Una dieta che simula il digiuno intermittente fa perdere peso e riduce le attività cerebrali legate all’obesità
Nel panorama delle diete che stanno guadagnando importanza come strategie efficaci per dimagrire, in alternativa al sempre più famoso e controverso digiuno intermittente, il modello alimentare della restrizione calorica intermittente (intermittent energy restriction, IER) sembra mostrare vantaggi non solo in termini di perdita di peso ma anche nella riduzione delle attività cerebrali legate all’obesità. Noto anche come dieta “mima digiuno”, l’approccio della restrizione calorica intermittente prevede l’alternanza di giorni di apporto calorico limitato a giorni di alimentazione normale, secondo schemi in cui la restrizione può essere applicata in diversa misura.
Un nuovo studio, in particolare, ha valutato gli effetti della combinazione di diversi schemi – restrizione calorica altamente controllata per 32 giorni (una dieta pari 2/3, 1/2, 1/3 e 1/4 del normale apporto calorico a giorni alterni per 7-8 giorni, rispettivamente) e restrizione calorica a basso controllo per 30 giorni (600 kcal/giorno per gli uomini e 500 kcal/giorno per le donne a giorni alterni) – in 25 adulti obesi (età media 27 anni e BMI compreso tra 28 e 45 kg/m2) per rilevare la perdita di peso e i cambiamenti nell’attività cerebrale.
I risultati della strategia, appena pubblicati in un articolo di ricerca sulla rivista Frontiers in Cellular and Infection Microbiology, hanno mostrato non solo che i partecipanti allo studio hanno perso 7,6 kg in media (il 7,8% del peso corporeo), con riduzione del grasso corporeo e del punto vita, ma che c’erano prove di cambiamenti nell’attività delle regioni del cervello legate all’obesità.
Queste regioni cerebrali, hanno spiegato gli studiosi, sono implicate nella regolazione dell’appetito e della dipendenza dal cibo, e la loro variazione è risultata “strettamente legata nel tempo” ad alcuni cambiamenti osservati nel microbioma intestinale, suggerendo una complessa interazione dell’asse cervello-intestino-microbioma. “Abbiamo dimostrato che una dieta di restrizione calorica intermittente cambia l’asse cervello-intestino-microbioma umano” ha affermato il dottor Qiang Zeng, ricercatore dell’Istituto di gestione sanitaria del Centro nazionale di ricerca clinica per le malattie geriatriche in Cina e autore senior dello studio.
Gli effetti della dieta di restrizione calorica intermittente
Perdere peso in modo permanente non è facile, non solo per le difficoltà che possono manifestarsi nel gestire la sensazione di fame e l’irritabilità nelle prime settimane di dieta ma anche per le complesse interazioni tra i diversi sistemi dell’organismo – come la fisiologia intestinale, gli ormoni e il cervello – che agiscono contro questo processo. Come detto, la restrizione calorica intermittente o dieta “mima digiuno”, in cui giorni di alimentazione con apporto calorico controllato si alternano a giorni di alimentazione normale, si sta però dimostrando un metodo efficace nella riduzione del peso corporeo – una recente revisione ha indicato una perdita di peso media di circa 0,2-0,8 kg a settimana – ma anche una strategia valida nel ridurre le comorbilità legate all’obesità come ipertensione, iperlipidemia e disfunzione epatica.
Oltre a ciò, i ricercatori hanno osservato che gli approcci di restrizione calorica intermittente sono collegati ad alcune variazioni all’interno del microbioma intestinale associate a cambiamenti di attività nelle regioni del cervello implicate nella regolazione della fame e della dipendenza dal cibo. Nello specifico, nell’ambito dello studio appena pubblicato, i ricercatori hanno rilevato che l’abbondanza dei batteri Faecalibacterium prausnitzii, Parabacteroides distasonis e Bacterokles uniformis è aumenta notevolmente, mentre quella di Escherichia coli tende a diminuire.
“L’abbondanza di batteri come E. coli, Coprococcus ed Eubacterium hallii è associata negativamente all’attività della circonvoluzione orbitale frontale inferiore sinistra del cervello, nota per svolgere un ruolo chiave nelle funzioni esecutive, inclusa la nostra volontà di perdere peso – hanno precisato gli studiosi in una nota – . Al contrario, l’abbondanza dei batteri P. distasonis e Flavonifractor plautii è correlata positivamente con l’attività delle regioni cerebrali associate all’attenzione, all’inibizione motoria, all’emozione e all’apprendimento”.
Questi risultati, nel complesso, suggeriscono che i cambiamenti nel microbioma e nel cervello, durante e dopo la perdita di peso, siano collegati – o perché dipendono uno dall’altro, oppure perché un meccanismo non noto li causa entrambi. “Si pensa che il microbioma intestinale comunichi con il cervello in modo complesso e bidirezionale – ha aggiunto il dottor Xiaoning Wang dell’Istituto di geriatria di Pechino e coautore dello studio – . Il microbioma produce neurotrasmettitori e neurotossine che accedono al cervello attraverso i nervi e la circolazione sanguigna. In cambio, il cervello controlla il comportamento alimentare, mentre i nutrienti della nostra dieta modificano la composizione del microbioma intestinale”.
Lo studio, tuttavia, non ha risolto il tema della direzionalità della causa sottostante, aprendo a nuove ricerche volte a identificare il meccanismo attraverso il quale il microbioma intestinale e il cervello comunicano, anche durante la perdita di peso. “Quali specifici microbiomi intestinali e regioni cerebrali sono fondamentali per perdere peso con successo e mantenere un peso sano? – si chiedono gli studiosi – . Ad oggi abbiamo descritto cambiamenti dinamici a breve termine indotti dalla restrizione calorica intermittente, identificando le regioni del cervello e le specie batteriche intestinali differenzialmente abbondanti che rispondono a questa strategia alimentare. La prossima domanda a cui rispondere sarà comprenderne il meccanismo dietro la loro interazione”.