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Trapiantato rene di maiale nano in una scimmia: si avvicinano le controverse fabbriche di organi

Ricercatori americani hanno trapiantato il rene di un maialino nano in una scimmia, un macaco cinomolgo, che è sopravvissuto circa due anni dopo l’intervento. Il successo della sperimentazione avvicina le controverse fabbriche di organi animali, che verrebbero allevati solo per produrre “pezzi di ricambio” per l’uomo.
A cura di Andrea Centini
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Gli scienziati hanno trapiantato con successo il rene di un maiale nano in una scimmia, che è sopravvissuta per due anni. Secondo gli autori dell'esperimento si tratta di un risultato estremamente positivo, che avvicina la possibilità di introdurre gli xenotrapianti – cioè i trapianti organi da una specie a un'altra – anche nell'uomo. In realtà negli ultimi anni sono stati già eseguiti alcuni interventi sperimentali di questo genere. A settembre 2023, ad esempio, un cinquantottenne affetto da un'insufficienza cardiaca incurabile ha ricevuto il cuore di un maiale – l'unica opzione, dato che non era candidabile per un cuore umano -, mentre una donna in morte cerebrale tenuta in vita dalle macchine nel 2021 ha ricevuto il rene di un maiale, che ha funzionato regolarmente per due giorni senza innescare rigetto. Tuttavia si è trattato di casi eccezionali, che pur avendo dato segnali incoraggianti non possono ancora aprire le porte agli xenotrapianti come alternativa standard per abbattere le lunghissime liste d'attesa. Il risultato ottenuto con il trapianto del rene di maiale in una scimmia ci avvicina a questo potenziale procedura e dunque alle controverse fabbriche d'organi animali.

A trapiantare con successo il rene di un maialino nano (Sus scrofa domesticus) in un macaco cinomolgo (Macaca fascicularis) è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati della società di biotecnologie eGenesis di Cambridge (Massachusetts), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro per le Scienze dei Trapianti del Massachusetts General Hospital, del Dipartimento di Genetica della Scuola di Medicina dell'Università di Harvard, del Centro nazionale di ricerca sui primati del Wisconsin e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal dottor Wenning Qin, per giungere a questo risultato non hanno utilizzato un donatore qualsiasi, ma un maialino geneticamente modificato, con numerose modifiche al genoma necessarie per far “sopportare” meglio il rene al sistema immunitario della scimmia e ad eliminare rischi patogenici. In tutto i ricercatori hanno modificato ben 69 geni, un numero mai raggiunto prima su maiali vivi destinati a uno xenotrapianto.

Per modificare questi geni il dottor Qin e i colleghi hanno utilizzato la famosa tecnica di editing genetico CRISPR-CAS9, il “tagli e incolla” del DNA considerato una vera e propria rivoluzione nell'ambito dell'ingegneria genetica, sebbene abbia ancora troppi limiti per le applicazioni in ambito umano, come le mutazioni off-target (ciò non ha impedito a uno scienziato cinese di usarlo per trattare due gemelline). Per quanto concerne i geni modificati, tre sono legati a molecole presenti sulla superficie delle cellule dei maiali noti per scatenare una risposta del sistema immunitario umano, pertanto sono stati soppressi come misura anti-rigetto. Il maggior numero di geni modificati (59) riguarda retrovirus i cui genomi sono incorporati in quelli dei maiali; studi condotti in passato avevano mostrato che questi genomi possono produrre particelle virali in grado di infettare le cellule umane, dunque sono stati “silenziati”; le restanti sette modifiche condotte con l'editing genetico riguardano l'introduzione di geni umani per migliorare la salute dell'organo trapiantato.

Gli scienziati hanno coinvolto nella sperimentazione oltre 20 macachi cinomolghi. Tra quelli che hanno ricevuto il rene da maiali con tutti e 69 gli interventi di editing genetico, in cinque sono sopravvissuti per più di un anno e uno di essi è arrivato a due anni. Fra quelli che hanno ricevuto organi senza le sette modifiche legate ai geni umani, invece, la sopravvivenza non ha superato i 50 giorni. Gli autori dello studio sono comunque ottimisti sul fatto che questi organi possano funzionare meglio negli esseri umani che nelle scimmie, ma è ancora presto per arrivare alla sperimentazione clinica.

Qin e colleghi hanno scelto maiali pigmei perché quelli grandi hanno reni che crescono troppo rapidamente, aumentando il rischio che possano staccarsi dalla propria sede una volta trapiantati in una persona. Ci sono anche alcuni dubbi legati alle caratteristiche del corpo umano, diverse da quelle di un macaco (ad esempio la pressione sanguigna è superiore). Resta anche un problema etico da non sottovalutare, ovvero l'opportunità di allevare maiali come vere e proprie fabbriche di organi. Non tutti sono disposti ad accettare il sacrificio di animali innocenti per continuare a sopravvivere grazie ai loro organi "strappati". I dettagli della ricerca “Design and testing of a humanized porcine donor for xenotransplantation” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

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