Suoli sempre più aridi hanno fatto salire di 10,87 mm il livello del mare

Diversamente da quanto spesso si immagina, l’innalzamento del livello del mare non è dovuto solo allo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari: a contribuire in modo significativo è anche l’inaridimento delle masse continentali, cioè la riduzione dell’umidità nel suolo legata alla perdita di acqua dalle falde acquifere sotterranee e alle riduzioni di laghi, fiumi e pozzi.
Questa diminuzione delle riserve d’acqua dolce, amplificata dal riscaldamento globale che, a sua volta, è collegato a una maggiore incidenza globale della siccità, ha già causato un significativo innalzamento del livello mare: secondo un nuovo studio appena pubblicato sulla rivista Science, la riduzione dell’umidità nel suolo ha contribuito a un aumento di 10,78 millimetri del livello medio globale del mare, di cui più della metà dall’inizio degli Anni 2000. In considerazione dell’ulteriore incremento delle temperature previsto dai modelli climatici, gli autori della nuova analisi ritengono “improbabile” che questa tendenza cambi nel prossimo futuro.
Aridità del suolo e innalzamento del livello del mare: due facce della crisi climatica
Per valutare l’inaridimento delle masse continentali e il contribuito della perdita d’acqua all’incremento del livello del mare, gli studiosi hanno esaminato dati satellitari, misurazioni dell’innalzamento del livello del mare, osservazioni satellitari della gravità terrestre e delle variazioni nella rotazione terrestre dovute ai cambiamenti nella distribuzione di massa attorno al pianeta.
Nel complesso, questi dati mostrano che la perdita di umidità dal suolo è stata particolarmente marcata dal 2000 al 2002, con una riduzione di circa 1,6 milioni di miliardi di tonnellate: quest’acqua ha contribuito all’innalzamento del livello del mare di quasi due millimetri in ciascuno di quei due anni. In confronto, in quello stesso periodo, lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia ha contribuito per circa 900 miliardi di tonnellate, ovvero un innalzamento del livello del mare di circa 0,8 millimetri all’anno – meno della metà – all’innalzamento del livello del mare.
I dati hanno inoltre mostrato che dal 2003 al 2016, sono andati persi altri 1.000 miliardi di tonnellate di acqua, corrispondenti a un ulteriore aumento di 2,76 mm del livello medio globale del mare. “È probabile che la causa di questo declino siano state le carenze di precipitazioni e l’evaporazione e la traspirazione legate all’aumento della temperatura media terrestre negli ultimi decenni” hanno osservato gli studiosi, secondo cui “le aree del globo che si stanno prosciugando a causa delle temperature più elevate e dei cambiamenti nelle precipitazioni stanno diventando più grandi delle aree che stanno diventando più umide”.
In questo contesto, gli esperti evidenziano come, a peggiorare la situazione, sia anche la crescente domanda di acqua dalle falde acquifere sotterranee. “È giusto dire che la maggior parte di coloro che lavorano sulle questioni idriche ignora i collegamenti tra il pompaggio delle acque sotterranee e l’innalzamento del livello del mare, e se ne sono a conoscenza, probabilmente non capiscono che i cambiamenti sono misurabili e che stanno influenzando anche l’inclinazione dell’asse terrestre” ha precisato la scienziata ambientale Katharine Jacobs dell’Università dell’Arizona a Tucson, che non è stata coinvolta nello studio. Con lo spostamento dell’acqua dalla terraferma al mare, i ricercatori hanno calcolato che il polo nord terrestre “si è già spostato di circa 45 centimetri” nel periodo di studio e potrebbe arrivare a spostarsi anche di 30 metri entro il 2100.