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Campi Flegrei

Terremoti ai Campi Flegrei, l’esperto spiega come riconoscere i danni delle scosse negli edifici

A Fanpage.it parla il professor Iunio Iervolino, ordinario di Dinamica delle costruzioni e Ingegneria sismica alla Federico II di Napoli: “Nelle costruzioni di cemento armato, i punti deboli sono i nodi della struttura, negli edifici storici attenzione alle lesioni diagonali”.
Intervista al professor Iunio Iervolino
Ordinario di Dinamica delle costruzioni e Ingegneria sismica presso l'Università Federico II di Napoli e la Scuola Superiore Universitaria (IUSS) di Pavia
A cura di Valeria Aiello
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I terremoti che stanno scuotendo i Campi Flegrei, chiaramente avvertiti in tutta l’area di Pozzuoli e a Napoli, non sarebbero segnali di un’eruzione imminente, ma costituiscono un fattore di rischio per gli effetti che possono determinare in una zona ad alta intensità abitativa. In questo contesto, il tema della vulnerabilità degli edifici è un argomento di assoluta importanza, perché sapere se la propria abitazione è costruita secondo criteri antisismici oppure è a rischio in caso di scosse, anche se di magnitudo non particolarmente elevata, è un primo importante passo per chi si trova a fare i conti con gli sciami delle ultime settimane.

Ne abbiamo parlato con il professor Iunio Iervolino, ordinario di Dinamica delle costruzioni e Ingegneria sismica alla Federico II di Napoli, che a Fanpage.it ha spiegato quali sono i danni che si possono riscontrare nelle abitazioni e, più in generale, in costruzioni e infrastrutture, come scuole, ospedali, strade e ferrovie ma anche in acquedotti e reti di distribuzione sotterrane del gas.

Allora professore, si stanno osservando criticità?
Ad oggi non sono a conoscenza di evidenze che indichino che i terremoti dell’area flegrea abbiano procurato danni particolari. Ciò non significa che quanto sta accadendo sia una situazione a
cui non prestare attenzione, perché sappiamo che la sismicità dei Campi Flegrei ha caratteristiche peculiari, legate alla natura vulcanica di questo territorio.

Dobbiamo infatti tenere presente che questi terremoti, pur essendo di piccola o moderata magnitudo, sono più superficiali di quelli tettonici, per cui gli edifici che si trovano più vicini  all’epicentro possono subire sollecitazioni non trascurabili. E questo è ciò che abbiamo visto guardando i dati degli eventi più intensi osservati finora.

Quali dati?
Le misure delle accelerazioni a terra, dove ci sono le fondazioni degli edifici. Sono misurazioni che avvengono in siti specifici, con strumenti di monitoraggio sismico che registrano le accelerazioni o le velocità del punto in cui sono installate, ma si possono anche misurare gli spostamenti dei piani degli edifici, che indicano le sollecitazioni ai vari livelli.

In Italia abbiamo circa 1.000 strumenti di questo tipo, di cui buona parte funziona in continuo. Tra i Campi Flegrei e Napoli, in particolare, ci sono circa una decina di stazioni accelerometriche, che ci danno informazioni sul segnale sismico, quindi sulle vibrazioni che il terremoto produce e che chiaramente sono diverse a seconda del punto dove si misurano gli scuotimenti.

Quindi, come facciamo a sapere in che modo un terremoto agisce su un edificio?
Per sapere cosa succede a un edificio, creiamo un modello di quella specifica struttura, per capire come ha reagito o reagirà a quelle sollecitazioni.

Volendo semplificare al massimo, possiamo dire che ogni edificio si comporta come un pendolo (inverso), oscillando per effetto della sollecitazione. La frequenza di queste oscillazioni varia in funzione delle caratteristiche dell’edificio studiato e, in prima istanza, dipende dalla rigidezza e dalla massa che porta.

Gli edifici più alti, come i palazzi di cemento armato, tendono ad essere più deformabili, quindi a subire spostamenti maggiori ma con accelerazioni minori. Gli edifici più bassi e massicci, come quelli in muratura, possono invece ad essere più rigidi, quindi subire spostamenti inferiori ma accelerazioni maggiori. In altre parole, a parità di scuotimento, le caratteristiche dinamiche delle strutture – in primo luogo l’altezza e la tipologia costruttiva – determinano se quell’edificio avrà sollecitazioni più o meno intense da quel terremoto e di quale natura.

