Se non credi al cambiamento climatico leggi questo nuovo rapporto: cambierai idea
Nuove ricerche su impatto ed evoluzione del cambiamento climatico escono di continuo, ma le fonti più autorevoli restano i rapporti pubblicati dal Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC). Le loro valutazioni complete, tuttavia, vengono rilasciate in media una volta ogni otto anni: l'ultima è stata il Sixth Assessment report o AR6, con dati aggiornati fino al 2019. Una cadenza così ampia non riesce a tenere il passo “informativo” con le repentine anomalie indotte dal riscaldamento globale, per questa ragione un gruppo di ricerca, avvalendosi come base proprio dei dati dell'IPCC, ha deciso di mettere a punto un nuovo rapporto annuale – chiamato Indicators of Global Climate Change (IGCC) – con dati aggiornati e di facile comprensione per tutti, evidenziando gli indicatori chiave del cambiamento climatico. I risultati sono riassunti nella seguente, ricca infografica.
Il primo di questi documenti è stato pubblicato l'8 giugno sulla piattaforma Earth System Science Data del progetto Copernicus, cogestito dalla Commissione Europea e dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA). I dati non solo mostrano inequivocabilmente la “mano dell'uomo” dietro l'aumento delle temperature medie globali – basti vedere le oscillazioni causate dai lockdown durante la pandemia di Covid – , ma anche un ulteriore balzo in avanti verso l'apocalisse climatica rispetto al sesto rapporto dell'ONU. Con questi ritmi di emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti, in soli 6 anni dovremmo raggiungere un riscaldamento di 1.5° C rispetto all'epoca preindustriale, andando incontro a conseguenze drammatiche e irreversibili. Non a caso si tratta della soglia più virtuosa (da non superare) fissata nell'Accordo di Parigi sul Clima nel 2015 e oggi considerata una sorta di “salvagente” per l'umanità. Purtroppo, però, a causa dei danni arrecati difficilmente avremo scampo: diversi studi indicano infatti che a questo punto non riusciremo a centrare questo obiettivo, anche riducendo in modo significativo le emissioni di gas a effetto serra.
A mettere a punto il nuovo rapporto è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Priestley International Center for Climate dell'Università di Leeds (Regno Unito), che hanno collaborato a stretto contatto con decine colleghi dell'Accademia Cinese delle Scienze Meteorologiche di Pechino, dell'Università Parigi – Saclay, Laboratoire des sciences du climat et de l'environnement, del Met Office Hadley Centre, del Bureau of Meteorology di Melbourne e di molteplici altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Piers M. Forster, docente di Cambiamento Climatico Fisico presso l'ateneo britannico, come specificato hanno sviluppato il nuovo rapporto partendo dai dati dell'IPCC; l'obiettivo è aggiornare gli indicatori climatici globali con maggiore frequenza, ma soprattutto di renderli comprensibili a tutti e in particolar modo a decisori politici e istituzioni. In altri termini, è stato creato uno strumento completo, versatile e di facile consultazione, che può supportare le misure da introdurre per contrastare il riscaldamento causato dall'uomo.
Tra i dati più significativi vi sono ovviamente le emissioni di CO2, il principale gas a effetto serra legato alle attività antropiche. Le emissioni hanno raggiunto il record annuale di circa 54 Gigatonnellate di CO2 equivalenti (abbracciano anche altri gas climalteranti) negli ultimi anni. Si è infatti passati da una media di 53 Gt nel decennio 2010 – 2019 a una di 54 Gt tra il 2012 e il 2021. In questi casi è sempre importante mettere a fuoco il trend negativo, piuttosto che quello che accade nel singolo anno (nel 2020 e nel 2021 ci sono stati crolli nelle emissioni a causa dei sopracitati lockdown). Le concentrazioni atmosferiche di CO2 hanno inoltre raggiunto una media di 417,1 parti per milione (ppm) rispetto alle 410,1 ppm evidenziate dal Sesto Rapporto dell'ONU. Proprio a maggio 2023 è stato raggiunto il nuovo picco storico, con ben 424 ppm rilevate dalla NOAA. Rispetto all'AR6 dell'ONU sono aumentate anche le emissioni di metano (CH4), passate da 1866,3 parti per miliardo a 1911,9 parti per miliardo. Incrementate anche le concentrazioni di biossido di azoto (NO2), una sostanza inquinante e tossica passata dalle 332,1 parti per miliardo dell'AR6 alle 335,9 parti per miliardo rilevate dal nuovo rapporto.
