Un microchip che simula il cervello umano può accelerare la cura dell’Alzheimer
Un microchip, grande quanto un francobollo, che simula il funzionamento del cervello umano potrebbe accelerare la ricerca di una cura per le malattie neurologiche, di cui l’Alzheimer è tra le forme di demenza neurodegenerativa più comuni. Sviluppato da un team di scienziati dell’Iberian Nanotechnology Laboratory (INL) di Braga, in Portogallo, si tratta di un dispositivo che consente di testare l’efficacia dei trattamenti, affrontando il problema del passaggio dei farmaci attraverso la barriera ematoencefalica: questa membrana protegge il tessuto cerebrale da tossine, microrganismi e altre sostanze nocive che potrebbero essere presenti nel sangue.
“Solo le molecole più piccole riescono a superare la barriera ematoencefalica, ma nonostante il suo importante ruolo protettivo, questa struttura ostacola anche il passaggio dei farmaci destinati al cervello” spiegano gli studiosi che, nell’ambito del progetto BrainChip4MED finanziato dall’Unione Europea, hanno sviluppato una tecnologia brain-on-a-chip (BoC) per riprodurre il funzionamento della barriera ematoencefalica e testare i vari farmaci in tempo reale.
Cos’è il brain-on-a-chip, il microchip che simula il cervello umano
Il brain-on-a-chip (BoC) è una tecnologia avanzata che combina l’ingegneria dei tessuti e il controllo della meccanica dei fluidi (microfluidica) per imitare le funzioni e condizioni cerebrali in laboratorio. Nello specifico dello sviluppo promosso dai ricercatori dell’INL, questo tipo di microchip simula la struttura e la funzione del tessuto cerebrale e della barriera ematoencefalica, utilizzando un approccio basato su chimica, ingegneria e biologia per creare una fitta rete di canali, di dimensioni di micrometri, combinata con un complesso sistema di biosensori, in grado di rilevare in tempo reale quantità molto piccole di determinanti composti.
Come accennato, l’obiettivo del nuovo brain-on-a-chip è affrontare il problema dell’incapacità della maggior parte dei farmaci di attraversare la barriera ematoencefalica, che rappresenta un importante limite nel trattamento delle malattie neurologiche e neurodegenerative come l’Alzheimer. “Oggi sono disponibili in commercio solo quattro farmaci per l’Alzheimer e nessuno di questi cura realmente la malattia, perché agiscono solo sui sintomi” dice la dottoressa Raquel Rodrigues dell’INF che, insieme ai colleghi ricercatori, ha sviluppato il nuovo microchip.
Per ricreare la membrana della barriera ematoencefalica, il team ha utilizzato un innovativo materiale bio-organico basato sulla matrice extra-cellulare nativa del cervello. “Questo è ciò che distingue il nostro lavoro – prosegue Rodrigues – . Usiamo una bio-membrana che è più somiglia alla barriera nel nostro cervello, mentre altri dispositivi impiegano barriere fisiche, realizzate con componenti polimeriche. Ma noi, dal nostro punto di vista, pensiamo che le membrane biologiche siano superiori”.
Come il brain-on-a-chip può accelerare la cura dell’Alzheimer
Grazie al nuovo brain-on-chip, i ricercatori possono esaminare i medicinali in fase di sviluppo, determinando in tempo reale quanto bene un farmaco è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica: ciò avviene iniettando direttamente le molecole di farmaci e/o i nanocarrier di farmaci nel chip e monitorandone gli effetti e la loro capacità nel superare la membrana che simula la barriera ematoencefalica.
Il potenziale di questa tecnologia, quale strumento per lo studio dei principali farmaci per il trattamento del morbo di Alzheimer offre promettenti prospettive nell’ambito della ricerca di nuovi trattamenti efficaci, rappresentando inoltre un’alternativa ai tradizionali test sugli animali che, oltre agli svantaggi etici, comportano una serie di limitazioni. “Il cervello di un animale è diverso dal cervello di un essere umano – ha precisato Rodrigues – . Ecco perché molti farmaci in fase di sviluppo falliscono. I test sugli animali non necessariamente riproducono gli esseri umani”.
Come strumento di sperimentazione preclinica, il nuovo microchip verrà ora sottoposto a rigorosi test per assicurarsi che possa essere utilizzato per i farmaci che alla fine saranno somministrati ai pazienti, ma i ricercatori sono ottimisti riguardo l’impatto che il nuovo microchip potrà avere in futuro. “Dobbiamo combattere l’Alzheimer, che è una delle malattie neurologiche più problematiche al mondo – ha aggiunto detto Rodrigues – . Per farlo, dobbiamo trovare nuovi farmaci. La nostra tecnologia è un serio passo avanti in questa direzione”.