Sulle montagne le temperature aumentano a velocità doppia: entro il 2100 addio ai ghiacciai alpini
Domenica 3 luglio 2022, nel giorno in cui si è registrato il drammatico distacco del seracco dal ghiacciaio della Marmolada, sulla vetta delle Dolomiti alle 14 le centraline dell'Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) hanno registrato una temperatura di 10,3° C, al momento la più alta dell'intera stagione. La valanga mortale di neve, ghiaccio e massi, che ha percorso 500 metri alla mostruosa velocità di 300 chilometri orari, si è scatenata poco prima di questo picco, anche se i sensori rilevavano 10° C già a partire dalle 11 di mattina. Il giorno prima la colonnina di mercurio si era fermata poco al di sotto dei 9° C, mentre la notte sono stati rilevati 5° C. Sono valori anomali, sensibilmente superiori alla media del periodo, che riflettono l'impatto dell'anticiclone africano che sta imperversando da settimane su un'ampia porzione dell'area mediterranea. Come sottolineato a Fanpage.it dal professor Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, l'ondata di calore estrema ha fatto sì che un crepaccio coperto dal ghiacciaio si sia riempito d'acqua e sotto la forza del suo peso ha innescato il tragico crollo. Un evento eccezionale al quale tuttavia dovremo fare l'abitudine, a causa dei cambiamenti climatici che hanno ormai segnato il destino di moltissimi ghiacciai.
Lo stesso ghiacciaio della Marmolada, la “Regina delle Dolomiti”, è destinato a sparire nel giro di 25-30 anni, come rilevato da uno studio internazionale del 2019 guidato da ricercatori italiani dell'Istituto di Scienze Marine del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-ISMAR). Anche se riusciremo a contenere le emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra prodotti dalle nostre attività, che catalizzano il riscaldamento globale, questo e altri ghiacciai alpini saranno comunque perduti. Le temperature in costante aumento hanno infatti determinato il superamento del punto di non ritorno e nei prossimi decenni è atteso un inevitabile peggioramento. Soprattutto in montagna, dove gli effetti dei cambiamenti climatici sono amplificati. Lo scioglimento della copertura nevosa e del ghiaccio causato dalle temperature estreme, infatti, espongono le rocce all'aria aperta; poiché hanno una capacità ridotta di riflettere i raggi solari (albedo) e accumulano più calore, a loro volta incrementano i processi di fusione. Non a caso secondo un rapporto di Legambiente ci si aspetta che, nella maggior parte delle montagne presenti in Italia, si verificherà un innalzamento delle temperature compreso tra i 2 e i 3° C entro il 2050. Entro il 2100, data in cui saranno spariti quasi tutti i ghiacciai alpini, la temperatura sulle montagne salirà ulteriormente dai 3° ai 7° C, in base al modello climatico di riferimento. Ciò determinerà uno stravolgimento degli ecosistemi. montani “Nelle Alpi le temperature stanno crescendo ad una velocità doppia rispetto alla media globale, e la neve al suolo negli ultimi dieci anni ha subito un costante decremento lasciando sempre più spazio ad aride sterpaglie”, si legge nel rapporto di Legambiente. Il ghiacciaio della Marmolada ha perso il 30 percento della massa e il 22 percento della copertura in un solo decennio, dal 2004 al 2014, ma dall'inizio del XX secolo le temperature in aumento hanno fuso l'85 percento del suo volume.
Il recente studio “Evolution of temperature indices in the periglacial environment of the European Alps in the period 1990–2019” pubblicato sul Journal of Mountain Science (JMS) dai due scienziati Guido Nigrelli e Marta Chiarle, esperti dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRPI), ha dimostrato che si è verificato un costante aumento dei tassi di riscaldamento sulle montagne. “L'ambiente periglaciale alpino, nel trentennio 1990-2019 ha fatto osservare tassi di riscaldamento di 0,4 °C, 0,6 °C e 0,8 °C ogni dieci anni, rispettivamente per le temperature medie, massime e minime annuali”, ha spiegato il dottor Novelli. “Questi tassi di riscaldamento sono superiori a quelli osservati nello stesso periodo per le temperature medie sull'intera area alpina (0,3 °C ogni dieci anni) e a livello globale (0,2 °C ogni dieci anni)”, ha chiosato l'esperto.
Non c'è da stupirsi che i ghiacciai si stanno riducendo significativamente in massa ed estensione, col rischio di gravi distacchi durante il processo di fusione. “Negli ultimi 150 anni si sono verificate riduzioni di areali dei ghiacciai del 60 percento nelle Alpi, con punte dell’82 percento nelle Alpi Giulie e 97 percento nelle Marittime”, ha affermato Legambiente. "La montagna è un punto caldo, un hotspot climatico, sia perché sta sperimentando un aumento di temperatura molto maggiore, addirittura doppio, rispetto a quello medio globale, sia perché in montagna sono particolarmente visibili gli effetti che questo surriscaldamento sta generando", aveva commentato a fabene.org la professoressa Elisa Palazzi, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR e docente di Fisica del Clima all’Università degli Studi di Torino. Di questo passo perderemo interi e preziosissimi ecosistemi montani, con l'inevitabile scomparsa di specie uniche e meravigliose, oltre a danni significativi all'economia e sulla disponibilità di acqua.