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Una diffusa dieta per perdere peso associata a un rischio più alto di diabete: com’è possibile

Un team di ricerca australiano ha scoperto un’associazione tra le diete a basso contenuto di carboidrati e un rischio superiore di sviluppare il diabete di tipo 2. Cosa raccomandano gli esperti.
A cura di Andrea Centini
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Potrebbe sembrare assurdo, ma uno studio ha determinato che le diete a basso contenuto di carboidrati, normalmente considerate salutari ed efficaci per perdere peso, a lungo termine sono in realtà associate a un rischio superiore di sviluppare il diabete di tipo 2. Gli autori della ricerca sottolineano che una dieta con pochi carboidrati è fondamentale per il controllo della glicemia in chi soffre della malattia del "sangue dolce", ma per la prevenzione della patologia è possibile fare un discorso differente. In pratica, si evidenzia l'importanza di seguire un modello alimentare bilanciato, senza lasciare nutrienti importanti fuori dall'equazione. Proprio per questo è fondamentale affidarsi a esperti della nutrizione e dietologi, senza seguire mode e il pericoloso fai da te. La dieta mediterranea, patrimonio orale e immateriale dell'umanità dell'UNESCO dal 2010, è considerata tra le più salutari in assoluto proprio perché equilibrata e con pochissima carne rossa o lavorata.

A determinare che una dieta a basso contenuto di carboidrati può aumentare il rischio di diabete di tipo 2 a lungo termine è stato un team di ricerca australiano guidato da scienziati della Facoltà di Scienze Cliniche dell'Università Monash, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Fra quelli coinvolti la Facoltà di Scienze della Salute e Biomediche dell'Università RMIT, la Divisione di epidemiologia del cancro del Cancer Council Victoria e il Centro per l'epidemiologia e la biostatistica dell'Università di Melbourne. I ricercatori, coordinati dai professori Barbora De Courten e Robel Hussen Kabthymer del Dipartimento di Medicina dell'ateneo australiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente i dati di oltre 41.000 persone coinvolte nel Melbourne Collaborative Cohort Study (MCCS) tra il 1990 e il 1994. I partecipanti, che all'inizio dello studio avevano tra i 40 e i 69 anni, sono stati sottoposti a questionari alimentari riproposti anche in sessioni successive, tra il 1995 e il 1998 e tra il 2003 e il 2007.

Per ciascun partecipante i ricercatori hanno calcolato un punteggio dietetico legato all'assunzione di energia in base al contenuto di grassi, proteine e carboidrati. “Più alto era il punteggio, minore era la percentuale di carboidrati che contribuiva all'assunzione di energia”, hanno spiegato De Courten e colleghi nell'abstract dello studio. È stato preso in considerazione anche il BMI (Body Mass Index), l'indice di massa corporea dei volontari. Incrociando tutti i dati è emerso che coloro che avevano un punteggio di dieta a basso contenuto di carboidrati (LCD) più alto, quindi con meno energia assunta dai carboidrati, avevano un rischio superiore di sviluppare il diabete di tipo 2. Più nello specifico, è stato determinato che, tenendo presente anche il BMI, chi si trovava nel quinto quintile, con il 38 percento di energia legata ai carboidrati, aveva un rischio di diabete di tipo 2 più elevato del 20 percento rispetto a chi si trovava nel primo quintile, ovvero con il 55 percento di energia assunta tramite i carboidrati. In parole semplici, minore energia veniva assunta dai carboidrati, superiore risultava il rischio di sviluppare la malattia del sangue dolce.

Com'è possibile che una dieta con basso contenuto di carboidrati possa esacerbare il rischio di diabete di tipo 2, che è legato proprio a una disfunzione metabolica nel controllo degli zuccheri? Gli studiosi sottolineano che una dieta sana e bilanciata “è fondamentale per la prevenzione e la gestione del diabete di tipo 2”, ma una dieta raccomandata per prevenire il diabete può essere diversa da quella raccomandata per gestire la malattia (cioè con pochi carboidrati). Gli autori dello studio hanno osservato che chi tendeva ad assumere meno carboidrati consumava anche meno fibre e più proteine e grassi, che sfociavano in una tendenza ad avere un BMI più elevato. In parole semplici, gli studiosi suggeriscono che a lungo termine le diete con pochi carboidrati possono portare a un aumento di peso e catalizzare il rischio di diabete.

Chiaramente non viene nemmeno raccomandata la famigerata dieta chetogenica, quella ad alto contenuto di carboidrati tanto di moda, che un recente studio condotto dall'Università di Bath ha associato a un rischio superiore di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e sindrome dell'intestino irritabile, tra le varie condizioni rilevate. Il metodo migliore per prevenire le malattie metaboliche è dunque seguire una dieta sana e bilanciata, chiosano gli autori dello studio. È doveroso sottolineare che lo studio australiano è di associazione e non fa emergere rapporti di causa – effetto, pertanto gli stessi autori sottolineano la necessità "di ulteriori studi, tra cui sperimentazioni cliniche che indaghino gli effetti di una dieta a basso contenuto di carboidrati nel diabete di tipo 2". I dettagli della ricerca “Ketogenic diet but not free-sugar restriction alters glucose tolerance, lipid metabolism, peripheral tissue phenotype, and gut microbiome: RCT” sono stati pubblicati su Cell Reports Medicine.

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