Una bambina con la SMA è stata trattata prima ancora di nascere: non era mai successo

Per la prima volta una bambina affetta da atrofia muscolare spinale (SMA) è stata curata mentre era ancora nella pancia della madre. È successo negli Stati Uniti, dove i medici del St. Jude Children's Research Hospital di Memphis, nel Tennessee, le hanno somministrato in fase prenatale il risdiplam, uno dei trattamenti riconosciuti dalla Fda (Food and Drug Administration) per la cura della malattia nei neonati.
Oggi, la bambina ha due anni e mezzo e non mostra caratteristiche identificabili della malattia. Il suo caso è stato oggetto di uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista New England Journal of Medicine: "I nostri obiettivi principali erano fattibilità, sicurezza e tollerabilità, quindi siamo molto contenti di vedere che la madre e il bambino stanno bene", ha spiegato l'autore principale dello studio, il dottore Richard Finkel, aggiungendo che, dati i risultati ottenuti sulla prima paziente, "varrebbe la pena continuare a studiare l'uso dell'intervento prenatale per la Sma".
Cos'è la SMA: colpisce un neonato su 11.000
La SMA è una malattia neuromuscolare che colpisce circa un neonato su 11.000 e costituisce una delle prime cause genetiche di morte neonatale. Nella sua forma più grave, la Sma di tipo 1 (SMA-1), la stessa da cui era affetta la bambina protagonista di questo studio, causa una progressiva debolezza muscolare che può portare alla morte.
Questa forma di SMA si manifesta entro i primi mesi di vita o già prima della nascita, con una riduzione die movimenti fetali ed è causata dall'assenza o conversione nel gene SMN2 del gene SMN1, che la proteina SMN (Survival Motor Neuron), essenziale per la funzionalità dei motoneuroni, ovvero le cellule nervose responsabili dei movimenti dei muscoli. Nelle forme più gravi, come in questo caso, i bambini sono privi di entrambi le copie di SMN1. Da pochi anni però sono disponibili alcuni trattamenti, riconosciuti dalla Fda, che "hanno dimostrato – spiega l'ospedale che ha curato la bambina – un miglioramento della sopravvivenza e della funzione motoria nei neonati, soprattutto se somministrati subito dopo la nascita prima che inizino i sintomi, ma non è una cura".
Il caso della bambina
I genitori della piccola, entrambi portatori di mutazioni genetiche associate alla SMA, avevano già perso un bambino affetto dalla stessa malattia, morto a 16 mesi, non essendo allora disponibile nessun trattamento. Così quando hanno scoperto dai risultati dell'amniocentesi che la futura bambina molto probabilmente sarebbe nata con la SMA-1 (il feto non aveva copie del gene del motoneurone di sopravvivenza SMN1, oltre alla nota storia di familiarità con la malattia), sono stati loro stessi a suggerire ai medici di iniziare una delle terapie farmacologiche disponibili per i neonati ancor prima della nascita. La proteina SMN – spiegano i ricercatori – è infatti necessaria soprattutto nel terzo trimestre dello sviluppo del feto e nei primi tre mesi dopo la nascita.
I medici hanno quindi avviato un protocollo clinico, approvato dalla FDA, per studiare gli effetti della somministrazione in fase prenatale del risdiplam, un farmaco che – spiega Quotidiano Sanità – si basa su una piccola molecola che agisce sul gene SMN2 in modo che produca più proteina SMN. Dopo la nascita, alla bambina sono state diagnosticate tre anomalie dello sviluppo, che le hanno causato dei ritardi nello sviluppo, ma i ricercatori ritengono che queste si siano formate prima dell'inizio della terapia con risdiplam. La bambina oggi ha due anni e mezzo e continua a essere monitorata dagli esperti del St.Jude, ma non mostra segni identificabili di atrofia muscolare spinale.