Un nuovo embrione “sintetico” di topo con cuore pulsante apre la strada al primo embrione umano
Un nuovo embrione “sintetico” di topo, con cervello, cuore pulsante e le basi di tutti gli altri organi, è stato ottenuto dai ricercatori dell’Università di Cambridge, segnando una nuova pietra miliare nello sviluppo del metodo che probabilmente condurrà al primo embrione umano basato su cellule staminali coltivate in laboratorio. La tecnica utilizzata dai ricercatori inglesi è simile a quella messa a punto dagli israeliani del Weizmann Institute of Science che a inizio mese hanno annunciato lo sviluppo dei primi embrioni “sintetici” di topo al mondo: i due gruppi di ricerca hanno infatti riprogrammato e riportato le cellule staminali al loro primo stadio di sviluppo, inducendo l’espressione di un particolare gruppo di geni affinché tali cellule si auto-organizzassero in strutture che sono progredite nella formazione dell’embrione. A differenza dei primi embrioni sintetici, spiegano i ricercatori di Cambridge, il loro modello ha raggiunto il punto in cui l’intero cervello, inclusa la parte anteriore, ha iniziato a svilupparsi.
Creato un nuovo embrione "sintetico" di topo
Oltre al cervello, come dettagliato nello studio appena pubblicato su Nature, l’embrione sintetico di topo ottenuto dai ricercatori di Cambridge ha mostrato anche un cuore pulsante e la formazione del sacco vitellino che assolve alle funzioni nutrizionali nei primi stadi di sviluppo. Come i ricercatori israeliani, il modello murino è stato ottenuto imitando i processi naturali in laboratorio, coltivando tre diversi tipi di cellule staminali presenti nel primo sviluppo dei mammiferi fino punto in cui hanno iniziato a interagire.
Il team ha affermato che i risultati, frutto di oltre un decennio di ricerche, potrebbero “aiutare a capire perché alcuni embrioni falliscono mentre altri continuano a svilupparsi in una sana gravidanza” e potrebbero essere utilizzati “per guidare la riparazione e lo sviluppo di organi umani sintetici per il trapianto” come indicato dalla professoressa Magdalena Zernicka-Goetz a capo del team, docente di sviluppo dei mammiferi e biologia delle cellule staminali presso il Dipartimento di Fisiologia, Sviluppo di Cambridge e Neuroscienze. “È semplicemente incredibile essere arrivati così lontano. Questo è stato il sogno della nostra comunità per anni, e per un decennio uno degli obiettivi principali del nostro lavoro, e alla fine ce l’abbiamo fatta”.
La crescita dell'embrione in vitro
La notizia del successo ottenuto dal team guidato da Zernicka-Goetz è stata rilanciata in un secondo articolo apparso sempre su Nature, in cui vengono ripercorse, tra l’altro, le fasi ha hanno portato allo sviluppo del dispositivo utilizzato per far crescere gli embrioni sintetici di topo al di fuori dell’utero e farli sviluppare per 8,5 giorni, ovvero quasi la metà dei 20 giorni di gestazione del topo.
Questo dispositivo, sviluppato dal professor Jacob Hanna del Dipartimento di genetica molecolare del Weizmann Institute of Science a capo del team israeliano che ha ottenuto i primi embrioni sintetici al mondo, riprende aspetti di una tecnologia precedente in cui gli embrioni risiedono in fiale di vetro che ruotano su un sistema simile a una ruota panoramica, aggiungendo ventilazione. Il sistema di ventilazione, in particolare, controlla la pressione e la miscela di ossigeno e anidride carbonica che entra nelle fiale.
Il team di Hanna ha condiviso parte della tecnologia dell’incubatrice con altri biologi, inclusa la professoressa Zernicka-Goetz e i suoi colleghi, che l’hanno leggermente modificata, coltivando i propri embrioni. Il team di Zernicka-Goetz ha anche condotto un esperimento in cui ha eliminato un gene chiamato Pax6, che ha un ruolo chiave nello sviluppo del cervello, dimostrando che tale delezione ha portato a uno sviluppo non corretto della testa dei topi, analogamente a quanto accade negli embrioni naturali privi di quel gene. Quanto osservato ha dunque indicato “che il sistema è effettivamente funzionante” ha aggiunto Zernicka-Goetz, sottolineando come gli embrioni completi siano “potenti modelli in vitro per selezionare i ruoli di diversi lignaggi e geni nello sviluppo”.
In altre parole, per i ricercatori la creazione di questi modelli sintetici ha molti vantaggi rispetto agli embrioni naturali creati da cellule uovo e spermatozoi, dal momento che possono crescere al di fuori dell’utero e sono molto più facili da osservare, oltre ad essere molto più semplici da manipolare geneticamente, il che potrebbe renderli utili a comprendere il ruolo di diversi geni nei difetti alla nascita o nei disturbi dello sviluppo.
Arriveremo allo sviluppo del primo embrione sintetico di uomo?
La speranza dei ricercatori è quella di utilizzare la tecnica per sviluppare embrioni umani sintetici che possano essere fonte di organi e tessuti per i trapianti umani. Tuttavia, tradurre quanto fatto con gli embrioni di topo nello sviluppo di embrioni umani non sarà facile. Ad oggi, i ricercatori sono riusciti a riprogrammare le cellule staminali fino a diventare blastocisti – una sfera di cellule vuota e in rapida divisione – e persino a imitare alcuni aspetti della gastrulazione – quando l’embrione precoce si organizza in strati distinti composti da diversi tipi cellulari. Ma raggiungere lo stadio di formazione degli organi nelle cellule umane, che avviene circa un mese dopo la fecondazione, presenta una sfida tecnica significativa.
D’altra parte, con l’avanzamento dello sviluppo degli embrioni crescono anche le preoccupazioni etiche. Come evidenziato da Nature, una domanda chiave è se queste strutture sintetiche debbano essere considerate embrioni.
L’International Society for Stem Cell Research, con sede a Skokie, nell’Illinois, ha da tempo sconsigliato la coltura di embrioni umani dopo il 14° giorno (equivalente al 6° giorno in un topo), all’incirca quando appare la “stria primitiva”, la struttura che segna l’inizio della gastrulazione. Nel 2021, la società ha tuttavia rimosso tale limite e pubblicato linee guida in cui si afferma che queste ricerche dovrebbero avere una logica scientifica convincente e utilizzare il numero minimo di embrioni necessario per raggiungere l’obiettivo scientifico.
Secondo gli esperti, è comunque necessaria una conversazione continua sull’etica di tali modelli, in considerazione anche dei possibili contraccolpi che arriveranno una volta che i ricercatori inizieranno a creare modelli di embrioni umani che sviluppano organi. “La reazione a questi esperimenti potrebbe mettere a repentaglio l’intero campo di ricerca – ha commentato Martin Pera, biologo di cellule staminali presso il Jackson Laboratory Center for Precision Genetics a Bar Harbor, nel Maine, che non è stato coinvolto nello studio – . È importante che le persone sappiano cosa viene studiato e che queste ricerche si facciano con una sorta di consenso etico. Dobbiamo procedere con cautela”.