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Covid 19

Vaccini Covid collegati a una “sindrome post-vaccinazione”: quali sono i sintomi e gli effetti sulla salute

Tra i sintomi più frequentemente segnalati da chi ha sviluppato questa sindrome ci sono nebbia mentale, vertigini, insonnia e un senso di affaticamento eccessivo, che possono diventare più gravi nei giorni successivi alla vaccinazione e persistere nel tempo. Ecco cosa è stato scoperto.
A cura di Valeria Aiello
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Un nuovo studio ha messo in luce una condizione debilitante cronica che si sviluppa dopo la vaccinazione anti-Covid, denominata “sindrome post-vaccinazione”: questa sindrome si manifesta con una serie di sintomi, tra cui nebbia mentale, vertigini, insonnia e affaticamento eccessivo, che possono diventare più gravi nei giorni successivi alla vaccinazione e persistere nel tempo. Di questa condizione, poco compresa e non riconosciuta dalle autorità mediche, si conosce ancora poco, ma i ricercatori che stanno indagando sul legame tra la somministrazione dei vaccini Covid e la comparsa di questi disturbi, provengono da un team scientifico noto per il suo lavoro rigoroso, guidato dall’immunologa Akiko Iwasaki dell’Università di Yale.

Secondo il nuovo studio, alcune persone colpite da questa sindrome sembrano mostrare cambiamenti biologici distinti, tra cui differenze nelle cellule immunitarie, il risveglio di un herpesvirus dormiente, chiamato virus di Epstein-Barr e la persistenza della proteina Spike del coronavirus nel sangue. Lo studio è online su MedRxiv e non è stato ancora pubblicato su una rivista scientifica. “Voglio sottolineare che questo lavoro è ancora nelle sue fasi iniziali ha spiegato Iwasaki – . Lo studio non ha determinato cosa sta facendo ammalare le persone, ma è un primo sguardo su cosa potrebbe succedere in queste persone”.

Lo studio sulla “sindrome post-vaccinazione” Covid, sintomi ed effetti sulla salute

Lo studio sulla sindrome post-vaccinazione ha preso in esame i dati del Listen to Immune, Symptom, and Treatment Experiences Now (LISTEN) dell’Università di Yale, una ricerca attraverso cui gli scienziati puntano a comprendere meglio long-Covid e condizioni persistenti dopo la vaccinazione anti-Covid: per l’analisi, gli studiosi hanno valutato il quadro clinico di 42 partecipanti al LISTEN, che hanno riportato sintomi di sindrome post-vaccinazione, quali affaticamento eccessivo, annebbiamento mentale, insonnia, vertigini e difficoltà nell’attività fisica, e lo hanno confrontato con quello di 22 individui che non hanno mostrato alcun sintomo dopo aver ricevuto un vaccino Covid.

In particolare, dal confronto dei campioni di sangue, è emerso che le persone con sindrome post-vaccinazione avevano differenze nelle cellule immunitarie (livelli più bassi di cellule T effettrici CD4+ e livelli più alti di cellule T TNF-alfa+ CD8, che sono due tipi di globuli bianchi) e anche nei livelli di anticorpi diretti contro il coronavirus Sars-Cov-2, probabilmente in relazione al numero di dosi di vaccino e le infezioni virali. Ciò che ha però sorpreso i ricercatori sono stati i livelli di proteina Spike nel sangue, che in alcune persone con sindrome post-vaccinazione, anche senza prove di infezione, erano più alti.

In genere, la proteina Spike può essere rilevata per alcuni giorni dopo la vaccinazione, ma alcune persone con sindrome post-vaccinazione avevano livelli rilevabili dopo più di 700 giorni dall’ultima vaccinazione – hanno osservato gli studiosi – . Non sappiamo se il livello di proteina Spike stia causando i sintomi cronici, perché c’erano alcune persone con sindrome post-vaccinazione che non avevano livelli di proteina Spike misurabili, ma potrebbe essere un meccanismo alla base di questa sindrome”.

Tra i possibili fattori scatenanti della sindrome post-vaccinazione, oltre alla persistenza della proteina Spike, i ricercatori stanno valutando i contributi dell’autoimmunità, del danno tissutale e della riattivazione del virus di Epstein-Barr. “Una persona potrebbe sviluppare sintomi cronici a causa della disregolazione immunitaria, mentre un’altra potrebbe sperimentare effetti persistenti dalla riattivazione virale – ha aggiunto la dottoressa Iwasaki – . Dobbiamo mappare attentamente questi diversi percorsi per capire cosa stia accadendo in ogni caso. Questo lavoro è solo all’inizio e ulteriori studi sono essenziali per guidare la diagnosi e il trattamento”.

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