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Un buco nero gigantesco sta uccidendo un’intera galassia nello spazio profondo

Grazie al Telescopio Spaziale James Webb i ricercatori hanno osservato per la prima volta l’uccisione di una galassia ad opera di un buco nero supermassiccio. Il cuore di tenebra la sta facendo “morire di fame”. Cosa significa e cosa è stato scoperto.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Francesco D'Eugenio
Credit: Francesco D'Eugenio

Per la prima volta i ricercatori sono riusciti a osservare direttamente una tragedia cosmica di portata colossale: la “morte” di un'intera galassia provocata da un buco nero gigantesco. L'enorme cuore di tenebra, un buco nero supermassiccio (SMBH), sta infatti strappando la fonte di “cibo” che permette alla galassia di produrre nuove stelle. In termini astronomici sta bloccando quasi completamente il processo di formazione stellare, condannando di fatto all'estinzione la galassia. I ricercatori già ritenevano possibile che i grandi nuclei galattici attivi (AGN) nel cuore delle galassie potessero ucciderle; ora, grazie all'avveniristico e costosissimo Telescopio Spaziale James Webb, lanciato nello spazio a Natale del 2021, è stato possibile osservare direttamente questo fenomeno distruttivo ma ordinato. Si credeva infatti che questo “assassinio galattico” avrebbe provocato scompiglio nella struttura dell'oggetto, tuttavia dalle analisi è emerso che la galassia mantiene la sua forma e le stelle al suo interno si muovono in modo regolare. Stanno semplicemente morendo di fame, una metafora calzante.

A scoprire l'assassinio della grande e antichissima galassia nello spazio profondo è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Cambridge (Regno Unito), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Tra quelli coinvolti il Centro di Astrobiologia (CAB) CSIC-INTA (Spagna), il Dipartimento di Fisica e Astronomia dello University College di Londra, il Dipartimento di Fisica dell'Università di Oxford, l'Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell'INAF (Italia) e molti altri. Diversi studiosi italiani hanno partecipato allo studio, compreso l'autore principale, il dottor Francesco D'Eugenio del Kavli Institute for Cosmology e del laboratorio Cavendish presso l'ateneo inglese. I ricercatori hanno messo nel mirino la galassia GS-10578, conosciuta anche come “Galassia di Pablo” dal nome dello studioso spagnolo che ha deciso di indagare a fondo sul suo destino. Si tratta di un oggetto molto interessante, dato che è enorme – ha una massa di 200 miliardi di soli – ma risale all'Universo “bambino”. Quando si stava formando l'Universo aveva solo 2 miliardi di anni dall'espansione innescata dal Big Bang. Ciò significa che larga parte delle sue stelle hanno un'età compresa tra 12,5 e 11,5 miliardi di anni.

Il dottor D'Eugenio e colleghi sapevano da precedenti studi che la galassia di Pablo era in uno stato morente e sospettavano che il buco nero supermassiccio nel suo cuore stesse giocando un ruolo. Tuttavia non avevano strumenti sufficientemente sensibili per poter studiare a fondo e comprendere la natura del processo. Dopo il lancio del potentissimo James Webb, che opera nell'infrarosso e può guardare più lontano e indietro nel tempo di qualunque altro strumento mai creato dall'uomo, hanno immediatamente programmato un ciclo di osservazioni per svelarne i segreti. Ciò che emerso ha ampiamente ripagato le aspettative. Grazie al telescopio spaziale, infatti, è stato scoperto che la galassia espelle gas all'impressionante velocità di un migliaio di chilometri al secondo, che permette loro di sfuggire all'attrazione gravitazionale galattica. Si tratta di gas freddi, densi e che non emettono luce; solo grazie all'elevata capacità del telescopio spaziale è stato possibile intercettarli.

La fuga di questi gas è guidata dai venti sprigionati dal nucleo galattico attivo (AGN) prodotto dal buco nero supermassiccio, che attira il materiale, lo riscalda a temperature inimmaginabili e produce potentissimi flussi. Questo processo soffia via dalla galassia il materiale necessario per permettere la formazione di nuove stelle, di fatto bloccando la crescita della galassia e accelerando il suo processo di estinzione. “Abbiamo trovato il colpevole. Il buco nero sta uccidendo questa galassia e la sta tenendo dormiente, tagliando fuori la fonte di ‘cibo' di cui la galassia ha bisogno per formare nuove stelle”, ha dichiarato il professor D'Eugenio in un comunicato stampa. “GS-10578 ospita un nucleo galattico attivo, prova che questi deflussi sono dovuti al feedback SMBH. Il tasso di deflusso neutro è superiore al tasso di formazione stellare. Quindi, questa è una prova diretta del feedback SMBH espulsivo, con un carico di massa in grado di interrompere la formazione stellare rimuovendo rapidamente il suo combustibile”, hanno spiegato gli scienziati nell'abstract dello studio. I dettagli della ricerca “A fast-rotator post-starburst galaxy quenched by supermassive black-hole feedback at z = 3” sono stati pubblicati su Nature Astronomy.

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