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Vaccino anti Alzheimer efficace in laboratorio: riduce le placche e migliora il comportamento

Ricercatori giapponesi hanno dimostrato che un vaccino sperimentale anti Alzheimer è in grado di ridurre le placche di beta amiloide e l’infiammazione nel cervello, inoltre migliora il comportamento e la consapevolezza dei modelli murini trattati.
A cura di Andrea Centini
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Un vaccino sperimentale risulta efficace nel contrastare il morbo di Alzheimer in modelli murini (topi), determinando una serie di significativi benefici. Fra quelli osservati dai ricercatori figurano la riduzione delle placche di beta amiloide nel cervello; la diminuzione dell'infiammazione nel tessuto cerebrale; e un miglioramento nel comportamento e nella consapevolezza, probabilmente il dettaglio più significativo della nuova ricerca. In passato, del resto, altri vaccini sperimentali avevano dimostrato di essere in grado di eliminare le proteine “appiccicose” (la tau e la beta amiloide) che si accumulano nel cervello creando grovigli associati alla demenza e alla neurodegenerazione, tuttavia questa è la prima volta che si nota un significativo incremento della cognizione nei roditori. Poiché si tratta di una sperimentazione preclinica su modelli animali è ancora troppo presto per cantare vittoria, tuttavia se i risultati dovessero essere replicati anche nell'essere umano avremmo uno strumento potenzialmente efficace nella prevenzione e nel contrasto della diffusa patologia, che in base alle stime colpirà circa 150 milioni di persone in tutto il mondo entro il 2050.

A determinare l'efficacia del vaccino sperimentale anti Alzheimer è stato un team di ricerca giapponese guidato da scienziati della Juntendo University Graduate School of Medicine di Tokyo. I ricercatori, coordinati dal dottor Chieh-Lun Hsiao del Dipartimento di biologia e medicina cardiovascolare presso l'ateneo nipponico, per la sperimentazione hanno utilizzato un preparato progettato per "eliminare le cellule senescenti che esprimono la glicoproteina associata alla senescenza", note come SAGP.

Come specificato nel comunicato stampa presentato al congresso “Basic Cardiovascular Sciences Scientific Sessions 2023” della American Heart Association attualmente in corso di svolgimento a Boston, negli Stati Uniti, si tratta di un vaccino senolitico – cioè in grado di eliminare le cellule invecchiate o senescenti – che in altre indagini condotte su modelli murini ha dimostrato una significativa efficacia nel miglioramento di patologie legate all'età. Fra esse il diabete di tipo 2 e l'aterosclerosi, cioè l'accumulo di placche di colesterolo, calcio ed elementi cellulari nel lume delle arterie, che si irrigidiscono fino alla potenziale rottura. La condizione può portare a gravi patologie come infarto del miocardio, aneurisma e ictus cerebrale.

Alla luce dei risultati di precedenti studi, nei quali è stato anche dimostrato che le cellule senescenti ridotte dal vaccino sono espresse nelle cellule gliali dei pazienti con Alzheimer, il dottor Hsiao e colleghi hanno voluto testarli in topi con una forma di demenza assimilabile all'Alzheimer umano, per caratteristiche e conseguenze sul tessuto cerebrale. Il vaccino SAGP è stato testato su esemplari di 2 e 4 mesi. Dopo l'inoculazione i ricercatori hanno osservato miglioramenti significativi rispetto ai topi del gruppo di controllo (non trattati col vaccino ma con un placebo). Tra i benefici osservati si registrano la riduzione dei depositi di beta amiloide, in particolar modo nella corteccia cerebrale, che come spiegato dagli studiosi "è responsabile dell'elaborazione del linguaggio, dell'attenzione e della risoluzione dei problemi"; una riduzione dei biomarcatori legati all'infiammazione cerebrale; e un miglioramento comportamentale. Nello specifico, i ricercatori hanno osservato che i topi trattati col vaccino affrontavano il test del labirinto con maggiore consapevolezza dell'ambiente circostante, come i topi in salute. È interessante notare che i topi vaccinati sviluppavano anche ansia, una condizione che spesso manca nei pazienti con Alzheimer.

Tutti questi segnali suggeriscono che il vaccino SAGP possa essere un prezioso alleato contro la demenza, ma ovviamente dovranno esserne dimostrate la sicurezza e l'efficacia anche nell'essere umano con i trial clinici. “Se il vaccino potesse rivelarsi efficace negli esseri umani, sarebbe un grande passo avanti verso il rallentamento della progressione della malattia o addirittura la sua prevenzione”, ha chiosato il professor Hsiao. È doveroso sottolineare che il ruolo delle placche di beta amiloide e dei grovigli di proteina tau nel morbo di Alzheimer non sono ancora pienamente compresi e non è chiaro se possa trattarsi della causa o di una conseguenza, ma l'associazione è forte. Non a caso anche i primi farmaci che hanno dimostrato di rallentare il declino cognitivo – come l'anticorpo monoclonale donanemab – puntano a colpire proprio queste proteine appiccicose.

I ricercatori spiegano che le placche di beta amiloide si accumulano tra i neuroni interrompendo la funzione cellulare, portando anche a problemi vascolari e a una potenziale rottura della preziosa barriera emato-encefalica (che protegge il cervello da patogeni, tossine e altre sostanze dannose). Quando la barriera diventa difettosa il glucosio arriva con difficoltà e i meccanismi di rimozione della beta amiloide diventano inefficaci, catalizzando l'infiammazione e la progressione dell'Alzheimer. Col nuovo vaccino tutto questo potrebbe essere contrastato o addirittura prevenuto, ma ci vorrà molto tempo prima della sperimentazione clinica (i test sull'uomo). Alla fine del 2021 è iniziata la sperimentazione di un vaccino nasale anti Alzheimer negli Stati Uniti. I dettagli della nuova ricerca sono stati presentati durante il meeting della American Heart Association (AHA) in svolgimento a Boston.

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