Un prezioso aiuto contro i tumori dai “super poteri” dei tardigradi: la scoperta di un nuovo studio

I tardigradi, comunemente conosciuti come orsi d'acqua, sono tra gli esseri viventi più resistenti in assoluto e ora il loro “super potere” potrebbe essere utilizzato nella lotta contro i tumori. Una proteina prodotta da queste minuscole creature chiamata Dsup – da Damage suppressing, letteralmente soppressione dei danni – ha infatti dimostrato di proteggere cellule umane e modelli murini (topi) dal bombardamento di radiazioni, tra i trattamenti privilegiati contro il cancro. La radioterapia, basata su radiazioni ionizzanti come i raggi X, non solo è molto efficace nell'uccidere le cellule cancerose, ma può essere dannosa anche per le cellule e i tessuti sani; la tossicità di certe terapie è legata proprio all'impatto sul DNA delle cellule sane – che ne rompe i filamenti – sfociando in severi effetti collaterali; possono essere talmente pesanti da costringere i pazienti a interrompere le terapie salvavita. È proprio in questo contesto che entra in gioco la proteina Dsup: inserendola tramite RNA messaggero (mRNA) nelle cellule umane, infatti, è possibile proteggere il loro DNA dalle radiazioni, riducendo sensibilmente la tossicità della radioterapia. L'efficacia di questo “scudo” contro i raggi X è stato evidenziato in studi preclinici preliminari è c'è la concreta speranza che possa offrire dei benefici ai pazienti oncologici, anche se la strada per arrivare a un eventuale terapia sarà ancora molto lungo.
A dimostrare che è possibile proteggere le cellule sane dalla tossicità della radioterapia grazie a una proteina dei tardigradi è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del Brigham and Women’s Hospital e della Scuola di Medicina dell'Università di Harvard, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Fra quelli coinvolti i dipartimenti di radioterapia e ingegneria Biomedica dell'Università dell'Iowa, l'Holden Comprehensive Cancer Center, l'Istituto David H. Koch per la ricerca integrativa sul cancro del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e altri. I ricercatori, coordinati dal professor Giovanni Traverso, docente presso la Divisione di Gastroenterologia del nosocomio di Boston, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto alcuni esperimenti su cellule umane in coltura e topi esposti alle radiazioni. Si sono concentrati sulla proteina Dsup dei tardigradi perché è proprio grazie ad essa che queste minuscole creature riescono a resistere a dosi di radiazioni circa mille volte più alte di quelle che ucciderebbero una persona. Questa proteina, infatti, legandosi al DNA impedisce alle radiazioni e ai radicali idrossilici che ne derivano di rompere uno o entrambi i filamenti del DNA, generando una sorta di scudo attorno ad esso. Se ciò non bastasse, grazie ad altri geni e proteine i tardigradi (lunghi al massimo 1 millimetro) sono in grado di sopravvivere a diverse minacce letali come vuoto dello spazio; mancanza di acqua per decenni; e temperature estreme comprese tra – 200 °C e oltre 150 °C, fra le altre cose. Un recente studio ha dimostrato che sono anche gli unici organismi su migliaia fra quelli analizzati a non essere risultati contaminati da microplastiche.
Già in passato l'iconica resistenza alle radiazioni dei tardigradi era stata presa come potenziale spunto per proteggere le cellule umane dall'esposizione, tuttavia integrare nel nostro DNA i gene che codifica per la Dsup può essere molto pericoloso. Per questo gli autori del nuovo studio si sono concentrati su nanoparticelle di lipidi e polimeri contenenti mRNA con l'informazione genetica della suddetta proteina; grazie a questo meccanismo, non troppo dissimile da quello dei vaccini anti Covid a mRNA che ci hanno permesso di superare la recente pandemia, la proteina Dsup viene espressa solo temporaneamente nelle cellule, quanto basta per proteggere il DNA dal trattamento radioterapico. Dopo poche ore è infatti destinata a essere eliminata assieme all'RNA messaggero.
Il professor Traverso e colleghi hanno somministrato le nanoparticelle con mRNA in topi esposti a dosi simili a quelle di un trattamento radioterapico nella bocca e nel retto, due parti del corpo colpite da tumori che spesso vengono trattati con questa tecnica. Hanno osservato i danni al DNA dopo l'introduzione della “proteina scudo” e hanno messo a confronto i risultati con quelli di topi esposti ai raggi X ma non protetti da Dsup; ebbene, i topi protetti dalla Dsup presentavano il 50 percento in delle rotture del DNA nel retto e il 35 percento circa in meno nella bocca. Un elemento da non sottovalutare risiede nel fatto che le nanoparticelle sono progettate per impedire che lo scudo dei tardigradi vada a proteggere anche le cellule tumorali, inficiando l'azione della radioterapia. I risultati dello studio mostrano che questo approccio innovativo “può essere ampiamente applicabile alla protezione del tessuto sano dagli agenti che danneggiano il DNA”, spiegano gli autori dello studio. Saranno tuttavia necessarie molte altre indagini prima di arrivare a un trattamento da sperimentare sull'essere umano. I dettagli della ricerca “Radioprotection of healthy tissue via nanoparticle-delivered mRNA encoding for a damage-suppressor protein found in tardigrades” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Biomedical Engineering.