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Svelato il mistero dei meteoriti recuperati sulla Terra: perché non sono quelli che ci aspetteremmo

Analizzando i dati di centinaia di bolidi e potenziali cadute di meteoriti, i ricercatori hanno risolto un mistero di lunga data sui “sassi spaziali” che recuperiamo sulla Terra. Ecco cosa è stato scoperto.
A cura di Andrea Centini
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A sinistra un bolide osservato in Francia nel 2023 (credit: Wokege / Wikipedia); a destra un meteorite recuperato al suolo (Credit: X /Vigie-Ciel)
A sinistra un bolide osservato in Francia nel 2023 (credit: Wokege / Wikipedia); a destra un meteorite recuperato al suolo (Credit: X /Vigie-Ciel)

Lo spazio abbonda di asteroidi ricchi di carbonio, eppure le condriti carboniose rappresentano solo una piccolissima percentuale dei meteoriti che recuperiamo sulla Terra. Questa discrepanza è stata a lungo considerata un vero e proprio enigma dagli astronomi, dato che sul nostro pianeta dovremmo trovarne molti di più. Basti sapere che ad oggi i “sassi spaziali” ricchi di carbonio raccolti in tutto il mondo rappresentano appena il 4 percento del totale. Secondo le stime degli esperti, basate sulle concentrazioni di asteroidi carboniosi che orbitano nella Fascia Principale tra Marte e Giove e quelli rilevati nello spazio nei pressi della Terra, oltre il 50 percento dei meteoriti recuperati sulla superficie terrestre dovrebbe essere carboniosa. Dunque, che cosa sta succedendo di strano nello spazio?

Grazie a un nuovo studio, potrebbe essere stato finalmente risolto questo mistero di vecchia data. Secondo la ricerca, infatti, è stato dimostrato che lo stress termico cui sono esposti i meteoroidi – pezzi di asteroidi – ricchi di carbonio in avvicinamento al perielio (la minima distanza dal Sole), in sinergia con lo “scudo” offerto dall'atmosfera terrestre, rappresentano una sorta di trappola letale per la maggior parte di questi sassi spaziali. In altri termini, risultano così fragili che nella maggior parte dei casi vengono completamente disintegrati, per questo non riescono a raggiungere il suolo sotto forma di meteoriti. Gli unici che troviamo sono quelli densi e compatti che riescono a sopravvivere sia alle temperature della stella che al filtro dell'atmosfera terrestre. Non tutti i bolidi che illuminano il cielo, del resto, si trasformano in meteoriti, proprio a causa del fenomeno dell'ablazione dovuto al calore estremo e all'attrito determinati dall'impatto con l'aria a velocità estreme di migliaia di chilometri orari. Questo stesso processo è alla base delle cosiddette “stelle cadenti”, meteore generate da granelli di polvere e minuscoli detriti, spesso di comete come nel caso delle Liridi e delle Eta Aquaridi che illumineranno il cielo in questi giorni.

Due rarissime condriti carboniose Cl. Credit: wikipedia
Due rarissime condriti carboniose Cl. Credit: wikipedia

A determinare che sulla Terra non troviamo molti meteoriti ricchi di carbonio perché “filtrati” dal Sole e dall'atmosfera terrestre è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Osservatorio di Parigi dell'Università Sorbona (Francia) e del Centro di scienza e tecnologia spaziale dell'Università Curtin (Australia), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto Astronomico dell'Accademia Rumena di Bucarest e del Laboratorio di Astrofisica di Marsiglia dell'Università di Aix-Marseille. I ricercatori, coordinati dal professor Patrick M. Shober dell'ateneo parigino, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati di circa 8000 impatti di meteoroidi e 540 possibili cadute di meteoriti, raccolti da una ventina di reti di sorveglianza di 39 Paesi diversi. Incrociando tutte le informazioni, è stato determinato che la discrepanza tra i meteoriti ricchi di carbonio raccolti sulla Terra e l'abbondanza di asteroidi carboniosi nello spazio è dovuto proprio all'enorme potere filtrante del Sole e dell'atmosfera terrestre.

“I meteoroidi ripetutamente sottoposti a intensi cicli termici vicino al Sole si fratturano e si indeboliscono, rimuovendo gli oggetti più friabili ancor prima dell'ingresso in atmosfera”, spiegano gli scienziati nell'abistract dello studio. “I nostri dati mostrano anche che i flussi di meteoroidi disgregati dalle maree producono frammenti particolarmente fragili che raramente sopravvivono al suolo. Di conseguenza, i corpi compatti, più resistenti e sottoposti a cicli termici dominano la documentazione meteorica”, hanno chiosato gli esperti. In sostanza, gli astronomi sospettavano da tempo che i fragili meteoroidi carboniosi non sopravvissero all'ablazione; ora sappiamo che in tanti nemmeno arrivano ad avvicinarsi alla Terra, venendo disgregati prima dal calore del Sole. I sassi spaziali che passano sono proprio quelli che “sopravvivono” alla cottura del Sole e all'ablazione.

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I meteoriti contenenti carbonio, nonostante la loro scarsità sulla Terra, sono considerati estremamente preziosi non solo perché sono tra i più antichi in assoluto – si ritiene che abbiano circa 4,6 miliardi di anni, circa quanto il Sistema solare – ma anche per il contenuto di altri composti preziosi come acqua e molecole organiche. Potrebbero dunque aver giocato un ruolo significativo nella cosiddetta teoria della panspermia, che avrebbe permesso alla vita di originare sulla Terra dallo spargimento di molecole fondamentali. “I meteoriti ricchi di carbonio sono tra i materiali chimicamente più primitivi che possiamo studiare: contengono acqua, molecole organiche e persino amminoacidi”, ha affermato in un comunicato stampa il dottor Shober. “Tuttavia, ne abbiamo così pochi nelle nostre collezioni di meteoriti che rischiamo di avere un quadro incompleto di ciò che c'è realmente nello spazio e di come gli elementi costitutivi della vita siano arrivati sulla Terra. Capire cosa viene escluso e perché è fondamentale per ricostruire la storia del nostro sistema solare e le condizioni che hanno reso possibile la vita”, ha chiosato l'esperto. La scoperta sulla fragilità degli asteroidi carboniosi potrebbe avere un impatto anche sulle future missioni spaziali umane per il recupero di materiali nello spazio.

Recentemente scienziati dell'Origins Laboratory dell'Università di Chicago hanno scoperto da dove arrivano le condriti carboniose Cl, tra i più rari meteoriti in assoluto recuperati sulla Terra (soltanto nove). I dettagli della nuova ricerca “Perihelion history and atmospheric survival as primary drivers of the Earth’s meteorite record” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Astronomy.

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