Un aminoacido alla base della nostra dieta potrebbe essere associato all’artrite: lo studio
Il triptofano è un aminoacido fondamentale per il funzionamento del nostro corpo, è un nutriente essenziale e svolge un ruolo strutturale nell'organismo in quanto partecipa alla sintesi delle proteine, oltre a collaborare a tanti altri meccanismi essenziali, come la produzione di neurotrasmettitori.
Eppure, una nuova ricerca del Dipartimento di Medicina dell'Università del Colorado ha evidenziato per la prima volta che dalla scomposizione di questo elemento attraverso i batteri intestinali possa originarsi una sostanza chimica infiammatoria – chiamata "indolo" – che potrebbe avere un ruolo nel predisporre il sistema immunitario allo sviluppo dell'artrite. Si tratta di una malattia infiammatoria cronica a carico delle articolazioni che solo in Italia colpisce quasi due persone su dieci. Nel 2019 i pazienti affetti da questa patologia erano il 16% della popolazione italiana.
Cosa ha rivelato lo studio
Lo studio, pubblicato sulla rivista specialistica Journal of Clinical Investigation, chiaramente non smentisce le molteplici funzioni benefiche del triptofano per l'organismo, ma indaga come dal suo metabolismo può essere prodotta una sostanza che potrebbe contribuire allo stato di infiammazione propria dell'artrite.
Il triptofano svolge un ruolo fondamentale per diverse funzioni: oltre a essere alla base della produzione delle proteine è il precursore della serotonina, il neurotrasmettitore che regola l'umore. Il corpo non è in grado di produrlo autonomamente, ma deve assumerlo attraverso la dieta: il triptofano è presente in molti alimenti, come carne, pesce, latticini, noci e alcuni semi.
Un meccanismo complesso
Gli scienziati dell'Università del Colorado si sono chiesti cosa succeda al triptofano una volta arrivato nell'intestino. Qui infatti viene digerito dai batteri del microbioma intestinale, che lo scompongono in sottoprodotti. Alcuni di questi hanno una funzione antinfiammatoria. Tuttavia, per la prima volta è stata evidenziata anche la possibilità di un percorso di digestione alternativa che può portare alla formazione di sottoprodotti infiammatori.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione osservando lo stato di infiammazione in alcuni pazienti affetti da spondiloartrite, una condizione strettamente correlata all'artrite reumatoide: hanno visto che in base a come cambiava il loro microbioma intestinale si modificava anche la produzione di indolo dal triptofano.
I ricercatori hanno poi verificato questo processo in uno studio su topi. A un gruppo di questi sono stati somministrati antibiotici per eliminare il loro microbioma, un altro gruppo invece è stato alimentato con una dieta a ridotto apporto di triptofano: nessuno dei due gruppi ha sviluppato artrite e nessuno dei due presentava indolo nel sangue.
Nuove possibilità terapeutiche
Il meccanismo che porta dal triptofano all'infiammazione è questo: "Abbiamo osservato – spiegano gli autori dello studio – che in presenza di questi sottoprodotti infiammatori, i topi cominciano a sviluppare cellule T autoreattive – queste cellule sono alla base delle malattie autoimmuni – più infiammatorie, mentre diminuiscono i livelli di cellule T regolatorie che invece aiutano a mantenere l'equilibrio del sistema immunitario. Questo determina la produzione di anticorpi più patogeni".
Da queste osservazioni, i ricercatori sono giunti alla conclusione che capire come bloccare la produzione dell'indolo a partire dal triptofano potrebbe rappresentare una nuova strategia terapeutica sia contro l'artrite reumatoide che la spondiloartrite". La sfida sarà quindi capire come mantenere l'equilibrio del microbioma intestinale affinché il triptofano attivi il processo antinfiammatorio – benefico per il nostro corpo – e non "prenda la strada" dell'infiammazione.