Svelati i segreti dei meravigliosi draghi marini: ecco perché sono creature così strane
I mari e gli oceani di tutto il pianeta sono ricchi di pesci dalle forme stravaganti e incredibili, plasmate da decine di milioni di anni di selezione naturale. In un'ipotetica classifica dei gruppi più strani e curiosi, i Signatidi (Syngnathidae) sono indubbiamente in cima alla lista. Questa famiglia abbraccia infatti i pesci ago, i cavallucci marini e i draghi marini, tutti animali dall'aspetto inconfondibile e molto divergente dal pesce “tipico”. Inoltre la loro stravaganza non si limita alle sole forme, tenendo presente che sono i maschi a occuparsi dell'incubazione e del parto dei piccoli (gravidanza maschile). Fra i Signatidi i più peculiari in assoluto sono i draghi marini, coloratissimi pesci endemici dell'Australia che si caratterizzano per un corpo adornato da curiose escrescenze simili a foglie, utili a mimetizzarsi fra alghe e piante marine; colonna vertebrale con una curvatura estrema; assenza di costole e denti; spine attorcigliate e molto altro. Un nuovo studio ha appena fatto luce sulle ragioni genetiche che hanno reso queste creature così uniche e affascinanti.
A svelare i segreti delle tre specie di draghi marini è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati dell'Istituto di Ecologia ed Evoluzione dell'Università dell'Oregon, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Knight Campus for Accelerating Scientific Impact e del Dipartimento di Evoluzione, Ecologia e Comportamento dell'Università dell'Illinois a Urbana–Champaign. Gli scienziati, coordinati dai professori Susan Bassham e Clay Small, si sono concentrati su due specie: il drago marino comune (Phyllopteryx taeniolatus) e il dragone foglia o drago marino di Glauert (Phycodurus eques). La terza specie, il drago marino rubino (Phyllopteryx dewysea), è stata classificata dai biologi marini solo nel 2017. Come indicato, tutte e tre vivono al largo delle coste dell'Australia e per questo sono poco conosciute.
I ricercatori hanno sottoposto a sequenziamento genomico i campioni biologici dei due draghi marini e hanno confrontato le loro sequenze con quelle degli altri Signatidi (i “parenti stretti” pesci ago e cavallucci marini), oltre che con quelle di pesci meno legati filogeneticamente, il pesce zebra e lo spinarello. Dall'incrocio dei dati la professoressa Bassham e i colleghi hanno scoperto che in tutti i Signatidi erano assenti parti di geni normalmente associate allo sviluppo, un dettaglio che può spiegare le loro forme così curiose. “Sorprendentemente, le analisi comparative basate sui genomi del drago marino e ulteriori genomi di signatidi e gruppi esterni hanno rivelato perdite sorprendenti e specifiche per i signatidi tra i fattori di crescita dei fibroblasti (FGF), che probabilmente comportano la riorganizzazione di reti regolatorie geniche altamente conservate in modi che non sono stati precedentemente documentati nelle popolazioni naturali”, hanno scritto gli scienziati nell'abstract dello studio.
Inoltre nei soli draghi marini è stata scoperta la presenza di molti trasposoni, sequenze di DNA ripetitive – conosciute anche come “geni che saltano” – che si comportano in modo peculiare nel genoma, spostandosi e copiandosi. A causa di questa peculiarità possono modificare repentinamente il funzionamento dei geni. I ricercatori ritengono che sia a causa di questi trasposoni che i draghi marini si sono evoluti in modo così particolare e in tempi rapidissimi (la loro famiglia si è staccata “soltanto” 50 milioni di anni fa). “Abbiamo identificato diverse caratteristiche interessanti specifiche dei genomi dei draghi marini, comprese le regioni non codificanti divergenti vicino a un gene dello sviluppo importante per la crescita tegumentaria, un'elevata densità dell'intero genoma del DNA ripetitivo e le recenti espansioni di elementi trasponibili e una famiglia di geni del traffico vescicolare”, hanno affermato gli esperti.
Gli scienziati hanno anche analizzato ai raggi X un esemplare di dragone foglia, ottenendo immagini con una risoluzione sorprendente. Grazie ad esse hanno osservato che le strutture di supporto alle escrescenze simili alle foglie sembravano estensioni delle spine, probabilmente evolute da un nucleo di collagene, uno sviluppo diverso dalle appendici ossee osservate in altri pesci ossei. I dettagli della ricerca “Leafy and weedy seadragon genomes connect genic and repetitive DNA features to the extravagant biology of syngnathid fishes” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica PNAS.