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Test del sangue può rilevare l’Alzheimer prima della perdita di memoria e di altri sintomi cognitivi

Un team di ricerca internazionale ha sviluppato un esame del sangue sperimentale in grado di rilevare l’Alzheimer prima della comparsa dei sintomi, come la perdita di memoria. Si basa sull’analisi di isotopi del potassio circolanti nel siero sanguigno ed è stato ispirato da studi di scienze planetarie. Come funziona e perché può essere preziosissimo.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno messo a punto un test del sangue sperimentale in grado di rilevare il morbo di Alzheimer prima della comparsa dei caratteristici sintomi, come il declino cognitivo. A ispirare il test le tecniche di geochimica impiegate nelle scienze planetarie e nello studio dei meteoriti. Uno degli aspetti più significativi del nuovo esame, infatti, risiede nel fatto che si basa sull'analisi di composti inorganici presenti nel siero sanguigno, ovvero degli isotopi del potassio, i cui rapporti risultano alterati nelle persone affette dalla patologia neurodegenerativa. Come spiegato dagli autori del nuovo studio, il cervello delle persone con Alzheimer espelle potassio (K) con un “concomitante aumento di potassio sierico”, che a sua volta finendo nel flusso sanguigno può essere rilevato come biomarcatore attraverso apposite indagini di laboratorio. Poiché la diagnosi precoce dell'Alzheimer offre le migliori opportunità di trattamento, come del resto avviene per molte altre malattie, un simile esame basato sul potassio potrebbe rappresentare un preziosissimo alleato nel contrasto alla demenza.

A sviluppare il nuovo test del sangue per il morbo di Alzheimer basato sugli isotopi del potassio è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati australiani di vari dipartimenti dell'Università di Melbourne e del Laboratorio di geochimica “IsoTropics” dell'Università James Cook, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto Paris Globe Physics dell'Università Paris Cité (Francia). I ricercatori, coordinati dal dottor Brandon Mahan della Facoltà di Geografia, Scienze della Terra e dell'Atmosfera dell'ateneo di Melbourne, hanno messo a punto l'esame sperimentale dopo aver analizzato i campioni di sangue di venti persone coinvolte nello studio Australian Imaging, Biomarker and Lifestyle. Dieci avevano una diagnosi conclamata di Alzheimer, mentre le altre dieci erano sane. Il professor Mahan e colleghi si sono concentrati sui rapporti di uno specifico isotopo naturalmente stabile (δ 41 K). Ricordiamo che gli isotopi di un atomo sono caratterizzati dallo stesso numero atomico, cioè il numero di protoni, ma da un diverso numero di neutroni. Alcuni sono stabili, come quello in questione del potassio, altri sono radioattivi (radioisotopi) perché decadono nel tempo liberando le radiazioni.

Mettendo a confronto i rapporti degli isotopi del potassio nel siero sanguigno dei pazienti con Alzheimer con quelli dei soggetti sani, gli scienziati hanno scoperto che nelle persone affette da demenza la media di δ 41 K risulta sensibilmente inferiore. Ciò significa che questo valore può essere sfruttato come biomarcatore per la diagnosi della malattia. Attualmente l'Alzheimer viene diagnosticato attraverso test cognitivi e comportamentali, oltre ad esami neurologici e del liquido cerebrospinale o cefalorachidiano, un fluido cristallino e trasparente che permea il sistema nervoso. Un recente studio cinese ha dimostrato che i primi segni dell'Alzheimer possono essere trovati nella cosiddetta “acqua di rocca” ben 18 anni prima dell'insorgenza dei sintomi cognitivi, come la perdita della memoria e i disturbi del linguaggio, pertanto molti studiosi sono a lavoro su vari test per la diagnosi precoce. Quello basato sugli isotopi del potassio potrebbe essere particolarmente valido e offrire alcuni vantaggi, basandosi su un elemento inorganico.

“Il nostro test minimamente invasivo valuta i livelli relativi di isotopi di potassio nel siero del sangue umano e mostra il potenziale per diagnosticare l'AD prima che il declino cognitivo o altri sintomi della malattia diventino evidenti, in modo che si possano adottare misure per ridurre gli impatti”, ha dichiarato il dottor Mahan in un comunicato stampa. “Il nostro test è scalabile e, a differenza delle diagnosi basate sulle proteine che possono deteriorarsi durante la conservazione, evita problemi di stabilità del campione perché valuta un biomarcatore inorganico”, ha aggiunto lo scienziato. L'Alzheimer, la principale forma di demenza al mondo che secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) colpisce oltre 30 milioni di persone, è ad oggi una malattia incurabile, tuttavia alcuni farmaci somministrati precocemente hanno dimostrato di rallentare la progressione del declino cognitivo.

Recentemente è stato approvato il Donanemab – nome commerciale Kisunla – della casa farmaceutica Eli Lilly, il primo farmaco contro l'Alzheimer che colpisce le placche di beta amiloide, proteine appiccicose che si accumulano nel cervello assieme ai grovigli di proteina tau fortemente associate alla demenza. Nei trial clinici è stato in grado di rallentare il declino cognitivo del 35 percento e la progressione della demenza del 40 percento circa, quando somministrato precocemente. Ecco perché sono importanti test diagnostici rapidi e minimamente invasivi in grado di cogliere la patologia prima che diventi conclamata. I dettagli della ricerca “Stable potassium isotope ratios in human blood serum towards biomarker development in Alzheimer's disease” dedicata al nuovo test del sangue sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Metallomics.

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