È significativo rilevare che ad oggi abbiamo ancora un “tesoretto” di 250 miliardi di tonnellate di CO2 da poter immettere in atmosfera, prima di avere il 50 percento delle probabilità di superare la fatidica soglia di 1.5° C di riscaldamento. Poiché ogni anno ne immettiamo 50 tonnellate, si tratta di un conto molto semplice: entro sei anni, se non prenderemo iniziative drastiche contro i combustibili fossili, perderemo questo tesoretto e ci ritroveremo ad affrontare conseguenze ben più drammatiche di quelle attuali, comunque catastrofiche. Basti pensare ai vasti incendi in Canada di questi giorni, che hanno trasformato New York nella città con la peggior qualità dell'aria della Terra (oltre a tingerne il cielo di un inquietante color arancio).
Secondo i dati del nuovo rapporto la temperatura media globale sta aumentando di 0,2° C ogni decennio a causa dell'uomo. E continua ad accelerare. Attualmente ci troviamo a 1,14° C di riscaldamento rispetto alla media antecedente alla Rivoluzione Industriale, l'evento che attraverso il consumo smodato di combustibili fossili ha innescato il cambiamento climatico di origine antropica, sebbene la curva delle emissioni sia schizzata alle stelle solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il conseguente boom economico.
Ma come fanno le emissioni di CO2 legate ai combustibili fossili a far aumentare la “febbre” del pianeta? Come spiegato dal professor Forster in un articolo su The Conversation, “le emissioni di gas serra si accumulano nell'atmosfera, intrappolando il calore, mentre le particelle inquinanti, come gli aerosol di solfato prodotti dalla combustione del carbone, tendono a raffreddare la Terra riflettendo più luce solare”. “Negli ultimi anni – prosegue l'esperto – i gas serra sono aumentati fortemente ma l'inquinamento è diminuito in tutto il mondo. Entrambe queste tendenze si combinano per riscaldare il clima. Abbiamo valutato che questo sta causando il tasso di riscaldamento globale più alto di sempre, oltre 0,2° C per decennio”.
I ricercatori hanno anche evidenziato che le temperature massime si stanno alzando molto più velocemente di quelle medie, avendo raggiunto un aumento di 1,74° C rispetto all'epoca preindustriale (risultava di 1,55° C nel rapporto AR6 dell'ONU). Sta peggiorando anche lo squilibrio energetico della Terra o EEI, che “rappresenta la differenza tra il forcing radiativo che agisce per riscaldare il clima e la risposta radiativa della Terra, che agisce per contrastare questo riscaldamento”, come spiegato dagli scienziati nello studio. È un indicatore dell'energia accumulata dal pianeta a causa del riscaldamento globale ed evidenzia l'impatto dell'uomo. Il parametro è passato da 0,79 W m2 dell'AR6 a 0,89 W m2 del nuovo rapporto.
Gli autori dello studio sottolineano che tutti questi dati vengono aggiornati tempestivamente e possono supportare un efficace processo decisionale per contrastare il cambiamento climatico, essendo sempre accessibili, tracciabili e riproducibili. Aggiungiamo di facile comprensione, anche per chi continua a non vedere la mano dell'uomo dietro questo disastro. Gli autori del report collaborano inoltre con il Climate Change Tracker, una piattaforma online che mostra dati e grafici chiarissimi sull'andamento del cambiamento climatico. I dettagli della ricerca “Indicators of Global Climate Change 2022: annual update of large-scale indicators of the state of the climate system and human influence” sono stati pubblicati sul portale della missione Copernicus.