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Sembra esserci un motivo ben preciso per cui mangiare i carboidrati ci piace così tanto

La ragione per cui i cibi ricchi di carboidrati, come pane, pasta e pizza, sono così appetitosi è nascosta in una specifica regione del DNA che risale a più di 800.000 anni fa, prima della comparsa dei Neanderthal: lo ha scoperto un team di ricerca americano, che ha ritrovato le prime duplicazioni del gene dell’amilasi salivare, la variazione genetica che influenza la nostra dieta.
A cura di Valeria Aiello
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Il motivo per cui i carboidrati ci piacciono così tanto è legata a è legata a un'antica variazione genetica che ha portato gli umani ad avere più copie del gene dell'amilasi salivare, l'enzima che ci permette di scomporre gli amidi dei carboidrati già in bocca / PhotoCredit: iStock
Il motivo per cui i carboidrati ci piacciono così tanto è legata a è legata a un'antica variazione genetica che ha portato gli umani ad avere più copie del gene dell'amilasi salivare, l'enzima che ci permette di scomporre gli amidi dei carboidrati già in bocca / PhotoCredit: iStock

Il motivo per cui i cibi ricchi di carboidrati, come pane, pasta e pizza, ma anche riso, patate e legumi ci piacciono così tanto è nascosta in una specifica regione del DNA, che influenza la nostra dieta: questa regione si trova sul cromosoma 1, dove una variazione genetica probabilmente emersa più di 800.000 anni fa, prima della comparsa dei Neanderthal, è sostanzialmente responsabile del nostro largo consumo di carboidrati ma anche della difficoltà che, più o meno tutti, sperimentiamo quando proviamo a limitarne l’assunzione.

La ragione per cui i carboidrati sono così appetitosi è legata al numero di copie del gene dell’amilasi salivare, l’enzima che ci consente di iniziare a scomporre l’amido dei carboidrati complessi in bocca. L’azione di questo enzima, spiegano i ricercatori che sono risaliti alle primi duplicazioni del gene, fornisce non solo il primo passo del metabolismo di cibi come pane e pasta, ma conferisce anche il loro caratteristico sapore. La scoperta dell’origine della variazione genetica è dettagliata in un nuovo studio appena pubblicato su Science.

Perché i carboidrati ci piacciono così tanto

I carboidrati sono i principali macronutrienti che assumiamo con l’alimentazione, contenuti soprattutto nei cereali e in altri cibi di origine vegetale, ma la ragione per cui ci piacciono così tanto sembra essere emersa addirittura prima che gli umani iniziassero a coltivare e consumare cereali e ortaggi. Nello specifico, la nostra capacità di digerire i carboidrati sembra risalire già a 800.000 anni fa, come scoperto da un team di ricerca della Buffalo University e Jackson Laboratory for Genomic Medicine di Farmington, negli Stati Uniti, riusciti a risalire alle basi genetiche che influenzano la nostra capacità di scomporre gli alimenti amidacei.

Come noto, gli umani hanno più copie del gene che ci consente di iniziare a scomporre gli amidi dei carboidrati complessi in bocca, noto come gene dell’amilasi salivare (AMY1). “Avere più geni dell’amilasi implica che possiamo produrre più amilasi, per cui possiamo digerire efficacemente più amidispiega il professor Omer Gokcumen, docente del Dipartimento di Scienze Biologiche e autore corrispondente dello studio che, insieme ai colleghi, ha analizzato i genomi di 68 esseri umani antichi, tra cui un campione di 45.000 anni fa proveniente dalla Siberia.

Da queste loro analisi è emerso che i cacciatori-raccoglitori pre-agricoli avevano già una media di quattro-otto copie di AMY1 per cellula diploide. “Gli esseri umani a quel tempo si aggiravano per l’Eurasia avevano già più copie del AMY1, ben prima di iniziare a coltivare le piante e a consumare quantità eccessive di amido” hanno evidenziato gli studiosi, che hanno inoltre rilevato queste stesse duplicazioni nei Neanderthal e nei Denisoviani.

“Ciò suggerisce che il gene AMY1 potrebbe essersi duplicato per la prima volta più di 800.000 anni fa, ben prima che gli umani si separassero dai Neanderthal e molto più indietro di quanto si pensasse in precedenza – ha aggiunto Kwondo Kim, coautore principale dello studio e ricercatore del Jackson Laboratory – . Le duplicazioni iniziali nei nostri genomi hanno gettato le basi per una variazione significativa nella regione dell’amilasi, consentendo agli esseri umani di adattarsi a diete mutevoli mentre il consumo di amido aumentava drasticamente con l’avvento di nuove tecnologie e stili di vita”.

La duplicazione iniziale del gene AMY1 avrebbe creato l’opportunità genetica che ha poi influenzato le abitudini alimentari della nostra specie, fornendoci un vantaggio di adattamento. “Dopo la duplicazione iniziale, che ha portato a tre copie di AMY1 in una cellula, il locus dell’amilasi è diventato instabile e ha iniziato a creare nuove varianti” ha osservato la co-autrice principale dello studio, la dottoressa Charikleia Karageorgiou della Buffalo University.

Da tre copie del gene AMY1, possiamo arrivare fino a nove copie – ha precisato il professor Gokcumen -. Gli individui con un numero di copie di AMY1 più elevato probabilmente digerivano l’amido in modo più efficiente e avevano più prole e i loro lignaggi alla fine hanno avuto risultati migliori in un lungo arco di tempo evolutivo rispetto a coloro che avevano un numero di copie inferiore, favorendo la propagazione di un più alto numero di copie di AMY1”.

I risultati ottenuti dal team sono in linea con quelli di un altro studio, condotto dall’Università della California a Berkeley e pubblicato il mese scorso su Nature, che ha scoperto che negli ultimi 12.000 anni gli esseri umani in Europa hanno aumentato il numero medio di copie di AMY1 da quattro a sette. “Dato il ruolo chiave della variazione del numero di copie di AMY1 nell’evoluzione umana, questa variazione genetica rappresenta un’entusiasmante opportunità per esplorare il suo impatto sulla salute metabolica e scoprire i meccanismi coinvolti nella digestione dell'amido e nel metabolismo del glucosio – ha aggiunto la scienziata Feyza Yilmaz del Jackson Laboratory, co-autrice principale dello studio – . La ricerca futura potrebbe rivelare i suoi effetti precisi e la tempistica della selezione, fornendo approfondimenti critici su genetica, nutrizione e salute”.

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