E su strade o binari? Quali sono gli effetti dei terremoti?
Su strade, binari e, più in generale, su ferrovie e strutture interrate, come acquedotti e reti di distribuzione del gas, i terremoti causano fenomeni diversi da quelli subiti dagli edifici, perché sono strutture distribuite nello spazio e quindi più sensibili agli spostamenti, anche permanenti, che un sisma può indurre in modo differenziale tra un punto e l’altro.

Per le ferrovie, ad esempio, invece delle vibrazioni indotte dal terremoto, preoccupa la possibilità che ci siano spostamenti tali da portare la distanza tra i binari oltre il limite di tolleranza per il passaggio dei convogli. Ed è questo il motivo per cui, dopo un terremoto, anche di magnitudo non elevata, si effettuano controlli alla rete, che avvengono con meccanismi automatici da parte dei gestori delle reti. Noi, come Università, stiamo studiando strumenti di allarme precoce, i cosiddetti early warning sismici, che in tempo reale possano dirci quando un terremoto è preoccupante dal punto di vista delle ferrovie, in modo da evitare ritardi dovuti alle ispezioni.

Tornando agli edifici, quali sono i segnali che indicano un danno alla struttura?
In una costruzione di cemento armato, come le strutture a telaio, i punti deboli sismici sono i nodi, cioè le intersezioni tra travi e pilastri, dove spesso si concentrano i danni. Negli edifici storici, in muratura, i terremoti possono invece causare lesioni diagonali nelle pareti portanti oppure il ribaltamento delle pareti stesse.

Questi danni si concentrano generalmente intorno alle aperture, come le finestre, per cui se si ha una parete con una finestra nel mezzo, la lesione diagonale si verifica dall’angolo dell’apertura fino all’angolo superiore della parete, ma anche sotto, dal vertice opposto della finestra fino all’altro angolo in basso della parete. La parete, indebolita, può poi anche essere spinta a ribaltarsi fuori dal piano che la contiene. Questo perché il terremoto spinge e tira orizzontalmente, producendo due lesioni diagonali nella parete portante.

Come faccio a sapere se il mio edificio è realizzato con criteri sismici?
I criteri sismici più moderni, che sono contenuti nelle norme per le costruzioni, sono stati rilasciati nel 2009, dopo il terremoto dell’Aquila, e rivisti nel 2018, con aggiornamenti tutto sommato moderati. In precedenza, tra gli Anni ‘90 e 2000, gli edifici erano comunque costruiti con criteri sismici, anche se ormai per lo più obsoleti rispetto agli attuali, mentre in alcune zone d’Italia, considerate ad alto rischio sismico, questi criteri erano obbligatori anche negli Anni 80.

E tutti gli altri edifici?
Tutte le altre costruzioni, anche se non progettate sismicamente, hanno comunque una certa resistenza ai terremoti. Parliamo di tutta quella parte di patrimonio che in Italia è composto da costruzioni in cemento armato, soprattutto del secondo dopoguerra (tra gli Anni 50 e 70) e da edifici storici e più antichi, per i quali esistevano comunque norme sismiche, anche se molto
grossolane, che si conoscevano addirittura al tempo dei Romani.

È chiaro che una progettazione più recente vuol dire che il rischio di terremoto è stato tenuto in conto allo stato dell’arte delle conoscenze, così come è sempre meglio parlare di progettazione sismica, cioè di progetti che tengono conto del terremoto, piuttosto che di progettazione “antisismica”, un termine che potrebbe essere fuorviante, perché lo stato delle conoscenze non ci permette di garantire la sicurezza sismica assoluta, sebbene sia dimostrato che le strutture progettate secondo le norme più recenti siano molto più sicure e falliscano davvero raramente.

In sintesi, possiamo quindi dire che gli edifici progettati sismicamente in modo moderno sono quelli costruiti dalla fine del primo decennio del 2000, mentre i precedenti sono progettazioni sismiche che diventano sempre più obsolete man mano che si va più indietro nel tempo.

Eppure, si tende a pensare che gli edifici storici siano i più resistenti…
Bisogna tenere presente che noi oggi vediamo gli edifici storici “migliori”, cioè quelli che sono sopravvissuti alla loro storia, mentre ce ne sono tanti altri non vediamo più, perché soppiantati da edifici moderni. Ci sono quindi edifici storici che hanno dimostrato di avere una buona qualità e altri che non la avevano, per cui fare un ragionamento generale è molto, molto difficile.

Da strutturista le dico che gli edifici sono come le persone, tutti diversi: non si può generalizzare. E personalmente, soprattutto con le ultime norme, le posso dire che, rispetto ai palazzi storici arrivati fino a noi, ho molta più fiducia negli edifici progettati con la conoscenza sismica attuale.

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