Sequenziati i primi campioni del virus del vaiolo delle scimmie: è simile al ceppo del 2018
Nel momento in cui stiamo scrivendo dall'inizio di maggio sono stati segnalati oltre 260 casi confermati o sospetti di vaiolo delle scimmie (monkeypox). Fra i 19 Paesi coinvolti nell'insolito outbreak figura anche l'Italia, dove al momento si registrano quattro infezioni, tre a Roma e una ad Arezzo. Si tratta della più significativa diffusione del patogeno al di fuori dell'Africa occidentale e Centrale, dove la rara malattia è endemica e dove ogni anno provoca alcune migliaia di infezioni. Sebbene non sia stata ancora individuata la fonte, gli esperti sospettano che i focolai possano essere connessi ad alcuni rave party tenutisi nella Penisola Iberica, dove si concentra il maggior numero di casi: sono infatti oltre 100 per la Spagna e una quarantina in Portogallo. Un incremento significativo è stato registrato anche nel Regno Unito, con una sessantina di casi tra confermati e sospetti, dopo i primi registrati all'inizio di maggio (e legati a viaggi in Nigeria). Gli epidemiologi stanno provando a unire tutti i puntini per comprendere l'origine degli insoliti focolai; un aiuto prezioso sta giungendo dal sequenziamento genomico dei campioni virali, che inizia a suggerire un possibile singolo evento diffusivo e il legame con il virus rilevato in Europa negli anni passati.
Virus simile al ceppo del 2018
La prima sequenza del virus del vaiolo delle scimmie è stata divulgata dagli scienziati portoghesi del Dipartimento di Malattie dell'Istituto Nazionale della Salute “Dottor Ricardo Jorge” (INSA), che hanno collaborato con i colleghi del Laboratorio Nazionale di Riferimento delle Infezioni Sessualmente Trasmesse. Gli scienziati, coordinati dal professor João Paulo Gomes dell'Unità di Bioinformatica, hanno sequenziato il campione virale ottenuto da un paziente il 4 maggio scorso. Hanno innanzitutto confermato che – fortunatamente – è coinvolto il ceppo dell'Africa occidentale del virus, decisamente meno aggressivo e letale rispetto a quello del Congo / Africa centrale, che ha una mortalità del 10 percento. La sequenza del patogeno mostra che è correlato con quello circolato tra il 2018 e il 2019 nel Regno Unito, in Israele e a Singapore. Nel 2018 furono registrati tre casi in UK, due viaggiatori di ritorno dall'Africa e un'operatrice sanitaria, contagiata dopo il contatto con uno dei pazienti. Dopo la prima sequenza ne sono state rilasciate altre da Portogallo, Germania, Belgio e Stati Uniti.
Possibile un singolo evento di diffusione
Come specificato in un post su Facebook dal professor Enrico Bucci, biologo e docente di Biochimica e Biologia Molecolare presso la prestigiosa Temple University di Philadelphia, in base a quanto sta emergendo dai primi sequenziamenti “è probabile che l'origine dell'attuale outbreak sia in un singolo ‘caso zero'”. Le sequenze di 11 genomi virali cui fa riferimento sono infatti tutti molto simili fra di esse. Lo scienziato sottolinea comunque che sussistono differenze tra quelle dei virus attualmente in circolazione e quella del virus rilevato quattro anni fa: “La differenza fra i virus attuali e quello più simile del 2018 è in almeno 46 diverse posizioni del genoma, e la differenza media dai virus del corrispondente outbreak del 2018 è in circa 50 posizioni. Si tratta di una differenza maggiore di quanto atteso, sulla base della velocità di mutazione nota per questi virus sinora”, ha specificato il professor Bucci. Al momento non è ancora possibile affermare se il virus abbia accumulato mutazioni tali da renderlo più facilmente trasmissibile da uomo a uomo; normalmente non lo è. In un ulteriore post lo scienziato ha sottolineato che un'altra sequenza proveniente da un'analisi condotta in Germania – ad opera del Bundeswehr Institute of Microbiology di Monaco – sembra suffragare l'ipotesi del singolo evento diffusivo. “Sempre più solida l'ipotesi che tutto sia iniziato da un singolo evento, almeno per quel che riguarda i virus sequenziati finora in USA, Portogallo e Germania (e quasi certamente anche in Belgio)”, ha spiegato l'esperto.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) specifica che al momento larga parte delle persone coinvolte nei focolai sono giovani maschi che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini. È ipotizzabile che una persona positiva abbia trasmesso il virus in uno degli eventi di cui sopra e che attraverso i contatti stretti / intimi abbia permesso la diffusione del patogeno. Gli esperti tuttavia sottolineano che la patologia non ha nulla a che vedere con l'omosessualità e che il rischio è identico per tutti. Il contagio per via sessuale è infatti solo una delle vie possibili; il vaiolo delle scimmie si trasmette infatti anche attraverso le goccioline respiratorie e il contatto con oggetti contaminati (fomiti) da parte di un positivo.