Sulle Alpi nevica plastica: ogni anno ne cadono 3.000 tonnellate
Alpi incontaminate? Non più, a causa della plastica che, dopo aver inquinato i mari, ora si scopre essere presente anche nella neve. In un anno, sono circa 43 trilioni le minuscole particelle che cadono in Svizzera, dal versante alpino fino alle pianure urbane. Secondo i ricercatori, potrebbero corrispondere a quasi 3.000 tonnellate di nanoplastiche nell’arco di 12 mesi, una stima molto più elevata di quella emersa da altri studi ma che risulta da uno dei campionamenti più accurati che sia mai stato realizzato.
Per misurare il numero di particelle di plastica nella neve, un team di studiosi – che ha coinvolto il professor Dominik Brunner dei Laboratori Federali Svizzeri per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (EMPA) e i ricercatori dell’Università di Utrecht e dell’Istituto Centrale Austriaco di Meteorologia e Geofisica – ha sviluppato un metodo chimico in grado di determinare la contaminazione dei campioni mediante la spettrometria di massa.
Questa tecnica analitica ha permesso di quantificare selettivamente i diversi tipi di nanoplastiche che ogni giorno, in periodo compreso tra l’inverno e la primavera del 2017, si sono depositate sulla neve superficiale presso la stazione di ricerca d’alta quota dell’Osservatorio Sonnblick, nel parco nazionale Alti Tauri delle Alpi austriache. L’Osservatorio Sonnblick, gestito dal meteorologo e ricercatore artico Elke Ludewig, si trova sul monte Hoher Sonniblick a 3.106 metri sul livello del mare, il punto più alto della Raurisertal, sullo spartiacque alpino.
Le concentrazioni delle diverse nanoplastiche, riportate in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, sono state inoltre correlate ai dati meteo, alla direzione dei venti europei e al monitoraggio delle stesse nell’atmosfera, suggerendo che circa il 30% di queste componenti fosse arrivato principalmente dalle città che si trovano a un raggio di circa 200 chilometri, mentre il 10% sarebbe stato trasportato dai venti e dalle intemperie anche per oltre 2000 chilometri, in parte dall’Atlantico.
Oltre alle particelle di plastica, gli studiosi hanno riscontrato la presenza di sabbia del Sahara e altri rifiuti erosi dagli effetti atmosferici e dall’abrasione meccanica di macroparticelle in microparticelle e nanoparticelle. La fonte di tutta questa plastica non è solo dovuta ai milioni di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno, ma viene rilasciata anche attraverso l’uso di quotidiano di imballaggi e abbigliamento, sotto forma di nanoparticelle così leggere che si muovono nell’aria quasi come se fossero gas.
A differenza delle microparticelle, le nanoparticelle possono essere anche respirate, raggiungendo i polmoni, dove a causa delle ridotte dimensioni, possono eventualmente superare la barriera sangue-cellula e penetrare nel flusso sanguigno umano. “Sappiamo che micro e nanoplastiche sono ormai presenti quasi ovunque – ha affermato Bernd Nowack, uno dei ricercatori dell’EMPA tra i più citati al mondo per il suo lavoro sulla distribuizione delle nanoparticelle nell’ambiente – . Dobbiamo però ancora scoprire quanto siano significative o addirittura pericolose”.