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Trovate microplastiche in migliaia di animali marini, tranne che nei tardigradi: perché sono “immuni”

Gli scienziati hanno scoperto un altro straordinario “potere” dei tardigradi, un gruppo di invertebrati capaci di sopravvivere al vuoto dello spazio, a radiazioni letali e temperature di 150 °C. Tra migliaia di organismi marini, gli “orsi d’acqua” sono stati gli uniti a non essere stati contaminati dalle microplastiche.
A cura di Andrea Centini
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Rappresentazione di un tardigrado. Credit: iStock
Rappresentazione di un tardigrado. Credit: iStock

Le microplastiche sono state trovate praticamente in ogni organo e tessuto dell'organismo umano, dal sangue al cervello, passando per placenta, reni, fegato, polmoni e persino il pene, come evidenziato da un recente studio condotto da scienziati della Scuola di Medicina “Miller” dell'Università di Miami. Questi minuscoli frammenti di plastica sono ovunque e derivano dalle centinaia di milioni di tonnellate di polimeri prodotti ogni anno, parte dei quali finisce nell'ambiente – soprattutto in mare – degradandosi in minuscoli detriti: basti sapere che ogni anno ne inaliamo e ingeriamo mezzo chilogrammo. Lo stesso destino spetta agli altri animali, molti dei quali finiscono intrappolati a morte nei nostri rifiuti. Un nuovo studio condotto su migliaia di minuscoli organismi marini ha dimostrato che tutti ingeriscono plastica, eccetto gli straordinari tardigradi, conosciuti anche come orsi d'acqua.

Al phylum di queste creature (Tardigrada) appartengono un migliaio di specie, diverse delle quali hanno dimostrato capacità di resistenza incredibili. Possono infatti sopravvivere a temperature estreme comprese tra – 200° C e oltre e 150° C; al bombardamento di radiazioni letale per qualsiasi altro organismo; al vuoto dello spazio; a pressioni mostruose, anche cinque volte superiori a quelle riscontrate negli abissi più profondi; e a una deprivazione d'acqua di decenni. Si tratta di animali eccezionali ampiamente studiati proprio per le loro capacità al limite dell'impossibile, legate alla protezione del DNA e alla possibilità di entrare in un lunghissimo stato di quiescenza; ora sappiamo che i tardigradi non si nutrono nemmeno delle microplastiche, considerate una minaccia globale anche se sappiamo ancora molto poco sugli effetti a lungo termine sulla nostra salute e quella dell'ambiente.

Tardigradi. Credit: wikipedia
Tardigradi. Credit: wikipedia

A determinare che i tardigradi sono “immuni” alle microplastiche è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati brasiliani del Campus Recife – Centro di Bioscienze dell'Università Federale di Pernambuco, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi belgi del Laboratorio di biologia marina – Dipartimento di biologia dell'Università di Ghent. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Flávia J.L. de França, docente presso il Dipartimento di Zoologia dell'ateneo brasiliano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto una serie di esperimenti in laboratorio. Per prima cosa hanno raccolto sedimenti marini da una spiaggia sottoposta alle maree, per isolare migliaia di microorganismi appartenenti alla meiofauna, un insieme di metazoi che popola questo specifico ambiente. Fra essi, oltre ai già citati tardigradi, si trovano vermi nematodi, vermi piatti, policheti, molluschi, rotiferi, turbellari, cnidari, briozoi, crostacei e moltissimi altri. In tutto, all'interno dei campioni raccolti, sono state individuate oltre 5.600 specie diverse.

La professoressa de França e colleghi hanno preparato speciali vaschette con 100 grammi di sedimento ciascuna e le hanno contaminate con microplastiche (tecnicamente nanoplastiche, viste le dimensioni coinvolte, ma hanno preferito non fare distinzioni) in varie concentrazioni diverse. Tutti i frammenti portavano un pigmento fluorescente che permetteva di essere osservato negli animali in caso di ingestione. Ebbene, dopo nove giorni di esposizione, tutte le migliaia di specie di organismi coinvolti nella ricerca avevano ingerito plastica, eccetto i tardigradi. Non è chiaro se tutti l'abbiano assunta direttamente o se alcuni l'abbiano introdotta per magnificazione biologica, consumando specie che l'avevano mangiata. Ciò che è certo è che il risultato sottolinea quanto grave può essere l'impatto della plastica all'interno delle catene alimentari. Del resto questi rifiuti sono stati trovati anche negli abissi più profondi del pianeta, come la Fossa delle Marianne.

I tardigradi si salvano dalle microplastiche molto probabilmente grazie al metodo di alimentazione, come sottolineato dagli autori dello studio: “L'assenza di ingestione di microplastiche da parte dei Tardigrada è probabilmente legata alla struttura del loro apparato alimentare, che comprende un tubo buccale con uno stilo utilizzato per perforare e succhiare le prede anziché ingerirle intere”. Nonostante non abbiano ingerito le microplastiche, su alcuni esemplari sono stati trovati frammenti depositati sulle appendici locomotorie, ma si tratta chiaramente di un impatto differente. I dettagli della ricerca “Short-term microplastic effects on marine meiofauna abundance, diversity and community composition” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PeerJ.

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