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Cambiamenti climatici

Transizione verso energia pulita “inarrestabile”, ma troppo lenta per salvarci dalla crisi climatica

Il nuovo report annuale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) è a tinte fosche. Se da un lato il passaggio verso le fonti rinnovabili è considerato in grande crescita e inarrestabile, dall’altro il contrasto ai combustibili fossili è ancora troppo lento per scongiurare il superamento di 1,5 °C di riscaldamento rispetto all’epoca preindustriale. Con tutte le conseguenze catastrofiche che ciò comporta.
A cura di Andrea Centini
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Grazie agli impegni presi da molti Paesi, la transizione ecologica verso le fonti rinnovabili ha imboccato la strada giusta ed è considerata “inarrestabile”, tuttavia siamo ancora troppo lenti nell'abbandonare i combustibili fossili; ciò, al momento, ci impedisce di centrare l'obiettivo più virtuoso fissato con l'Accordo di Parigi sul Clima nel 2015, ovvero non superare un riscaldamento di 1,5 °C rispetto all'epoca preindustriale. È questo, in sintesi, il contenuto del nuovo report “World Energy Outlook 2023” pubblicato il 23 ottobre dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). Luci ed ombre di un processo virtuoso, inarrestabile appunto, ma senza il piglio necessario per garantirci l'abbandono rapido e definitivo di carbone, petrolio, gas e altri combustibili fossili, responsabili delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) alla base del cambiamento climatico e delle sue catastrofiche conseguenze.

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Che la situazione non sia sotto controllo dal punto di vista delle emissioni lo dimostrano i dati più recenti condivisi dagli scienziati. Quelli preliminari del rapporto annuale “Global Carbon Budget” recentemente pubblicati, ad esempio, mostrano che le emissioni di CO2 nel 2023 sono aumentate fino all'1,5 percento rispetto al 2022; non esattamente il passo indietro richiesto per scongiurare gli effetti più nefasti della crisi climatica. Il 6 giugno di quest'anno gli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e della Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California hanno comunicato che a maggio 2023 la concentrazione media di CO2 è stata di ben 424 parti per milione (ppm), con un aumento di 3 punti rispetto al precedente record, registrato a maggio 2022. Non c'è da stupirsi che la IEA sia preoccupata per la scarse iniziative intraprese nel tagliare le emissioni legate alle attività antropiche. Gli esperti ipotizzano che il picco verrà raggiunto nel 2025, poi inizierà l'inevitabile calo grazie ai continui investimenti sulle rinnovabili. Il problema, come indicato, è la velocità del processo messo in moto. “La transizione verso l'energia pulita sta avvenendo in tutto il mondo ed è inarrestabile. Non è una questione di ‘se', è solo una questione di ‘quanto presto'. E prima è, meglio è per tutti noi”, ha dichiarato in un comunicato stampa Fatih Birol, direttore esecutivo della IEA.

Come specificato, fortunatamente, dal report non emergono solo ombre. Ad esempio, il numero di auto elettriche vendute è in costante incremento e si è passati da un veicolo su 25 nel 2020 a uno su cinque nel 2023. Una crescita repentina che continuerà ad ampliarsi nei prossimi anni: si stima che entro il 2030, anno in cui il mercato energetico sarà molto diverso da quello attuale, ci sarà un numero di auto elettriche dieci volte superiore a quelle che circolano adesso. Il problema è con quali fonti si alimentano questi mezzi; se la ricarica a casa o con le colonnine è legata a energia prodotta attraverso i combustibili fossili, i benefici per l'ambiente sono evidentemente inferiori.

Solare ed eolico, le due principali fonti di energia rinnovabile, continuano comunque a erodere fette di mercato a carbone, petrolio e gas, tanto che dal 30 percento attuale entro il 2030 si passerà al 50 percento della quota di mercato globale. Bene anche la transizione dalle caldaie a gas alle pompe di calore e ad altri sistemi di riscaldamento elettrico, che vendono più delle prime. Triplicati anche gli investimenti destinati a nuovi parchi eolici offshore, rispetto a quanto elargito per le nuove centrali elettriche alimentate a carbone e gas. È stato dunque tracciato un percorso molto virtuoso, ma è rallentato dalla crescita della domanda per i combustibili fossili, in particolar modo di gas naturale come il metano. Quest'ultimo è caratterizzato da un potere riscaldante (effetto serra) diverse volte superiore a quello dell'anidride carbonica e gioca un ruolo significativo nell'attuale crisi climatica, pur persistendo in atmosfera per un periodo sensibilmente più breve rispetto alla CO2.

Nonostante i passi avanti e le misure positive, se le emissioni continueranno con questo trend negativo rischiamo comunque di andare incontro a un riscaldamento stimato di 2,4 °C entro il 2100. Saremmo ben al di sopra della soglia di 1,5 °C che ci proteggerebbe dalle conseguenze più nefaste del cambiamento climatico: innalzamento del livello del mare, eventi meteorologici estremi, carestie, siccità, diffusione di malattie tropicali, incendi catastrofici, migrazioni di massa senza precedenti, guerre per le risorse e il territorio, perdita della biodiversità e molto altro ancora. Non c'è da stupirsi che si parli di rischio di fine della civiltà per come la conosciamo oggi, già entro il 2050.

Per scongiurare questo scenario disastroso occorre agire più velocemente con la transizione ecologica e in maniera più incisiva: tagliare progressivamente i combustibili fossili e i sussidi che ne alimentano il mercato; continuare a diffondere le rinnovabili anche nei Paesi in via di sviluppo e migliorare l'efficienza energetica sono gli ingredienti principali proposti dalla IEA. Secondo le stime attuali, la quota di combustibili fossili nell’approvvigionamento energetico globale passerà dall’80 percento (dove è rimasta per decenni) al 73 percento entro il 2030. Una riduzione significativa, ma insufficiente per centrare gli obiettivi necessari. La COP28 che si terrà tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre a Dubai sarà un banco di prova decisivo per saggiare la volontà dei leader mondiale, alle prese con tensioni geopolitiche che rischiano di minare la strada tracciata.

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