Un farmaco per l’asma cura le allergie alimentari meglio della desensibilizzazione agli allergeni

L’omalizumab (Xolair), un farmaco utilizzato da decenni nel trattamento dell’asma, ha dimostrato di curare le allergie alimentari meglio della desensibilizzazione agli allergeni: è quando emerge dallo studio clinico OUtMATCH, un trial che ha confrontato l’efficacia dell’omalizumab rispetto alla immunoterapia orale, l’approccio di desensibilizzazione che comporta l’assunzione di quantità controllate di allergeni con l’obiettivo di innalzare la soglia di tolleranza.
I risultati della fase 2 dello studio, pubblicati sul Journal of Allergy and Clinical Immunology e presentati domenica al congresso congiunto dell’American Academy of Allergy, Asthma & Immunology e del World Allergy Organization del 2025 a San Diego, in California, hanno indicato che anche nell’allergia alle arachidi, uno degli alimenti allergizzanti più aggressivi, l’omalizumab è più efficace e con meno effetti collaterali dell’immunoterapia orale nel prevenire la reazione allergica.
“La maggior parte delle persone tollera molto bene l’omalizumab – ha affermato la dottoressa Jeanne Marrazzo, direttrice del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) – . L’immunoterapia orale rimane un’opzione efficace solo nei casi in cui gli effetti avversi correlati al trattamento non sono un problema”.
Cos’è l’Omalizumab (Xolair), il farmaco che cura le allergie alimentari meglio dell’immunoterapia orale
L’omalizumab, commercializzato con il nome di Xolair, è un anticorpo monoclonale diretto contro le immunoglobuline E (IgE), utilizzato da decenni per il trattamento dell’asma moderato-grave. Questo farmaco agisce legandosi specificamente alle IgE, che sono mediatrici dell’attivazione delle cellule immunitarie responsabili delle reazioni allergiche, inibendo la risposta immunitaria verso gli allergeni che potrebbero indurre un attacco d’asma.
In pratica, l’azione di oalizumab rende le cellule immunitarie molto meno sensibili alla stimolazione degli allergeni, inclusi quelli alimentari, come emerso dai risultati dello studio clinico OUtMATCH, che nella fase 2 è stato progettato per confrontare direttamente il farmaco con all’immunoterapia orale.
Lo studio ha coinvolto 177 bambini e adolescenti di età compresa tra 1 e 17 anni e 3 adulti di età compresa tra 18 e 55 anni, tutti con allergia confermata alle arachidi (meno di mezza nocciolina) e ad altri due alimenti, tra latte, uova, anacardi, grano, nocciole o noci, di cui 117 sono entrati nella seconda fase di sperimentazione. Durante questa seconda fase, tutti i partecipanti hanno inizialmente ricevuto omalizumab come monoterapia o in aggiunta all’immunoterapia orale multi-allergene, e solo metà ha continuato il trattamento in monoterapia con omalizumab per altre 44 settimane. L’altro gruppo ha invece continuato la sola immunoterapia orale per lo stesso periodo di tempo.
Il 36% dei partecipanti che hanno ricevuto il trattamento esteso omalizumab è riuscito a tollerare 2 grammi o più di proteine di arachidi (pari a circa otto arachidi) e altri due allergeni alimentari nel periodo di trattamento, rispetto al 19% dei partecipanti che hanno ricevuto l’immunoterapia orale. I ricercatori hanno attribuito questa differenza principalmente all’alto tasso di reazioni allergiche e altri effetti collaterali intollerabili che si sono verificati nei partecipanti che hanno ricevuto l’immunoterapia orale: questi eventi avversi hanno portato un quarto dei partecipanti trattati l’immunoterapia orale a interrompere il trattamento.
“Questi risultati hanno mostrato che l’omalizumab è più efficace della desensibilizzazione agli allergeni mediante immunoterapia orale nel trattamento dell’allergia multi-alimentare in persone con una tolleranza molto bassa agli allergeni alimentari comuni – hanno precisato i ricercatori – . Questa differenza è stata in gran parte causata dall’alto tasso di eventi avversi che ha portato all’interruzione dello studio nei partecipanti trattati l’immunoterapia orale nonostante avessero ricevuto il trattamento con omalizumab all’inizio della terapia”.