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Covid 19

Variante Kraken dominante in Europa in 2 mesi: cosa sta succedendo e quali sono i rischi

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) evidenzia una rapida crescita della variante XBB 1.5 “Kraken”, che al momento ha numeri molto bassi ma potrebbe diventare dominante nelle prossime settimane. Cosa sappiamo su questa sottovariante di Omicron e quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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Particelle virali del coronavirus su cellula umana. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus su cellula umana. Credit: NIAID
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L'attuale ondata della pandemia di COVID-19 è guidata da un insieme di linee secondarie della variante di preoccupazione Omicron, emersa a novembre del 2021 in Sudafrica e divenuta rapidamente dominante, a causa del peculiare – e affollato – mix di mutazioni sulla proteina S o Spike, il gancio biologico che permette al coronavirus SARS-CoV-2 di legarsi alle cellule umane e infettarle. In questo momento i ceppi più presenti in Italia, come dimostrano i dati aggiornati all'11 gennaio dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Ministero della Salute, sono legati alla famiglia “Cerberus” (BQ.1.1), per un totale del 73 percento dei tamponi sottoposti a sequenziamento. Si tratta di una sottovariante figlia di Omicron BA.5, che alcune settimane addietro è stata presentata come quella più elusiva agli anticorpi neutralizzanti. Ma la "fama mediatica" di Cerberus è durata molto poco, perché a prendere il sopravvento sono state XBB “Gryphon” e in questi ultimi giorni XBB 1.5 “Kraken”, sottovarianti ricombinanti nate dalla ricombinazione dei lignaggi BA.2.10.1 e BA.2.75, a loro volta figli di Omicron 2. Kraken è quella che preoccupa di più gli esperti, a causa della rapidissima crescita negli Stati Uniti e della possibilità che possa diventare dominante in Europa entro un paio di mesi. Il virologo Fabrizio Pregliasco ha inoltre affermato a Fanpage.it che la variante ha alcune carte in regola per poter diventare in 1 o 2 mesi una nuova variante di preoccupazione a tutti gli effetti, seguendo Alpha, Beta, Gamma, Delta e Omicron. Ecco cosa sappiamo su Kraken e quali sono i rischi.

Innanzitutto è doveroso sottolineare che al momento, come specificato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) in un comunicato stampa, le valutazioni in merito al tasso di crescita di Kraken hanno un elevato grado di incertezza. Per due ragioni principali. La prima è che attualmente la variante è presente a livelli molto bassi nell'area dell'Unione Europea (in Italia si contano circa 10 casi, ad oggi), la seconda è che ciò che accade negli Stati Uniti non è detto che si rifletta anche dalle nostre parti. “La rapida crescita negli Stati Uniti non significa necessariamente che la variante diventerà dominante nell'UE/SEE, poiché durante la pandemia sono state osservate più volte importanti differenze nella circolazione delle varianti tra il Nord America e l'Europa”, specifica l'ECDC. Al netto di queste valutazioni, XBB 1.5 Kraken presenta comunque diverse caratteristiche peculiari che la rendono un osservato speciale da parte degli esperti. Il lignaggio è stato rilevato per la prima volta negli Stati Uniti il 22 ottobre del 2022 e, dopo un periodo di quiescenza, ha avuto una crescita esplosiva a dicembre, tanto da stupire molti esperti.

In base ai dati diffusi dai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) degli Stati Uniti, il tempo di raddoppio dei casi di Kraken è al momento di 9 giorni, dove al momento rappresenta poco meno del 30 percento di quelli complessivi (ma nelle aree degli USA orientali in cui è emersa per prima è arrivata anche al 75 percento). Il vantaggio di crescita rispetto alle altre varianti in Nord America è stimato nel 109 percento, mentre in Europa siamo al 113 percento, sebbene come specificato i numeri dei casi nei territori UE e SEE attualmente sono molto bassi. Basti sapere che delle 4.770 sequenze depositate presso la banca dati GISAID EpiCov relative a Kraken, oltre 4.100 fanno riferimento agli USA. Per quanto concerne i paesi Europei, quello più coinvolto è il Regno Unito con poco più di 200 casi, mentre per gli altri si tratta di numeri molto contenuti. Ma ciò non significa che la sottovariante non stia “sgomitando” per prendere lo scettro di ceppo dominante e anche di possibile nuova variante di preoccupazione, come evidenziato dal professor Pregliasco.

La ragione di questa crescita risiede soprattutto nel peculiare profilo delle mutazioni sulla sopracitata proteina S o Spike, che rendono Kraken particolarmente immunoevasiva, cioè in grado di eludere gli anticorpi neutralizzanti innescati sia da una precedente infezione naturale che dalla vaccinazione anti Covid (che resta comunque protettiva contro la COVID-19 grave, in particolar modo grazie ai booster aggiornati della quarta dose). Nel mirino degli esperti vi è soprattutto la mutazione S486P, combinata alla già evidente fuga immunitaria dimostrata da XBB Gryphon. È interessante notare che lo studio “Enhanced transmissibility of XBB.1.5 is contributed by both strong ACE2 binding and antibody evasion” condotto da scienziati dell'Istituto di Biofisica dell'Accademia Cinese delle Scienze, non ancora sottoposto a revisione paritaria, ha dimostrato che Kraken non è associata a una superiore capacità di ridurre la neutralizzazione operata dai sieri dei vaccinati e dei convalescenti rispetto a XBB.1. Ciò nonostante presenta una maggiore affinità con il recettore ACE2 sulle cellule umane, la “porta d'ingresso” cui si aggancia la proteina Spike per permettere l'invasione virale. Secondo gli scienziati sarebbe proprio questa superiore affinità a favorire la crescita di Kraken rispetto a Gryphon e alle altre. Al momento, comunque, il fatto che possa diventare predominante entro un paio di mesi è solo un'ipotesi. E anche se dovesse diventarlo, non dovrebbero verificarsi emergenze particolari.

È infatti doveroso sottolineare che, come specificato dall'ECDC, “al momento non sono disponibili informazioni sufficienti per valutare qualsiasi cambiamento nella gravità dell'infezione associata alla variante”. Dai dati raccolti ad oggi, tuttavia, non sembrerebbe provocare una COVID-19 più grave rispetto a quella scatenata da Omicron originale e dai ceppi discendenti, considerati meno aggressivi e più concentrati sulle alte vie respiratorie rispetto ai precedenti (ciò è dovuto anche al significativo grado di immunizzazione della popolazione, tra vaccini e infezioni naturali). Per quanto concerne i sintomi delle varie sottovarianti di Omicron, lo studio Zoe Covid del Regno Unito indica che attualmente i più diffusi sono mal di gola, naso che cola, naso chiuso, starnuti e tosse senza catarro.

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