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Scoperta una pianta marina di 1.400 anni nel Mar Baltico: è la più vecchia conosciuta

Attraverso un orologio genetico, basato sull’analisi dell’accumulo di mutazioni, un team di ricerca internazionale ha identificato la pianta marina vivente più antica. L’esemplare clonale di Zostera marina ha un’età stimata di ben 1.403 anni. Il record, secondo gli esperti, dovrebbe essere battuto da altre fanerogame.
A cura di Andrea Centini
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Fanerogame marine nel Bar Baltico. Credit: Pekka Tuuri
Fanerogame marine nel Bar Baltico. Credit: Pekka Tuuri

Nel cuore del Mar Baltico, un mare interno dell'Oceano Atlantico sul quale affacciano diversi Paesi nordeuropei, è stata individuata la pianta marina vivente più vecchia conosciuta. Secondo gli esperti l'esemplare clonale di Zostera marina analizzato ha infatti un'età di oltre 1.400 anni. Questa veneranda età lo pone ben oltre i record conosciuti per animali come lo squalo della Groenlandia (400 anni) e la vongola oceanica (500 anni). Non è chiaro quale possa essere l'età massima raggiungibile da questo organismo vegetale, ma i ricercatori ritengono che piante marine simili (come la Posidonia) possano arrivare a diverse migliaia di anni. Probabilmente questi organismi sono in grado di superare agevolmente Pinus longaeva – l'albero più vecchio del mondo, con un'età di circa 5.000 anni – e competere con esemplari clonali di abete rosso, dei quali il più antico conosciuto sfiora i 10.000 anni. Del resto, anche la pianta marina del Mar Baltico, una fanerogama appartenente alla famiglia Zosteraceae, è un organismo clonale.

A scoprire un esemplare di Zostera marina con un'età stimata di circa 1.400 anni è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi del GEOMAR Helmholtz-Center for Ocean Research Kiel, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Tra quelli coinvolti il Barts Cancer Institute della Queen Mary University di Londra; il Dipartimento di Evoluzione ed Ecologia dell'Università della California; e l'Istituto marino estone dell'Università di Tartu. I ricercatori, coordinati dal professor Thorsten B.H. Reusch, ecologo marino presso l'istituto tedesco, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a punto un innovativo “orologio genetico”. In parole semplici, hanno calcolato l'età della pianta andando a verificare l'accumulo di mutazioni somatiche all'interno degli esemplari clonali. I cloni di queste piante marine (genet) danno vita a quelli che i genetisti chiamano ramet, ovvero unità modulari ripetute che possono sganciarsi e condurre una vita separata e indipendente, continuando a riprodursi a loro volta. È attraverso questa strategia riproduttiva che le fanerogame marine si diffondono in distese vaste anche chilometri quadrati nei fondali marini.

Zostera marina. Credit: wikipedia
Zostera marina. Credit: wikipedia

Durante la produzione di questi ramet si verifica un accumulo di mutazioni genetiche che possono essere identificate e sfruttate per determinare l'età della pianta “madre”. Per calibrare l'orologio molecolare i ricercatori si sono basati sui genet di Zostera marina coltivati in laboratorio da diversi anni (i ricercatori dell’Università della California studiano un clone da 17 anni). Analizzando i dati genetici di decine di popolazioni della pianta, che vive in diversi vari mari del mondo (Mediterraneo compreso), è stato scoperto che l'esemplare più antico del set si trovava nel Mar Baltico e aveva un'età calcolata di 1.403 anni.

Come indicato, i ricercatori si aspettano che altre piante marine clonali possano raggiungere un'età molto superiore a quella rilevata per Zostera marina (della quale non si conosce la longevità massima). “Ci aspettiamo che altre specie di fanerogame marine e i loro cloni del genere Posidonia, che si estendono per più di dieci chilometri, mostreranno età ancora più elevate e saranno quindi di gran lunga gli organismi più antichi sulla Terra”, ha dichiarato il professor Reusch in un comunicato stampa.

Un aspetto rilevante di questa ricerca risiede nel fatto che il metodo dell'orologio molecolare può essere utilizzato anche per studiare altre specie, raccogliendo dati preziosi che potrebbero salvarle dal drammatico impatto del cambiamento climatico. “Ora possiamo applicare questi strumenti ai coralli in via di estinzione per sviluppare misure di conservazione più efficaci, di cui abbiamo urgentemente bisogno poiché ondate di calore senza precedenti minacciano le barriere coralline”, ha dichiarato la professoressa Iliana Baums, coautrice dello studio. I dettagli della ricerca “A somatic genetic clock for clonal species” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Ecology & Evolution.

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