Se non riesci a dimagrire, può esserci una causa genetica: ecco di quanti kg di troppo è responsabile
Se non riesci a dimagrire nonostante la dieta, potrebbe esserci una causa genetica alla base della mancata perdita di peso: è quanto emerge da una nuova ricerca, che ha identificato una variante del gene SMIM1 che predispone al sovrappeso e all’obesità. Le persone che sono portatrici di questa variante hanno un peso corporeo più elevato, perché consumano meno energia a riposo.
Il gene SMIM1 è stato identificato solo da pochi anni, perché codifica per una piccola proteina presente sulla membrana dei globuli rossi, che conferisce un gruppo sanguigno specifico, chiamato Vel. In circa un caso su 5.000, il gene SMIM1 è tuttavia presente come variante genetica su entrambi gli alleli, il che determina non solo l’assenza di questa proteina da tutti i tessuti e il fenotipo Vel-negativo, ma è associato anche ad effetti rilevanti nella regolazione del peso corporeo.
Gli studiosi hanno infatti scoperto che le persone portatrici di questa variante genetica in omozigosi (SMIM1 −/−) hanno maggiori probabilità di essere in sovrappeso, oltre a presentare altri fattori legati all’obesità, tra cui alti livelli di colesterolo nel sangue, segni di disfunzione del tessuto adiposo, aumento degli enzimi epatici e bassi livelli di di ormoni tiroidei.
La causa genetica che non fa perdere peso: di quanti kg di troppo è responsabile
Solitamente, il motivo per cui non si riesce a dimagrire è la presenza di uno squilibrio nel dispendio energetico che si verifica quando le calorie assunte con la dieta superano quelle spese con l’attività fisica e il metabolismo a riposo. Può però anche esserci una causa genetica, legata a una variante del gene SMIM1, che predispone al sovrappeso e all’obesità.
Questa variante – che consiste in una delezione di 17 coppie di basi nel gene di SMIM1 – quando presente su entrambi gli alleli (SMIM1 −/−) è infatti associata a una riduzione del dispendio energetico a riposo, che normalmente costituisce circa il 60-70% del dispendio energetico totale.
Per arrivare alla sua scoperta, dettagliata in un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica Med, un team di ricerca internazionale, guidato dagli studiosi dell’Università di Exeter (Regno Unito), ha utilizzato i dati della UK Biobank, il più grande database biomedico del Regno Unito, valutando le informazioni genetiche di quasi 500.000 persone, di cui 104 (46 donne e 44 uomini) sono risultate essere portatrici della variante genetica (SMIM1 −/−). Gli studiosi hanno inoltre analizzato campioni di sangue fresco provenienti dal National BioResource del National Institute for Health and Care Research (NIHR) del Regno Unito ed esaminato gli effetti riscontrati in quattro ulteriori gruppi di persone con la variante SMIM1 −/−.
Ciò ha permesso di studiare l’impatto della variante genetica sul peso corporeo e di arrivare a determinare di quanti kg di troppo è responsabile: secondo i dati degli studiosi, i portatori della variante SMIM1 −/− hanno un eccesso di peso che è pari a una media di 4,6 kg in più nelle donne e di 2,4 kg negli uomini, oltre a mostrare “una combinazione di caratteristiche metaboliche, tra cui massa grassa in eccesso, infiammazione, funzionalità epatica alterata, trigliceridi e metabolismo alterato delle lipoproteine” precisano gli autori dello studio. “Queste caratteristiche sono dovute, almeno in parte, alla riduzione del dispendio energetico, uno dei principali fattori di rischio dell’obesità”.
Il prossimo passo della ricerca sarà quello di comprendere il meccanismo molecolare innescato dalla variante, che potrebbe condurre allo sviluppo di nuovi trattamenti per contrastare il sovrappeso e l’obesità associati questa causa genetica.
“Come team, non vediamo l’ora che queste nuove conoscenze possano essere tradotte in soluzioni pratiche per le persone con questa composizione genetica” ha affermato il professor Ole Pedersen dell’Università di Copenaghen, in Danimarca, e coautore dello studio. Dello stesso avviso anche primo autore, il dottor Luca Stefanucci dell’Università di Cambridge: “Con la maggiore disponibilità di dati genetici e maggiori informazioni sul meccanismo SMIM1, ci aspettiamo che le persone portatrici di questa variante genetica ricevano presto informazioni e supporto per affrontare questi disturbi metabolici”.