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Test del sangue prevede il rischio di infarto e ictus nelle donne con 30 anni di anticipo

Un team di ricerca internazionale ha determinato che attraverso le analisi del sangue è possibile prevedere il rischio di malattie cardiovascolari gravi e mortali nelle donne anche con decenni di anticipo. Lo screening si basa sui valori di due tipi di grassi e un biomarcatore dell’infiammazione. Cogliere le anomalie con così grande anticipo può fare un’enorme differenza sulla prevenzione.
A cura di Andrea Centini
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Un semplice esame del sangue è in grado di prevedere con precisione e con decenni di anticipo il rischio di gravi malattie cardiovascolari nelle donne, come l'infarto del miocardio e l'ictus. Ricordiamo che gli eventi maggiori che interessano il cuore e i vasi sanguigni rappresentano la prima causa di morte nei Paesi industrializzati. I ricercatori hanno scoperto che i livelli di tre specifici elementi – due tipologie di grassi e un marcatore dell'infiammazione – sono ampiamente predittivi del rischio cardiovascolare, pertanto una volta individuate le anomalie è possibile virare verso uno stile di vita più sano e, laddove necessario, seguire terapie preventive e salvavita. Tali alterazioni sono infatti riscontrabili anche trenta anni prima dell'esordio della malattia, dando tutto il tempo per cambiare rotta. Ma chiaramente è necessario sottoporsi a controlli regolari.

A determinare che specifiche analisi del sangue sono in grado di predire il rischio di gravi malattie cardiovascolari con decenni di anticipo nelle donne è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Brigham and Women’s Hospital, che hanno collaborato a stretto contatto con la Scuola di Salute Pubblica “T.H. Chan” dell'Università di Harvard, del Dipartimento di Medicina di Laboratorio del Boston Children’s Hospital e della Facoltà di Medicina dell'Università di Porto (Portogallo). I ricercatori, coordinati dal professor Paul M. Ridker, primario presso il Center for Cardiovascular Disease Prevention dell'ospedale di Boston, sono giunti alle loro conclusioni dopo essersi concentrati su tre fattori modificabili associati al rischio cardiovascolare: la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP) legata all'infiammazione; le lipoproteine a bassa densità (LDL-C), il cosiddetto “colesterolo cattivo; e le lipoproteine(a) o Lp(a), un lipide in parte costituito da LDL (ne è una sua variante) i cui livelli sono influenzati anche dall'ereditarietà. Le concentrazioni di questi due grassi e del biomarcatore infiammatorio sono rilevabili tramite un test del sangue.

Per valutare l'impatto dei valori di questi tre elementi sul rischio di malattie cardiovascolari, il professor Ridker e colleghi hanno analizzato i dati di circa 30.000 donne, tutte operatrici sanitarie coinvolte nel grande Women's Health Study condotto negli Stati Uniti. Al basale avevano un'età media di 54,7 anni. Durante il periodo di follow-up di trenta anni si sono verificati oltre 3.600 eventi cardiovascolari, tra i quali infarto, ictus, necessità di ripristinare la circolazione sanguigna attraverso un intervento chirurgico (rivascolarizzazione coronarica) e morte per malattia cardiovascolare. I ricercatori hanno diviso le partecipanti in gruppi con alti e bassi livelli di hsCRP, LDL-C ed Lp(a) e hanno osservato l'incidenza degli eventi cardiovascolari nel corso dei trenta anni. È stato determinato che le donne con livelli più elevati di proteina C-reattiva ad alta sensibilità avevano un rischio del 70 percento superiore di sviluppare un evento cardiovascolare rispetto a quelle con livelli bassi; le donne livelli elevati di LDL-C avevano un rischio superiore del 36 percento; mentre quelle con livelli elevati di Lp(a) avevano un rischio maggiore del 33 percento.

Se presi singolarmente questi fattori modificabili risultano fortemente associati al rischio di patologie severe, combinati offrono un quadro ancor più preciso: ad esempio, nello studio le donne che avevano livelli elevati di tutti e tre gli elementi mostravano un rischio ben 2,6 volte superiore di avere un evento cardiovascolare maggiore (mortale o meno) rispetto a coloro che li avevano bassi. Tale associazione era particolarmente forte con l'ictus, dato che le probabilità di essere colpite dal “colpo apoplettico” aumentavano di 3,7 volte in chi aveva tutti e tre i valori elevati. “I medici non possono curare ciò che non misurano. Per fornire la migliore assistenza ai nostri pazienti, abbiamo bisogno di uno screening universale per infiammazione, colesterolo e lipoproteina(a), e ne abbiamo bisogno ora. In questo modo, possiamo indirizzare i nostri trattamenti alle specifiche esigenze biologiche dei singoli pazienti, realizzando la nostra speranza di lunga data di fornire un'assistenza preventiva veramente personalizzata”, ha spiegato il professor Ridker in un comunicato stampa. “Questi dati dovrebbero essere un campanello d'allarme per le donne. Aspettare che le donne abbiano 60 o 70 anni per iniziare la prevenzione di infarti e ictus è una ricetta per il fallimento”, gli ha fatto eco la coautrice dello studio ed epidemiologa Julie Buring.

La raccomandazione degli esperti è dunque iniziare a controllare questi valori in età precoce con esami ad hoc e prendere tutte le misure del caso per riportare i valori entro i range della normalità. Nel caso non fosse sufficiente fare attività fisica, seguire una dieta sana e smettere di bere e fumare, gli autori dello studio sottolineano che ci sono diversi farmaci efficaci, come le statine e la colchicina a seconda del target da prendere di mira. Senza intervenire si rischia che l'accumulo nei vasi delle placche aterosclerotiche possa portare a distacchi od occlusione del lume, con conseguenze catastrofiche per la salute. In genere la prevenzione primaria per questi eventi aterosclerotici ha stime di rischio di circa 10 anni, ma grazie a screening universali che tengono in considerazione i tre valori di cui sopra è possibile estenderla a diversi decenni. Gli scienziati sottolineano che anche se lo studio è stato condotto sulle donne, gli stessi risultati devono essere considerati validi anche per gli uomini. I dettagli della ricerca “Inflammation, Cholesterol, Lipoprotein(a), and 30-Year Cardiovascular Outcomes in Women” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The New England Journal of Medicine.

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