Stress, ansia e depressione “nutrono” i tumori e riducono l’efficacia delle cure
I tumori “si nutrono” di emozioni negative e le sfruttano per proliferare e resistere ai trattamenti mirati a sconfiggerlo. Lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine, da cui è emerso il legame tra il disagio emotivo e una scarsa risposta all’immunoterapia nelle persone con melanoma metastatico.
Alcuni studi preclinici avevano già indicato che lo stato emotivo è in grado di influire negativamente sulla progressione del tumore e sulle risposte antitumorali ma ad oggi non era ancora stato chiarito in che modo le reazioni emotive avverse, come ansia, stress e depressione, vadano a impattare sulla regolazione della risposta immunitaria antitumorale. “La nostra osservazione – hanno spiegato gli autori del nuovo studio, guidati dai professori Cristian Black e Lonneke Van de Poll-Franse del Netherland Cancer Institute di Amsterdam – è in linea con gli esperimenti sugli animali, che indicano un ruolo sulla segnalazione adrenergica nella regolazione della risposta immunitaria antitumorale”.
Ansia, stress e depressione influiscono negativamente sull’efficacia delle cure per i tumori
La possibilità di combattere il cancro attraverso il sistema immunitario (immunoterapia oncologica), potenziando la risposta immunitaria nei confronti delle cellule tumorali – come nel caso dell’immunoterapia per il melanoma presa in esame nello studio condotto dal Netherlands Cancer Institute di Amsterdam – rappresenta una nuova arma per inibire i meccanismi che i tumori attivano per bloccare il sistema immunitario e nascondersi al nostro sistema di difesa. Prove crescenti hanno tuttavia evidenziato che la salute psicologica ed emotiva è strettamente collegata all’esito del trattamento, tanto più quando un paziente si trova ad affrontare un tumore.
In particolare, i risultati della nuova ricerca, un’analisi a posteriori dello studio PRADO, la sperimentazione clinica che ha promosso l’immunoterapia neoadiuvante (prima dell’asportazione del tumore) nei pazienti con melanoma, hanno evidenziato una scarsa risposta alla terapia in coloro che presentavano disagio emotivo prima del trattamento.
“Dai nostri risultati – ha affermato il professor Blank – è emerso che il disagio emotivo può influenzare negativamente la risposta immunitaria contro il tumore. I pazienti con disagio emotivo presente prima del trattamento immunoterapico neoadiuvante hanno mostrato una ridotta risposta alla terapia rispetto ai pazienti senza segni evidenti di stress, ansia o depressione: 46% contro il 65%. Non solo: il disagio emotivo è risultato collegato a un rischio più alto di recidiva a 2 anni (91% contro 74%) e a maggiori metastasi a 2 anni (95% contro il 78%)”.
"Lo stress può favorire la crescita e la resilienza del tumore"
Su questi risultati, gli esperti si sono confrontati nella nona edizione dell’Immunotherapy e Melanoma Bridge, il doppio evento internazionale che si è tenuto in questi giorni a Napoli e che, tra gli altri, ha visto la partecipazione come presidente del convegno del professor Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Sperimentale Melanoma, Immunoterapia e Terapie Innovative dell’Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli.
“Lo studio dei colleghi olandesi conferma chiaramente l’esistenza di uno stretto legame tra lo stato emotivo e psicologico di un paziente con tumore e la risposta immunitaria, anche quando ‘potenziata’ da specifici trattamenti immunoterapici – ha commentato il professor Ascierto – . Lo stress può favorire la crescita e la resilienza del tumore, sia attraverso la produzione di una serie di ormoni (per esempio il cortisolo) che lo ‘nutrono’, sia promuovendo la creazione di un microambiente vantaggioso per la proliferazione di metastasi, sia ‘indebolendo’ e ‘corrompendo’ le cellule del sistema immunitario”.
“Il supporto psicologico dall’inizio del percorso di cura può dunque avere una triplice funzione – ha aggiunto Ascierto – Da un lato può migliorare la qualità della vita del paziente, dall’altro può ridurre il ‘nutrimento’ del tumore e ancora sostenere e tutelare la risposta ai trattamenti immunoterapici”.