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Scoperto nel sangue il segnale che predice il declino fisico legato all’età

Un nuovo studio italiano ha identificato la betaina come biomarcatore in grado di predire il declino fisico negli anziani: livelli aumentati di questo derivato amminoacidico nel sangue contraddistinguono le persone pre-fragili, in particolare le donne.
A cura di Valeria Aiello
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Un nuovo studio condotto da un team di ricerca italiano ha identificato un segnale precoce del declino fisico rilevabile nel sangue: si tratta della betaina, un derivato amminoacidico noto anche come trimetilglicina, i cui livelli sierici possono essere un indicatore di pre-fragilità, una condizione che precede lo sviluppo del declino fisico legato all’età.

La ricerca, guidata dai ricercatori del Ceinge di Napoli, dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e dell’Università di Pavia, alla quale hanno partecipato anche gli studiosi dell’Università di Salerno, dell’Irccs Fondazione Mondino di Pavia e dell’Università Federico II di Napoli, ha rivelato che livelli sierici di betaina più elevati distinguono le persone pre-fragili, in particolare le donne, dai soggetti fragili e non fragili.

La betaina è un amminoacido modificato, coinvolto nel ciclo della metionina con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti – hanno precisato gli studiosi – . L’identificazione della betaina come firma biochimica della pre-fragilità apre una nuova finestra sul background metabolico della pre-fragilità, una condizione comune e potenzialmente reversibile degli anziani che predispone alla fragilità clinica conclamata”. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Npj Aging del portfolio di Nature.

Cos’è la fragilità e come la betaina può predire la condizione

La fragilità è una sindrome complessa legata all’età, caratterizzata da un progressivo declino delle funzionalità di molteplici sistemi fisiologici, con conseguente maggiore vulnerabilità agli stress e un elevato rischio di ospedalizzazione e mortalità. Come sindrome clinica, la fragilità negli anziani è definita sulla base di cinque criteri  – perdita di peso involontaria (4,5 kg o più nell’ultimo anno), debolezza, andatura lenta, scarsa attività fisica e spossatezza) e viene riconosciuta quando almeno tre di questi criteri sono presenti.

Per quanto utili nell’identificare e classificare la fragilità, questi criteri non sono però ancora affiancati da biomarcatori convalidati in grado di distinguere tra soggetti fragili, pre-fragili e non fragili, ed è in questo ambito che si inserisce la ricerca italiana, riuscita a identificare nei più alti livelli sierici di betaina una firma biochimica specifica della pre-fragilità.

Essendo la fragilità una condizione dinamica (“Un individuo può oscillare tra stati di gravità della fragilità sia in direzione di peggioramento che di miglioramento” precisano gli studiosi), l’identificazione dei livelli sierici di betaina come segnale distintivo della pre-fragilità apre nuove prospettive sullo sviluppo di test diagnostici e potenziali trattamenti volti a contrastare la progressione della pre-fragilità in fragilità.

I nostri risultati – hanno osservato i ricercatorihanno implicazioni pratiche per la futura ricerca clinica, volta a valutare il metabolismo degli amminoacidi e della betaina come potenziale fonte di biomarcatori ematici idonei e lo sviluppo di interventi mirati per contrastare la fragilità nelle sue fasi iniziali”.

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