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Un sonnifero ha ridotto i livelli delle proteine associate all’Alzheimer: speranze per una terapia

In un piccolo studio condotto con 38 partecipanti è stato dimostrato che il suvorexant, un sonnifero, ha ridotto i livelli di beta amiloide e tau, due proteine associate al morbo di Alzheimer. Per gli scienziati è “un buon segno”
A cura di Andrea Centini
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Un nuovo studio ha dimostrato che un comune sonnifero – chiamato suvorexant – approvato per il trattamento dell'insonnia è in grado di ridurre i livelli di beta-amiloide e tau, due proteine “appiccicose” che si accumulano nel cervello e sono fortemente associate alla neurodegenerazione – la morte dei neuroni – che determina il morbo di Alzheimer, la principale forma di demenza al mondo. Non è ancora chiaro quale sia il ruolo effettivo di queste proteine nell'insorgenza e nell'evoluzione della malattia, tuttavia risulta evidente un legame con il sonno, dato che dormire poco e male favorisce cambiamenti dannosi per il cervello, mentre l'Alzheimer a sua volta catalizza l'insonnia. Un vero e proprio “circolo vizioso”, come rilevato dagli autori della nuova ricerca, che potrebbe essere interrotto grazie all'impiego di farmaci che favoriscono il sonno, sebbene sia ancora troppo presto per giungere a conclusioni. C'è tuttavia la speranza di un trattamento che possa prevenire il declino cognitivo e le sue drammatiche conseguenze, come la perdita della memoria e la confusione mentale, caratteristiche della demenza.

A scoprire che due dosi del sonnifero suvorexant – già approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) – sono in grado di ridurre i livelli di beta amiloide e proteina tau è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati della Scuola di Medicina dell'Università Statale di Washington, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Tracy Family SILO Center, del Center on Biological Rhythms and Sleep e del Biomolecular Analytical Research and Development di Milliporesigma. I ricercatori, coordinati dal professor Brendan Lucey, docente presso il Dipartimento di Neurologia e direttore dello Sleep Medicine Center dell'ateneo di Saint Louis, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un piccolo studio con 38 partecipanti (età compresa tra 45 e 65 anni) non affetti da declino cognitivo. I partecipanti, seguiti per due notti, sono stati divisi in tre gruppi: al primo, composto da 13 persone, sono state somministrate due dosi (una per notte) di suvorexant da 10 milligrammi; al secondo da 12 persone due dosi da 20 milligrammi; al terzo, il gruppo di controllo, è stato dato un placebo. Attraverso una puntura lombare i ricercatori hanno prelevato una piccola dose di liquido cerebrospinale ogni due ore per 36 ore, iniziando un'ora prima della somministrazione del farmaco o del placebo.

Il professor Lucey e colleghi hanno analizzato i cambiamenti nei livelli di beta amiloide e proteina tau nel liquido cerebrospinale – conosciuto anche come fluido cefalorachidiano o liquor – presente nel sistema nervoso. Gli scienziati hanno osservato che nei partecipanti trattati col sonnifero è stata rilevata una riduzione di del 10 – 20 percento di amiloide e del 10 – 15 percento di tau iperfosforilata. È un calo statisticamente significativo. Il suvorexant è un inibitore dell'orexina, una molecola legata alla veglia. Questa riduzione è stata definita come un “buon segno”, dato che “i livelli più alti di tali proteine sono legati al peggioramento della malattia”. Mentre l'amiloide è rimasta bassa, la tau iperfosforilata è aumentata tra la prima e la seconda notte, ma la seconda dose l'ha fatta scendere nuovamente.

“Questo è un piccolo studio proof-of-concept. Sarebbe prematuro per le persone che sono preoccupate di sviluppare l'Alzheimer interpretarlo come un motivo per iniziare a prendere suvorexant ogni notte”, ha dichiarato il professor Lucey in un comunicato stampa. “Non sappiamo ancora se l'uso a lungo termine sia efficace nel prevenire il declino cognitivo, e se lo fosse, a quale dose e per chi. Tuttavia, questi risultati sono molto incoraggianti. Questo farmaco è già disponibile e si è dimostrato sicuro, e ora abbiamo la prova che influisce sui livelli di proteine che sono fondamentali per guidare l'Alzheimer”, ha aggiunto lo scienziato. I ricercatori sottolineano che se si riesce a ridurre l'amiloide ogni giorno e la tau iperfosforilata – che è legata alla formazione dei grovigli nel cervello e alla morte dei neuroni – potrebbe essere impedito l'accumulo di queste proteine appiccicose nel cervello e la neurodegenerazione.

Come spiegato dagli stessi autori dello studio, tuttavia, non è certo il momento di fiondarsi in farmacia a prendere sonniferi se si teme la demenza; uno dei motivi è anche legato al fatto che questi farmaci, pur favorendo il sonno, non sempre danno quello “profondo”, che sarebbe maggiormente associato all'opera di ‘pulizia' quotidiana nel cervello che elimina scorie ed altri elementi potenzialmente dannosi. Inoltre l'associazione tra queste proteine e l'Alzheimer ancora non è chiaro. La cosa migliore che si può fare, al momento, è sicuramente cercare di dormire bene e per il numero di ore raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la propria fascia di età. I dettagli della ricerca “Suvorexant Acutely Decreases Tau Phosphorylation and Ab in the Human CNS” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Annals in Neurology.

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