti le piattaforme, ma la scelta "casuale" dello psicologo. Preferirei invece consigliare il nome di un professionista che conosco già e che so essere preparato. Però mi rendo conto che non tutti hanno un amico psicologo a cui chiedere un consiglio".