Un anno fa emergeva Omicron, la prima delle varianti che hanno scatenato ondate globali di Covid
Una famiglia “allargata” o, più propriamente, uno sciame di varianti e sotto-varianti, tutte derivate dal lignaggio B.1.1.529 di Sars-Cov-2 – designato con la lettera greca Omicron dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – che continua scatenare nuove ondate globali di Covid. È questo, in sintesi, lo scenario che tutto il pianeta sta affrontando da quando, un anno fa, la forma virale inizialmente identificata in Botswana ha dimostrato di poter di spazzare via tutte le precedenti versioni di Sars-Cov-2 e di continuare a dominare, evolvendosi in nuove forme mutate capaci di una rapida ascesa. “Sono una collezione, uno sciame, o una zuppa di varianti insieme, a differenza di quanto visto in precedenza” spiega in un articolo su Nature l’immunologo Yunlong Richard Cao della Peking University, in Cina, il cui team ha studiato ciò che rende i membri della famiglia Omicron così competitivi.
Il vantaggio della famiglia Omicron
Rispetto alle prime varianti di preoccupazione (VOC, variant of concern), come Alfa e Delta, che non erano discendenti l’una dell’altra, la prima variante Omicron, conosciuta anche come Omicron standard, ha generato una serie di sotto-varianti, la cui continua evoluzione ha portato a una rapida e simultanea comparsa di numerose forme virali, che hanno mostrato un vantaggio di crescita anche rispetto ai precedenti membri della stessa famiglia. Lo abbiamo osservato con BA.1, la prima sotto-variante di Omicron B.1.1.529 ad essere identificata, e le altre ramificazioni di Omicron standard, incluse BA.2, informalmente chiamata “invisibile” (stealth Omicron), e le più recenti BA.4 e BA.5, che stanno per essere surclassate dalle nuove sub-varianti BQ.1 e XBB, note anche come Cerberus e Gryphon, nonché l’ulteriore discente BQ.1.1, che attualmente sta guadagnando terreno in Europa, Nord America e altre regioni.
Secondo gli esperti, il vantaggio dei nuovi membri della famiglia Omicron rispetto alle forme virali da cui queste stesse sotto-varianti discendono sembra essere dovuto a “una manciata di mutazioni condivise, la maggior parte delle quali porta a cambiamenti di aminoacidi in una porzione della proteina virale Spike, chiamata dominio di legame al recettore (RBD)”. Questa porzione della proteina Spike, necessaria al virus per infettare le cellule, è anche il bersaglio degli anticorpi in grado di neutralizzare il virus.
Il lavoro del team di immunologi guidato da Cao, anticipato in preprint su bioXRiv, suggerisce che le mutazioni RBD aiutano il virus ad eludere gli anticorpi prodotti dalla vaccinazione o da infezioni causate da precedenti varianti di Omicron, incluse BA.2 e BA.5. Un altro team di ricerca, guidato dal biologo computazionale Cornelius Roemer dell’Università di Basilea, in Svizzera, ha osservato che maggiore è il numero di mutazioni a livello di RBD di una variante, superiore è la velocità con cui la stessa variante si diffonde, come indicato anche dal numero di sequenze che vengono caricate nei database globali.
Ad esempio, le sub-varianti Omicron come BQ.1, che presentano cinque ulteriori modifiche chiave nell’RBD rispetto alla progenitrice BA.2, sembrano crescere meno rapidamente della discendente BQ.1.1, che nello stesso dominio presenta invece sei cambiamenti. Un settimo cambiamento nell’RBD sembra portare a una crescita ancora più rapida, come mostrato da XBB, la sub-variante ibrida, nata dalla ricombinazione di due sotto-varianti BA.2 (BA.2.10.1 e BA.2.75).
La famiglia di sub-varianti che discendono da BQ.1 (BQ.1.n) è già dominante in Francia e, a detta degli epidemiologi, è probabile che alimenti le ondate di infezione in Europa e Nord America, man mano che queste regioni affronteranno l’inverno. Questa stessa famiglia fa parte anche dello sciame di varianti che attualmente circola in Sudafrica, in Nigeria e in altri Paesi del continente africano. XBB, al contrario, probabilmente dominerà le infezioni in Asia, dove ha recentemente provocato un’ondata di infezioni a Singapore.
I ricercatori stanno anche monitorando i Paesi in cui BQ.1.1 e XBB stanno co-circolando, per vedere quale delle due si diffonde più rapidamente. In Australia, ci sono alcuni primi segnali che XBB stia guadagnando un vantaggio su BQ.1.1, ha osservato Roemer, così come in India. In Italia, invece, secondo i dati dell’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dell’8 novembre scorso, lo sciame di varianti Omicron è dominato da BA.5 (sotto-lignaggio BF.7) a scapito di BA.2 e BA.4, sebbene si evidenzi un “significativo aumento” della famiglia BQ.1 (BQ.1.n), con una prevalenza pari al 30,7%, e XBB, con una prevalenza del 2,4%.
Cosa dobbiamo aspettarci in futuro
Prevedere se sarà una delle nuove sub-varianti ad alimentare la prossima ondata di infezioni o se emergerà un nuova forma mutata del virus è praticamente impossibile. Ciò che però sappiamo dell’evoluzione di Omicron è che questi virus altamente mutati mettono a rischio soprattutto la tenuta degli anticorpi monoclonali, meno quella dei vaccini, che sono stati aggiornati per Omicron. Gli studi condotti su persone che hanno ricevuto il richiamo bivalente mostrano infatti che, a differenza dei vaccini Covid originali, le nuove formulazioni inducono una risposta anticorpale più efficace nei confronti dei membri della famiglia Omicron in circolazione, incluso BQ.1.1.
Ciò si traduce in un più alto titolo di anticorpi neutralizzanti diretti contro BQ.1.1 che, nello specifico, un mese dopo la dose booster bivalente di Pfizer aggiornata, è aumentata di quasi 9 volte rispetto ai livelli pre-richiamo, contro un incremento di circa 2 volte rispetto al vaccino messo a punto sulla variante di Wuhan. Nel confronto con il vecchio vaccino, quello aggiornato (contro Omicron 4 e 5) protegge da Cerberus quasi 5 volte di più. Sempre un mese dopo il booster bivalente, i livelli di anticorpi neutralizzanti mirati a BA.4.6, BA.2.75.2 (la variante ribattezzata Centaurus sui social) e XBB (Gryphon) sono cresciuti rispettivamente di 11,1 volte, 6,7 volte e 4,8 volte, rispetto a prima del richiamo, contro un aumento di 2,3 volte, 2,1 volte e 1,5 volte con il vecchio vaccino monovalente. Bene quindi la vaccinazione, che ancora una volta si dimostra la nostra arma più efficace contro il Covid.