Va in ospedale perché si sente confuso, ma aveva un’overdose da medicina omeopatica per un errore del produttore
È un caso che fa riflettere quello di un uomo di 53 anni che si è presentato al pronto soccorso dell’ospedale Rechts der Isar di Monaco di Baviera, in Germania, con sintomi come confusione, ansia e debolezza muscolare, ma che ha poi scoperto che stava sperimentando i segni di un’overdose da atropina, un alcaloide contenuto in un preparato omeopatico assunto poco prima dall’uomo e che, per errore, non era stato diluito correttamente dal produttore.
Gli esami, hanno spiegato i medici che lo hanno preso in cura, mostravano “un livello sierico di solfato di atropina 5,7 ng/ml nel sangue del paziente” mentre le analisi condotte sul preparato omeopatico hanno rivelato “concentrazioni di circa 3 mg/ml di solfato di atropina, dimostrando un sovradosaggio di atropina di 600 volte”. Il rapporto del caso, pubblicato sulla rivista Clinical Toxicology, sottolinea come questo tipo di errori di produzione, rari ma potenzialmente pericolosi, non debbano essere sottovalutati in presenza di sintomi che si verificano dopo l’assunzione di rimedi omeopatici.
Quasi un paradosso per chi crede nell’omeopatia e che, erroneamente, ritiene che le sostanze che causano sintomi specifici in persone sane possano essere usate per trattare sintomi simili in pazienti non sani (similia similibus curantur, letteralmente “i simili si curano coi simili”). Secondo gli omeopati, più una sostanza è diluita, più è “potente” e migliore nel trattamento dei pazienti.
Ecco perché il caso dell’uomo che ha riportato un’overdose da atropina dopo aver assunto un rimedio omeopatico è un doppio controsenso: anziché essere presente in una quantità fortemente diluita – che non avrebbe avuto alcuna efficacia (se non effetto placebo) nel trattare una patologia di qualsivoglia tipo – il “principio omeopatico” aveva una concentrazione 600 volte superiore a quella dichiarata, esponendo il 53enne ai rischi potenzialmente fatali dell’atropina, un alcaloide estratto dall’Atropa belladonna, più conosciuta come belladonna, una pianta erbacea utilizzata già ai tempi degli antichi romani per creare frecce avvelenate.
Fortunatamente, l’uomo aveva assunto solo una volta il preparato (30 gocce) e si è ripreso nelle successive 12 ore senza necessità di intervento medico. “Vorremmo ricordare ai clinici di informarsi anche sui farmaci alternativi che possono essere stati assunti dai pazienti e di essere vigili nei casi di insorgenza di sintomi legati a preparati omeopatici o olistici – hanno aggiunto i medici nel rapporto sul caso – . Quando si ricorre a rimedi omeopatici, è preferibile utilizzare preparati originali di produttori di farmaci affidabili”.