Uragano Otis, da tempesta a mostro di classe 5 in 12 ore: “Scenario da incubo” mai visto prima
Nei giorni scorsi, nel cuore dell'Oceano Pacifico orientale, è accaduto qualcosa che non era mai stato osservato prima: una “semplice” tempesta tropicale, con venti compresi tra i 64 e i 118 chilometri orari, in sole 12 ore si è trasformato in un colossale uragano di categoria 5, la più potente in assoluto. Otis, questo il nome assegnato alla violenta perturbazione atmosferica, si è abbattuto con venti fino a 265 chilometri orari sulla costa del Messico, devastando la magnifica città turistica di Acapulco nello Stato di Guerrero. La distruzione è stata tale che i palazzi investiti dalla violenza di Otis sembrano essere stati bombardati. Nel momento in cui stiamo scrivendo si contano circa cinquanta morti e danni ingentissimi.
Gli effetti dell'uragano erano stato ampiamente previsti dagli scienziati del National Hurricane Center e del Central Pacific Hurricane Center della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l'agenzia federale statunitense che si occupa di monitorare e studiare fenomeni climatici, atmosferici e oceanici. In un comunicato stampa pubblicato martedì 24 ottobre i meteorologi avevano preannunciato uno “scenario da incubo” – letteralmente – per il Messico meridionale, con venti potenzialmente letali e danni catastrofici, anche a causa di inondazioni provocate da onde gigantesche, frane e smottamenti nelle alture allagate. Le previsioni dopo la formazione del mostro sono state corrette, come evidenziano le drammatiche immagini dell'area metropolitana di Acapulco investita dall'energia incontenibile di Otis.
Ciò che non era possibile prevedere, era la formazione di evento atmosferico così violento in appena mezza giornata. Da quando esistono i sistemi di rilevazione satellitare, infatti, un'intensificazione così rapida in un intervallo di tempo così ristretto non era mai stata osservata prima nel Pacifico Orientale. Come spiegato in un articolo su The Conversation dal professor Ravindra Jayaratne, docente di Ingegneria Costiera presso l'Università di Londra Orientale (Regno Unito), un uragano con le caratteristiche come Otis potrebbe manifestarsi una volta ogni diversi millenni, pertanto i dati storici per alimentare i modelli climatici predittivi sono semplicemente incompleti o inconsistenti. “Non sappiamo quando una tempesta del Pacifico orientale si è trasformata per l’ultima volta in un uragano di categoria 5 da un giorno all’altro – nel caso fosse già accaduto – ma certamente è successo prima dei moderni satelliti e delle boe meteorologiche. I nostri modelli faticano a spiegare questi ‘eventi che si verificano ogni 1.000 anni' perché semplicemente non li abbiamo mai osservati prima”, ha chiosato l'esperto.
Ciò che deve far riflettere è il fatto che abbiamo visto per la prima volta un uragano come Otis proprio adesso, nel cuore di una drammatica crisi climatica che è a un passo dallo scatenare i suoi effetti più distruttivi e irreversibili. Basti sapere che un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change ha appena previsto che supereremo un riscaldamento di 1,5 °C rispetto all'epoca preindustriale già entro il 2029, tra circa 6 anni. Si tratta della soglia critica oltre la quale ci attendono le conseguenze peggiori e irreversibili del cambiamento climatico. I fenomeni atmosferici sempre più violenti e distruttivi come gli uragani saranno sempre più frequenti, proprio perché l'aumento delle temperature degli oceani ne alimenta la formazione e la capacità distruttiva.
“Il legame tra il cambiamento climatico e l’intensificazione degli uragani, insieme ad altri fattori come le forti precipitazioni o le alte maree, sta diventando sempre più chiaro”, ha spiegato il professor Jayaratne. “Con l’alterazione dei modelli meteorologici consolidati, sta diventando ancora più difficile prevedere il comportamento delle tempeste e la loro intensificazione. I dati storici potrebbero non fungere più da guida affidabile”, ha aggiunto l'esperto, sottolineando la necessità di rivedere i modelli predittivi proprio alla luce dei mutamenti repentini che stiamo vivendo. “L’uragano Otis ci ha ricordato in modo netto e immediato l’inadeguatezza dei nostri attuali strumenti predittivi di fronte al rapido cambiamento climatico e agli eventi meteorologici sempre più estremi. L’urgenza di adattarsi e innovare nel campo delle previsioni meteorologiche non è mai stata così grande”, ha chiosato l'esperto. Ma se continueremo a inondare l'atmosfera di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti, non ci sarà modello predittivo a tutelarci dagli eventi più catastrofici che noi stessi stiamo catalizzando.