Tutti i giorni assumiamo antibiotici senza saperlo: un esperto ci svela in che modo accade
Non assumiamo antibiotici solo quando ci vengono prescritti dal medico. Tracce di antibiotici potrebbero trovarsi nell'acqua – anche in quella potabile – nelle carni e nella verdura che consumiamo regolarmente. Tutto questo ha reso l'antibiotico-resistenza una delle emergenze mondiali più urgenti della nostra epoca. Parliamo del fenomeno per cui l'esposizione continua agli antibiotici può rendere alcuni batteri resistenti e quindi difficili da curare in caso di infezione.
Secondo l'Oms nel 2019 le morti associate in qualche modo alla resistenza agli antibiotici sono state circa 4,95 milioni (1,27 milioni i decessi causati direttamente). E le cose sono destinate a peggiorare: si prevede che la resistenza antimicrobica potrebbe essere associata a 169 milioni di decessi tra il 2025 e il 2025 e causare direttamente 10 milioni di morti all'anno entro il 2050. L'Italia è tra i Paesi con i dati più allarmanti.
Secondo l'ultimo rapporto di Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, nel 2050 l'antibiotico-resistenza potrebbe diventare la prima causa di morte in Italia. Nel nostro Paese si stimano circa 200.000 infezioni resistenti e 10.000 morti l'anno, a fronte dei 35.000 decessi registrati in tutta Europa (dati ECDC-European Centre for Disease Prevention and Control).
Quali sono i rischi dell'antibiotico-resisitenza
Ad esempio, già oggi – spiega l'Aifa – diversi batteri piuttosto comuni hanno maturato alte percentuali di resistenza. Tanto per avere un'idea delle possibili conseguenze: in Nigeria, fino a poco tempo fa, lo Staphylococcus aureus, un batterio molto comune, poteva essere curato la meticillina. Oggi questo antibiotico si rivela inefficace nell'88% delle infezioni. Il rischio quindi è che il numero di "super-batteri" – così vengono definiti – crescerà sempre di più.
A fronte di questa situazione, gli esperti raccomandano come prima cosa un uso responsabile degli antibiotici, che vanno assunti soltanto sotto prescrizione medica e nelle modalità indicate dal medico. Assumere antibiotici in modo autonomo, come se fossero degli antidolorifici, può infatti aumentare il fenomeno dell'antibiotico-resistenza. I rischi non sono solo individuali: se un batterio diventa resistente, anche chi assume pochi antibiotici, qualora abbia un'infezione, potrebbe avere seri problemi a curarsi.
Tuttavia, l'uso individuale di antibiotici non è l'unica causa dell'antibiotico-resistenza. Anche se non ce ne rendiamo conto, gli antibiotici vengono immessi nell'ambiente da diverse attività umane, come ad esempio gli allevamenti intensivi o le attività agricole. Fanpage.it ne ha parlato con Luca Pasina, capo del Laboratorio di Farmacologia Clinica e Appropriatezza Prescrittiva dell'Istituto Mario Negri.
Quanto l'uso personale di antibiotici influenza lo sviluppo di antibiotico-resistenza?
L'uso personale di antibiotici ha un ruolo importante nello sviluppo dell'antibiotico-resistenza, poiché ogni esposizione contribuisce alla selezione di batteri resistenti.
Quali sono le fonti, diverse dall'uso individuale di farmaci, a cui siamo esposti inconsapevolmente?
Carne, pollame, pesce e prodotti vegetali possono essere fonti di batteri resistenti, a causa dell'elevato utilizzo di antibiotici negli allevamenti intensivi e nell'agricoltura. Residui di antibiotici possono infatti essere presenti nella carne, nel latte e nelle uova, mentre batteri resistenti possono contaminare questi prodotti durante la lavorazione.
Analogamente, i vegetali irrigati con acqua contaminata da antibiotici o fertilizzati con letame animale contenente residui di antibiotici possono rappresentare una fonte di esposizione.
Si parla spesso degli antibiotici che assumiamo attraverso il consumo di certi alimenti: quali sono le cause?
Trattamenti antibiotici negli allevamenti e in agricoltura possono contaminare letame, acque reflue e suolo con antibiotici e batteri resistenti. Gli antibiotici, spesso aggiunti al mangime per prevenire o curare infezioni batteriche, finiscono nei rifiuti animali, che possono essere usati come fertilizzante. A questo uso si deve infatti la presenza di antibiotici come tetracicline e fluorochinoloni, e dei relativi geni di resistenza, nel suolo.
Oltre all'allevamento e all'agricoltura, quali sono le altre vie attraverso cui residui di antibiotici finiscono nell'acqua?
Gli scarichi urbani, agricoli e industriali possono contenere residui di antibiotici e batteri resistenti. Questi contaminanti possono penetrare nelle risorse idriche utilizzate per il consumo umano o per l'irrigazione. Se i sistemi di trattamento delle acque non sono sufficientemente efficaci, anche l'acqua potabile può risultare contaminata da batteri resistenti.
Cosa può succedere se l'acqua contaminata viene usata per coltivare?
I batteri introdotti nel terreno tramite l'acqua possono così trasferirsi alle piante circostanti, contribuendo ad esempio alla presenza di geni resistenti agli antibiotici sulla superficie delle foglie di lattuga e altre colture che richiedono abbondante irrigazione
Ci sono alimenti più a rischio di altri?
I prodotti che richiedono abbondante irrigazione e che vengono consumati crudi sono particolarmente a rischio. Tuttavia sono proprio gli alimenti derivati da questo tipo di culture, come insalate e verdure a foglia, a essere consumate più spesso crude, mentre la cottura sarebbe efficace nell'eliminare la presenza di patogeni umani resistenti agli antibiotici.
Quali sono le conseguenze misurabili già oggi dell'antibiotico-resistenza?
L'Oms considera l'antibiotico-resistenza una delle più gravi minacce alla salute pubblica, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Le infezioni antibiotico-resistenti sono difficili da trattare, possono causare gravi disabilità o morte e richiedono spesso antibiotici di ultima generazione, il cui uso aumenta il rischio di ulteriori resistenze.
Perché si prevede che l'antibiotico-resistenza potrebbe presto causare più morti del cancro?
La diffusione di infezioni resistenti e l‘inefficacia delle attuali strategie terapeutiche potrebbero rendere difficili, se non impossibili, il trattamento di infezioni semplici, prolungando la durata delle malattie. Interventi chirurgici, trapianti e trattamenti oncologici rischiano di essere gravemente compromessi dall'assenza di antibiotici efficaci. Inoltre si rischia una maggiore pressione sulle strutture sanitarie, degenze ospedaliere più lunghe, un incremento dei costi sanitari e un impatto economico significativo su individui e società.
Cosa possiamo fare per limitare questo fenomeno, sia come individui che come società?
Come comunità possiamo impegnarci in un uso responsabile degli antibiotici attraverso campagne di sensibilizzazione e nel prevenire le infezioni con l'igiene delle mani, il rispetto delle regole di comportamento respiratorio e la vaccinazione. Tra queste rientra anche l'importanza di restare a casa quando si è malati, che può ridurre il peso sull'assistenza medica e le prescrizioni antimicrobiche non necessarie, come si è visto durante la pandemia di COVID-19.
Ma è necessario anche ridurre l'uso di antibiotici nell'uomo e negli allevamenti, favorire antibiotici a basso rischio di indurre resistenze e scoraggiare l'automedicazione e l'uso empirico non necessario, come dosaggi inappropriati, l'interruzione precoce delle terapie o l’uso ripetuto del medesimo antibiotico.