Terremoti, il sistema di allerta precoce avrebbe previsto il sisma che colpì la Turchia nel 2023
L’Early Warning Sismico, un sistema di allerta precoce per i terremoti in grado di prevedere l’entità di un sisma e avvisare dei potenziali danni, ha dimostrato di poter tracciare in modo affidabile l’area in cui sarebbe verificato il picco di movimento del suolo durante il terremoto di magnitudo 7.8 che il 6 febbraio 2023 ha colpito la regione al confine tra Turchia e Siria.
Il sistema è stato testato un team di ricerca del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OV), che ne ha dimostrato l’efficacia in un’analisi retrospettiva dettagliata in uno studio pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment di Nature. Il metodo di previsione applicato dai ricercatori ha permesso di identificare i segnali emessi dalla fratturazione del suolo prima dell’evento sismico, mostrando come possano consentire di tracciare l’evoluzione dello scuotimento nel tempo, quindi di essere potenzialmente utilizzabili per allertare la popolazione prima di un terremoto.
“Per condurre il nostro studio abbiamo utilizzato un avanzato metodo di previsione dello scuotimento del suolo, basato sulla misura delle prime onde P e in grado di predire, durante un terremoto, le aree in cui il moto del suolo supererà una soglia limite di danno potenziale” ha spiegato Luca Elia, tecnologo dell’INGV-OV e co-autore della ricerca.
Per valutare l’efficacia del sistema di Early Warning Sismico, i ricercatori hanno analizzato retrospettivamente gli accelerogrammi registrati in prossimità della sorgente del terremoto turco-siriano, acquisiti dalla rete di monitoraggio gestita dall’agenzia AFAD del Ministero dell’Interno turco, deputata alla gestione dell’emergenza e dei disastri.
“La riproduzione simulata in tempo reale di centinaia di accelerogrammi vicini alla sorgente si è tradotta nel 95% di avvisi riusciti (positivi e negativi) e tempi di risposta compresi tra i 10 e i 60 secondi all’interno della zona di potenziale danno” spiegano gli autori dello studio, precisando come i risultati dell’analisi abbiano mostrato che una prima allerta avrebbe potuto essere emessa circa 10 secondi dopo l’origine dell’evento, avvisando correttamente la quasi totalità dei siti interessati dal sisma.
“Inoltre, l’applicazione del sistema di Early Warning ha dimostrato che la zona di forte scuotimento prevista dalle onde P può essere rilevata circa 20 secondi dopo l’origine della frattura” hanno osservato gli studiosi.
“Il nostro studio mostra come i sistemi di allerta precoce basati sulle onde P possano fornire allerte tempestive e affidabili, in grado di migliorare la sicurezza degli abitanti di aree sismiche e mitigare il rischio di danni ingenti – ha commentato il dottor Elia – . Il vantaggio di questi sistemi è quello di poter ottenere informazioni precise prima del forte scuotimento del terreno prodotto dalle onde S tardive e di superficie, aprendo prospettive future allo sviluppo di sistemi di questo tipo”.