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Sordi dalla nascita, cinque bambini acquisiscono l’udito grazie a una terapia sperimentale

I piccoli pazienti non avrebbero mai sentito a causa di una mutazione del gene che codifica per l’otoferlina, una proteina indispensabile per trasmettere il suono dall’orecchio al cervello: grazie a una terapia genica sperimentale, nel giro di poche settimane tutti i bambini hanno acquisito l’udito bilaterale, mostrando di poter riconoscere le voci e individuare le diverse sorgenti sonore.
A cura di Valeria Aiello
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Sarà una vita ben diversa da quella decisa dal destino quella di cinque bambini sordi dalla nascita che, grazie a una terapia genica sperimentale, hanno acquisito la capacità uditiva ad entrambe le orecchie. I piccoli pazienti non avrebbero mai sentito a causa di una specifica forma di sordità, chiamata DFNB9 (sordità autosomica recessiva 9), causata da mutazioni nel gene OTOF che codifica per l’otoferlina, una proteina espressa dalle cellule ciliate, indispensabile per trasmettere il suono dall’orecchio al cervello. Queste mutazioni portano alla carenza o alla disfunzione dell’otoferlina, determinando la sordità congenita bilaterale.

I risultati della sperimentazione, dettagliati in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Medicine, indicano che i cinque bambini, di età compresa tra 1 e 11 anni, nel giro di poche settimane dal trattamento hanno acquisito “la percezione del parlato e la capacità di localizzare la sorgente sonora” hanno spiegato i ricercatori, riportando i primi dati di efficacia e sicurezza della terapia nel ripristinare la funzione uditiva nei pazienti con DFNB9. In alcuni video allegati alla pubblicazione, gli studiosi hanno mostrato che due bambini riuscivano non solo a riconoscere il proprio nome e a rivolgersi verso chi lo aveva pronunciato, ma erano anche in grado di muoversi e ballare a ritmo di musica.

Come funziona la terapia genica per la cura della sordità congenita

La terapia genica per il trattamento della sordità congenita causata da mutazioni nel gene OTOF dell’otoferlina (sordità autosomica recessiva 9) si basa su un’iniezione che avviene direttamente nell’orecchio interno e che veicola una formulazione sperimentale, denominata AAV1-hOTOF, contenente una copia del gene funzionante che codifica per l’otoferlina. Come vettore, gli scienziati hanno scelto di utilizzare un virus adeno-associato (AAV1) che introduce il materiale genetico all’interno delle cellule, mentre per il controllo dell’espressione del gene hanno impiegato un promotore specifico delle cellule ciliate.

Per trattare la perdita dell’udito a entrambe le orecchie, i ricercatori hanno testato l’iniezione bilaterale (in precedenza avevano già dimostrato l’efficacia e la sicurezza della terapia genica unilaterale nei bambini con DFNB9), riscontrando che tutti i cinque pazienti coinvolti in questa nuova sperimentazione hanno acquistato l’udito bilaterale, con migliori percezioni del parlato in ambienti rumorosi e nella capacità di localizzare la sorgente sonora rispetto al trattamento unilaterale.

Uno dei bambini, di 2 anni, che prima del trattamento non mostrava alcuna risposta al suono, a 3 settimane dal trattamento era in grado riconoscere il suo nome e, dopo 13 settimane, di ballare a ritmo di musica. Un altro paziente, una bambina di 3 anni, che non reagiva ai suoni, dopo 13 settimane dal trattamento è riuscita a comprendere frasi e a pronunciare alcune parole.

La paziente più grande, di 11 anni, che prima della terapia non percepiva alcun suono (“per lei erano passati 11 anni di silenzio” hanno evidenziato gli studiosi), a 6 settimane dalla terapia ha iniziato a distinguere i suoni di diversa frequenza e, a partire dalla 13esima settimana, riusciva a pronunciare sillabe come “pa” o “ba” (papà) e “ma” (mamma). Come detto, in alcuni video allegati alla pubblicazione, i ricercatori hanno mostrato che dopo il trattamento, due bambini erano in grado di percepire segnali uditivi più complessi, come quelli musicali, e di muovere il corpo a ritmo di musica.

I ricercatori hanno descritto i risultati della sperimentazione come “sorprendenti”, continuando ad osservare i progressi nella capacità uditiva nel follow-up attualmente in corso. “La nostra speranza è che questo approccio possa essere esaminato anche per la sordità causata da altri geni o da cause non genetiche – ha affermato il dottor Zheng-Yi Chen del Massachusetts Eye and Ear, un ospedale dell’Università di Harvard, a Boston, che ha co-condotto lo studio insieme ai ricercatori dell’ospedale Eye & ENT dell’Università Fudan di Shanghai, in Cina, dove è avvenuta la sperimentazione – . Il nostro obiettivo finale è aiutare le persone a ritrovare l’udito, indipendentemente dalla causa della loro perdita uditiva”.

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