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Tecnica rivoluzionaria uccide tumori e cellule cancerose resistenti ai farmaci: speranze per cura

Ricercatori statunitensi hanno sviluppato una metodo sperimentale innovativo che spinge i tumori ad autodistruggersi e a eliminare le cellule cancerose che resistono ai farmaci. La nuova tecnica, chiamata circuito genetico modulare a doppio interruttore, è risultata efficace su cellule tumorali umane coltivate in laboratorio e su modelli murini. Speranze per una terapia rivoluzionaria contro il cancro aggressivo e recidivante. Già depositato il brevetto della procedura.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno sviluppato un metodo sperimentale rivoluzionario non solo in grado di uccidere i tumori, ma anche di eliminare le cellule cancerose superstiti resistenti ai farmaci, spesso responsabili di recidive ripetute che possono esaurire le opzioni terapeutiche (crescita dopo ricrescita). Quando infatti un farmaco mirato ed efficace elimina il cancro, nei casi più gravi permangono residui di cellule resistenti capaci di dar vita a una nuova massa tumorale e metastasi. L'evoluzione dei tumori guidata dalla resistenza è uno dei motivi per cui alcune forme di cancro risultano così aggressive e recidivanti, con poche possibilità di trattamento. Grazie alla nuova tecnica, tuttavia, i ricercatori sono riusciti a sfruttare l'evoluzione delle cellule tumorali a proprio vantaggio, spingendole non solo ad autodistruggersi, ma anche ad annientare quelle vicine che mostrano resistenza. Sottolineiamo che il nuovo metodo, al momento, è risultato efficace solo su cellule tumorali umane in coltura e su modelli murini (topi), ma è così promettente che gli scienziati ne hanno già depositato la richiesta di brevetto.

A mettere a punto la nuova procedura anticancro, tecnicamente un “circuito genetico modulare a doppio interruttore”, è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del Dipartimento di Ingegneria Biomedica e dell'Huck Institute per le scienze della vita dell'Università Statale della Pennsylvania, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Biologia dell'Università della California San Diego. I ricercatori, coordinati dal professor Justin Pritchard, docente di ingegneria biomedica presso l'ateneo di University Park, hanno sottolineato che il nuovo approccio è scaturito dalla frustrazione, perché il cancro può sviluppare la resistenza alla terapia farmacologia e, trattamento dopo trattamento, si può arrivare al punto di esaurire le opzioni per salvare la vita al paziente.

Gli scienziati spiegano che i nuovi farmaci mirati contro i tumori spesso falliscono non perché non sono validi, ma proprio a causa delle caratteristiche del cancro, del modo in cui esso risponde e si evolve all'esposizione ai principi attivi dei farmaci. L'idea di base era sfruttare questo meccanismo evolutivo – spesso mortale – per ritorcerglielo contro. Per farlo si sono affidati a quelli che i genetisti chiamano “gene drive di selezione”. In parole semplici, ti tratta di procedure molecolari in grado di amplificare un determinato dettaglio genetico. Vengono ad esempio utilizzate nella lotta alla malaria, spingendo a far nascere solo maschi nelle popolazioni di zanzare (attraverso modifiche genetiche).

Nel contesto della lotta al cancro, il gene drive di selezione viene utilizzato per piegare l'evoluzione delle cellule tumorali e portarle all'autodistruzione. “Mi piace l'idea che possiamo usare l'inevitabilità dell'evoluzione di un tumore contro di esso”, ha spiegato il professor Pritchard in un comunicato stampa. L'obiettivo della tecnica è eliminare alla fonte l'innesco dei meccanismi di resistenza che possono portare i farmaci antitumorali all'inefficacia. Per farlo è stato creato un circuito genetico modulare o gene drive di selezione a doppio interruttore da introdurre nelle cellule tumorali. Per l'esperimento sono state utilizzate linee cellulari derivate da tumori ai polmoni non a piccole cellule con la mutazione del gene EGFR (un bersaglio per i farmaci oncologici). In parole molto semplici, grazie a questo circuito genetico a doppio gene gli scienziati possono accendere o spegnere la resistenza ai farmaci a piacimento. Quando si mantiene il primo interruttore acceso, il farmaco uccide le cellule cancerose sensibili al farmaco ma lascia in vita le cellule geneticamente modificate per resistere al farmaco, oltre a un piccolo gruppo di cellule native resistenti. Questa selezione guidata fa in modo che la popolazione di cellule geneticamente modificate cresca e si diffonda, soppiantando la piccola popolazione di cellule native resistenti. Questo impedisce loro di evolversi ulteriormente e sviluppare una nuova resistenza.

A questo punto, i ricercatori spengono il primo interruttore genetico che rendeva la popolazione di cellule geneticamente modificate resistenti al farmaco, trasformandole in cellule sensibili. Con l'accensione del secondo interruttore viene inviato un “gene suicida” in queste cellule che le porta all'autodistruzione. Ma non solo. Esse infatti sono spinte a produrre una tossina in grado di uccidere tutte le cellule tumorali limitrofe, modificate o meno. Il risultato è la distruzione del tumore. “Non solo uccide le cellule ingegnerizzate, ma uccide anche le cellule circostanti, vale a dire la popolazione nativa resistente. Questo è fondamentale. Quella è la popolazione di cui vuoi liberarti in modo che il tumore non ricresca”, ha dichiarato il professor Pritchard. L'efficacia del circuito genetico modulare è stata dimostrata sia nelle linee cellulari coltivate in laboratorio che in roditori affetti da malattie oncologiche.

L'aspetto più sorprendente risiede nel fatto che i ricercatori hanno testato la procedura provando a ostacolare vari meccanismi di resistenza messi in atto dalle cellule tumorali, riuscendo a “tenerli a bada” tutti quanti. In pratica, con questo metodo viene strappata l'eterogeneità delle cellule tumorali, appiattendone la diversità genetica e permettendo ai farmaci di fare egregiamente il proprio lavoro di pulizia senza lasciare pericolose cellule superstiti. “La cosa bella è che siamo in grado di colpire le cellule tumorali senza sapere cosa sono, senza aspettare che crescano o che si sviluppi una resistenza perché a quel punto è troppo tardi”, ha affermato il dottor Scott Leighow, ingegnere biomedico e coautore dello studio.

La ricerca è ancora nelle fasi iniziali e potrebbero volerci molti anni prima di poter tradurre questi risultati sull'essere umano, ma se i ricercatori riusciranno a trasferire tutto questo nella pratica clinica, allora avremo a disposizione una delle armi più innovative ed efficaci per combattere il cancro aggressivo. I dettagli della ricerca “Programming tumor evolution with selection gene drives to proactively combat drug resistance” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Biotechnology.

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