Un fallo e un insulto incisi su una pietra 1700 anni fa: così gli antichi romani deridevano i rivali
Nell'Antica Roma i simboli fallici erano piuttosto diffusi, dato che in base alla cultura dell'epoca avevano il potere di tenere lontani gli spiriti maligni, rappresentavano la fertilità e in generale erano considerati dei validi portafortuna. Non a caso venivano dipinti e scolpiti su una moltitudine di oggetti, dalle mura agli utensili di uso quotidiano, gioielli per bambini compresi. In parole semplici, i falli erano simboli positivi da esporre e mettere in mostra con orgoglio. Ma non sempre, come dimostra una straordinaria roccia scolpita scoperta nei pressi del Vallo di Adriano, nel Regno Unito. In questo caso il fallo inciso con grande cura nella pietra – probabilmente da un soldato romano – era accompagnato da un pesante insulto, ovvero “Secvndinvs Cacor”, che nel nostro idioma può essere tradotto più o meno come “Secundinus lo stro*zo”, secondo gli archeologi.
Il pene scolpito e l'insulto nel caso specifico avevano chiaramente lo scopo di offendere e schernire questo Secundinus agli occhi di tutti, che evidentemente non andava proprio a genio all'autore dell'opera. Questo curioso reperto può dunque essere interpretato come uno dei volgarissimi disegni che spesso campeggiano sulle pareti dei bagni pubblici, né più né meno. Ma proprio la sua natura di messaggio sociale, intriso di sentimento umano (pur se negativo), lo rende particolarmente straordinario ai nostri occhi, circa 1.700 anni dopo la sua realizzazione.
L'oggetto è stato scoperto presso il forte di Vindolanda, un base militare romana sita a un paio di chilometri dal maestoso Vallo di Adriano. Era un'enorme fortificazione in pietra fatta costruire in Britannia dall'imperatore romano Adriano; in pratica era il confine dell'Impero Romano nell'attuale territorio della Gran Bretagna. Oggi è un patrimonio mondiale dell'Umanità dell'UNESCO. Qui sono stati identificati diversi simboli fallici su mura e oggetti di vario tipo, come statuette per la fertilità e strumenti per l'equitazione. A questi ora si può aggiungere il nuovo reperto.
La roccia scolpita, lunga 40 centimetri e alta 15, è stata individuata a maggio dal biochimico in pensione Dylan Herbert, che si è recato sul posto come volontario, per dare una mano con gli scavi. Quando ha rimosso il fango dalla roccia sepolta è rimasto decisamene colpito. “Da dietro sembrava come tutte le altre, una pietra molto ordinaria, ma quando l'ho girata, sono stato sorpreso di vedere alcune lettere chiare. Solo dopo aver rimosso il fango mi sono reso conto di quanto avevo scoperto e ne sono rimasto assolutamente felice”, ha dichiarato l'uomo in un comunicato stampa.
L'oggetto è stato sottoposto ad alcuni esperti che hanno tradotto l'incisione rilevando la natura molto personale dell'opera. "Il recupero di un'iscrizione, un messaggio diretto del passato, è sempre un grande evento in uno scavo romano, ma questo ci ha davvero colpiti quando abbiamo decifrato il messaggio sulla pietra", ha dichiarato il dottor Andrew Birley, direttore degli scavi presso il sito archeologico e CEO del Vindolanda Trust. "L'autore – ha concluso lo scienziato – ha chiaramente avuto un grosso problema con Secondinus ed era abbastanza sicuro da annunciare pubblicamente i propri pensieri su una pietra. Non ho dubbi che Secundinus non si sarebbe divertito a vederlo mentre vagava per il sito oltre 1.700 anni fa". Come dargli torto.