Uomo infettato dal virus dell’influenza aviaria senza contatti con animali malati: com’è possibile
Un uomo adulto del Missouri, negli Stati Uniti, è risultato positivo al virus dell'influenza aviaria A (H5) e ricoverato in ospedale lo scorso 22 agosto. Lo hanno confermato i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e il Department of Health and Senior Services (DHSS) dello stato americano, dopo aver analizzato in laboratorio i campioni biologici del paziente. L'uomo, che aveva patologie sottostanti, è stato curato con farmaci antivirali, è guarito ed è stato già dimesso dall'ospedale. Ciò che preoccupa gli esperti risiede nel fatto che l'uomo è stato contagiato dal patogeno dell'aviaria senza aver avuto alcun contatto con uccelli o altri animali infetti, sia vivi che morti.
È il primo caso di influenza aviaria H5 riscontrato nell'uomo negli USA senza collegamenti certi alla fauna positiva. Serpeggia dunque la possibilità che il virus possa essere stato trasmesso da uomo a uomo, sebbene ad oggi gli scienziati considerino tale patogeno “non bravo” ad infettare e trasmettersi tra le persone. Del resto circola da decenni in modo molto significativo tra gli altri animali, eppure ad oggi non si è diffuso efficacemente nell'essere umano, pur avendo dato vita a sporadici casi. Tuttavia non si può escludere l'emersione di una mutazione casuale in grado di rendere efficace il contagio. Non a caso secondo un elenco aggiornato dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l'aviaria è inclusa tra le trenta malattie che potrebbero dar vita a una futura pandemia, in “buona compagnia” assieme a dengue, chikungunya, febbre da virus West Nile, vaiolo delle scimmie e altre. Secondo il virologo Robert Redfield, ed ex direttore dei CDC, una pandemia di aviaria non è questione di se, ma di quando. Un enorme problema sanitario, considerando che la mortalità potrebbe arrivare al 50 percento.
Ma torniamo al caso dell'uomo positivo in Missouri. Come indicato, è il primo degli USA a non essere collegato ad animali infetti. Nel 2024 negli USA sono stati 14 casi di aviaria H5 tra le persone, dei quali 13 associati agli allevamenti. In particolar modo, da quest'anno e per la prima volta il virus dell'influenza aviaria ad alta patogenicità H5N1 HPAI si è diffuso negli allevamenti di mucche da latte negli USA, un evento che ha stupito i virologi, che credevano che questi animali fossero protetti, come aveva spiegato a Fanpage.it la virologa Ilaria Capua. Sono circa 200 le mandrie colpite in 14 stati americani, ma il Missouri non è coinvolto. Laddove presente, il virus è riuscito a passare dagli animali infetti ad alcuni allevatori, che hanno sviluppato sintomi influenzali, congiuntivite e simili. Le persone possono infettarsi entrando in contatto con gli animali positivi o con gli oggetti da loro contaminati. Ma come indicato, nel caso dell'uomo del Missouri non è emerso alcun collegamento con la fauna, sia selvatica che da allevamento.
Il virus H5N1 sta circolando in modo significativo soprattutto negli allevamenti di pollame e altri volatili di interesse commerciale; dalla fine del 2021 è in corso una pandemia a livello globale che ha portato alla morte di centinaia di milioni di esemplari (tra uccisi dal virus e abbattuti per scopi preventivi), inoltre ha sterminato colonie di uccelli marini selvatici e si sta diffondendo in un gran numero di animali diversi, compresi mammiferi. Recentemente è stato comunicato anche il primo decesso di un orso polare. Il virus, fra l'altro, sta facendo strage di gatti (il 64 percento di quelli infettati muore).
Nel caso del Missouri non è ancora noto se l'uomo sia stato infettato dal virus dell'influenza aviaria A (H5N1) HPAI, cioè ad alta patogenicità, perché i test di laboratorio non hanno ancora identificato la neuraminidasi (la lettera N) nel campione del paziente. Quindi al momento non sappiamo né se si tratti di H5N1 (ad esempio in Messico è morto un uomo per un ceppo di H5N2), né se il virus abbia sviluppato una potenziale mutazione in grado di favorire la trasmissione interumana. Ma lo scopriremo presto. Ciò che è certo è che il sistema di sorveglianza non ha rilevato alcun caso positivo tra i contatti stretti dell'uomo, un dato rassicurante circa l'emersione di un potenziale focolaio.
“La domanda ora è: come ha contratto l'infezione questo paziente? Abbiamo bisogno di un'indagine molto, molto approfondita”, ha affermato alla NBCNews il dott. William Schaffner, infettivologo presso il Vanderbilt University Medical Center di Nashville. I risultati di questo lavoro sono considerati di estremo interesse dagli esperti, proprio alla luce dei possibili rischi pandemici legati ai virus dell'influenza aviaria. Al momento, comunque, in base ai dati disponibili, i CDC reputano basso il rischio per la popolazione generale legato al virus H5N1.